Mele autoctone del Piemonte PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

In Piemonte sono coltivate molte varietà autoctone, Di seguito la descrizione di quelle più importanti.

Mela Buras

La Mela Buras è la varietà autoctona della Valle Maira, dove è stata reperita la pianta madre. Si tratta di una varietà “renetta-simile”. L’albero è di vigoria elevata, con habitus standard e portamento aperto. E’ una varietà produttiva, benché soggetta ad alternanza di produzione: fruttifica prevalentemente su lamburde. L’epoca di fioritura è precoce. L’epoca di maturazione si può considerare medio-precoce (si colloca mediamente intorno alla seconda decade di settembre). I frutti sono caratterizzati da medio-piccola pezzatura e forma tronco conica breve, asimmetrica. Il profilo trasversale è prevalentemente costoluto. La buccia è ruvida, con rugginosità estesa sulla quasi totalità della superficie; il colore di fondo vira dal verde al giallo tenue con l’incedere della maturazione, mentre il sovraccolore è assente. Il peduncolo è corto. È una mela molto adatta alla cottura. Ha una buona serbevolezza, anche in fruttaio. La polpa, di colore bianco-verde, diventa fondente dopo la fase di affinamento; la tessitura è granulosa. Il sapore è eccellente, tipicamente aromatico-acidulo. I frutti di Buras, adatti sia per il consumo fresco che per la cottura, si conservano bene in fruttaio sino a marzo-aprile. È una mela dai tratti facilmente riconoscibili, dall’aspetto accattivante e dal sapore inconfondibile.

Mela Carla

“Il Melo di Finale, detto ancora Melo Carlo, è una varietà indigena nel Territorio di Finale in Liguria, ove è stata ottenuta di seme”. Così scriveva Gallesio nel 1817 nel suo famoso trattata Pomona Italiana. Secondo Molon (1901) la Mela Carla è una delle mele più saporite, dal sapore che ricorda la viola e l’ananas. Indubbiamente era tra le varietà più diffuse e apprezzate nel’Italia settentrionale fino agli anni ’40-’50, quando la perdita dei mercati liguri ed esteri (in particolare russi secondo Breviglieri) ne ha determinato il declino. L’albero presenta habitus semispur, vigoria media con portamento aperto. La Mela Carla fiorisce intorno alla seconda settimana di aprile e matura da metà settembre. I frutti hanno in genere pezzatura modesta e forma tronco-conica, perlopiù asimmetrica; nell’insieme la mela Carla ha un aspetto lucente ed elegante. La buccia è liscia, priva di rugginosità, con lenticelle piccole e areolate. Il colore di fondo sfuma tra il verde e il giallo cereo ed è talvolta velato da un leggero sovraccolore arancio. La polpa è fine e fondente al palato, dal sapore dolce e fragrante. A tal proposito Gallesio a inizio Ottocento la descriveva così: “È sicuro che la Mela Carla è la migliore di tutte le Mele. Io non ne conosco alcuna che l’eguagli in bellezza, in delicatezza di polpa, in finezza di sapore, ed in fragranza. Essa propriamente è fatta per mangiarsi cruda, ma non lascia di essere eccellente anche cotta, e nel Genovesato se ne fa grand’uso per gli ammalati, cuocendola lentamente sulla brace”.
La Mela Carla si raccoglie intorno a fine Settembre, e si conserva bene fino alla primavera successiva, affinandosi durante la stagione invernale. Tuttavia, precisa Gallesio, a differenza delle altre mele “vernine” ha il vantaggio “di esser mangiabile e grata, sino dal primo momento che si raccoglie, e di sviluppare consecutivamente nel diversi gradi della sua maturità delle qualità differenti … In Ottobre è di un verdastro giallognolo, coperta da un lato di un bel rosso di rosa, a polpa croccante, piena di sugo e di un sapore forte. Essa sviluppa in Novembre una fragranza che assomiglia un poco a quella dell’Ananasso, e la sua polpa prende un sapor più gentile. In seguito il color verdastro si volta in un bel giallo cereo, e si cuopre sovente di qualche macchia di ruggine pallida: il rosso diviene allora meno vivo, o si perde, e l’odore svanisce o resta appena sensibile: la polpa diventa morbida senza cessare di essere fina, e non perde del suo sapore che al ritorno della primavera. A quest’epoca la Mela Carla si risente del movimento della natura, e sebbene si conservi mangiabile anche sino all’autunno successivo, diviene però raggrinzita, ed insipida”.

Mela Gamba Fina Lunga

Secondo Breviglieri ebbe questa mela origine a fine ‘800 da una varietà in coltura nel territorio di Caraglio e si diffuse successivamente solo in Piemonte. Il nome si riferisce al peduncolo tipicamente lungo e sottile (Radicati et al., 1991). L’albero è di elevata vigoria, con portamento aperto. Fruttifica prevalentemente su lamburde. L’epoca di fioritura è medio-precoce, come anche l’epoca di maturazione, mediamente intorno alla seconda decade di settembre. Si tratta di una varietà suscettibile a butteratura amara, di elevata vigoria. I frutti presentano pezzatura medio-piccola; la forma è tendenzialmente sferoidale, con buona simmetria. Il profilo trasversale è circolare. La buccia è liscia, talvolta ricoperta di rugginosità nella cavità peduncolare, con colore di fondo giallo-verde e sovraccolore rosso intenso vinoso esteso su tre quarti dell’epicarpo. La polpa, di colore bianco, è dolce, fine e fondente. I frutti sono poco serbevoli e particolarmente adatti alla cottura.

Renetta Grigia di Torriana

La Renetta Grigia di Torriana è una varietà di melo autoctona del cuneese, originaria della borgata Torriana di Barge (CN) e diffusa nelle aree melicole del Piemonte occidentale a cavallo tra le province di Cuneo e Torino. Il frutto è di media pezzatura; la forma è tronco-conico breve (appare leggermente appiattita), simmetrica. La sezione trasversale è circolare, priva delle costolature tipiche di alcune varietà di Renetta e frequenti nelle antiche varietà. Il peduncolo è corto e tozzo. La rugginosità fine può arrivare a ricoprire anche l’intera superficie della buccia. Le lenticelle sono grandi e, ovviamente, rugginose. La polpa è soda (si raccoglie a 6 – 7 kg di penetrometro), con tessitura fondente e grossolana. La particolare struttura le conferisce tolleranza alle ammaccature ed alle manipolazioni che si verificano nel confezionamento e nei trasporti. Al taglio imbrunisce rapidamente. Presenta colore bianco-crema, ma ciò che più la caratterizza è l’equilibrio tra dolcezza e sapore acidulo. Il contenuto zuccherino è medio-elevato, intorno a 13 °Brix; l’acidità è elevata alla raccolta, ma decresce rapidamente nella fase di affinamento della maturazione dopo la raccolta. Il gusto è buono e l’aroma intenso. Si percepiscono lievi note amarognole già descritte nella documentazione storica come “caratteristico retrogusto di amaretto”. La composizione in minerali è alquanto ricca, così come confermato da uno studio della Scuola Malva Arnaldi, a maggior ragione se paragonata ad altre varietà diffuse a livello locale.

La Grigia di Torriana fa parte di un gruppo di varietà di renette definite “ruggini” o “grigie”. Si tratta di una cultivar-popolazione che presenta molti tratti in comune, a partire dalla fine rugginosità che riveste la buccia, alla forma del frutto e alle caratteristiche della polpa. In lingua piemontese sono note come Gris/Grise (grigie, per via dell’aspetto della rugginosità), quali Gris d’la composta, Gris canavoeit, Rusnent o Ruslent (rugginose). Un altro tratto comune alle mele ruggini è di essere adatte ad un metodo di conservazione oggi dimenticato: “in composta”. Si mettono i frutti a mollo in recipienti colmi d’acqua, dove subiscono una fermentazione e una solubilizzazione enzimatica che simula gli effetti di una cottura (“composta”). I recipienti erano i più disparati, da vasche in pietra a tinozze e barili; le mele erano tenute a bagno coprendole con un paissas di paglia di segale o con una losa di pietra di Luserna. Se durante l’inverno si formava una crosta di ghiaccio, la si rompeva per affondare la mano nell’acqua che acquisiva un colore giallo paglierino, da cui il nome diffuso nel Monregalese di “Pum dël Pis”. Sergio Gallo, nel suo “Antiche varietà di melo e pero nella Valle del Tesso e nella Valle inferiore di Lanzo” descrive così il tradizionale metodo di conservazione in composta: “… i frutti migliori venivano sottoposti a un particolare metodo di conservazione per prolungare la loro disponibilità sino a maggio-giugno, e consumati durante le fienagioni per rinfrescarsi nei momenti di pausa e ristoro. Tale metodo consisteva nel mantenere i frutti completamente immersi nell’acqua (per mezzo di paglia o rami), dentro recipienti, simili a damigiane di vetro dal collo largo, posti al fresco nelle cantine, talvolta con l’aggiunta di aromatizzanti come i chiodi di garofano”.

L’albero della Grigia di Torriana è di medio vigore, presenta un portamento aperto e fruttifica prevalentemente su lamburde e brindilli coronati. L’epoca di fioritura è medio-precoce. La raccolta avviene nella seconda decade di ottobre. I frutti sono soggetti a cascola pre-raccolta: se se ne sviluppa più di uno sullo stesso mazzetto, il peduncolo corto fa sì che si spingano via durante l’accrescimento. E’ forse l’unica varietà del germoplasma melicolo piemontese ad essere resistente alla ticchiolatura, il patogeno più grave del melo. Tale resistenza, di cui si stanno indagando le basi genetiche, è stata dimostrata in saggi di laboratorio (oppure) in condizioni controllate. E’ inoltre tollerante all’afide lanigero e poco sensibile alla butteratura amara. Anche grazie a questi caratteri di resistenza e rusticità, è adatta alla coltivazione con il metodo biologico e si presta alle forme più avanzate di produzione integrata. Non esistono specifiche tecniche per la Grigia di Torriana; la tecnica colturale si è evoluta nel tempo, adottando gli accorgimenti e le innovazioni che la ricerca ha man mano messo a disposizione per qualità del frutto e la sostenibilità della coltura. Per raggiungere la piena maturazione, i frutti necessitano di un periodo di finissaggio dopo la raccolta. Sono pronti al consumo a partire dal mese di novembre. La Grigia di Torriana si conserva in celle refrigerate fino alla tarda primavera. E’ eccellente la conservabilità in fruttaio, dove mantiene intatte le sue caratteristiche organolettiche sino al mese di febbraio. Oltre che per il consumo fresco, la Grigia di Torriana è usata tradizionalmente per il confezionamento di dolci e per la cottura in forno. Oggi è utilizzata anche per la produzione di succo (di buon sapore, ma poco attraente per via del rapido imbrunimento della polpa) e sidro (dal color ambrato intenso e dal discreto grado alcolico).

Pom Matan (o Pom Mattan o Moutant)

Il Pom matan (“Mela matta”) è una antica cultivar di melo caratterizzata da vigoria elevata e portamento aperto e viene normalmente lasciata a crescita naturale; la produzione è soggetta ad elevata alternanza. Il colore dei frutti è giallo-verde e assume sfumature rosacee (fino al rosso slavato) quando raggiungono la piena maturazione; essi hanno pezzatura medio-grande, forma sferoidale o tronco-conica, simmetrica, peduncolo corto e buccia pruinosa con rugginosità marcata a livello della cavità peduncolare. La polpa è di colore bianco crema, ha tessitura fine ed un particolare sapore dolceacidulo. Il basso contenuto in acqua e l’elevato contenuto in tannini li rendono particolarmente adatti alla cottura e all’utilizzo per preparazioni culinarie: caratteristico è infatti il loro impiego nella produzione del tipico ripieno di agnolotti (Agnolotti di “Pom Matan”) o anche per la preparazione della locale “Torta Nera”. Tale peculiarità li rende peraltro particolarmente idonei all’essiccazione. L’epoca di maturazione è medio-precoce; la raccolta viene effettuata mediamente nella seconda e terza decade di settembre. Se la conservazione avviene in luoghi freschi e asciutti il prodotto, caratterizzato da un basso tenore idrico, si conserva naturalmente fino al mese di febbraio.

Mele autoctone del Biellese.

Le varietà tradizionali più diffuse sono:

Pum d’la biula.

È una varietà diffusa nel biellese centro-occidentale. La raccolta avviene la prima decade di ottobre e si consuma da gennaio a maggio. Il frutto ha forma appiattita e profilo equatoriale circolare. La buccia è liscia e sottile, con l’incedere della maturazione può divenire untuosa. Presenta marezzature e/o striature di colore rosso vivo. Le lenticelle biancastre sono numerose e ben evidenti. La polpa è bianca con lievi sfumature verdi, succosa, soda e croccante, con sapore gradevolmente acidulo. La “Pum d’la biula” è una delle mele più caratteristiche per forma, colore e conservazione.

Dosc piàt.

Anche questa varietà è diffusa particolarmente nella zona occidentale del territorio biellese. Si raccoglie a fine settembre; può essere consumata subito dopo la raccolta, ma si conserva bene fino a marzo. I frutti hanno forma appiattita e profilo equatoriale circolare. Il peduncolo lungo e sottile è l’elemento che più la caratterizza. La cavità peduncolare è profonda, lievemente rugginosa. La buccia è liscia, piuttosto coriacea con una caratteristica faccetta rossa all’insolazione. Le lenticelle sono poche, evidenti e regolari. La polpa è soda, lievemente succosa, dolce e gradevolmente profumata. E’ caratterizzata da un retrogusto che ricorda il sapore delle spezie ed ha un colore bianco uniforme. Si ritiene che la mela Dosc piàt si sia diffusa a partire dal Comune di Mongrando o, più in generale, dalla Valle Elvo. E’ ottima sia fresca che cotta.

Piatlin.

In alcune zone della Serra d’Ivrea le mele riconducibili a questa tipologia sono note come Piatarlini. Appena raccolta (intorno a fine settembre) è già pronta per essere consumata ma può essere conservata in cantina fino a marzo. I frutti hanno forma appiattita, con peduncolo corto. La buccia è sottile, cerosa e coperta di una rugginosità diffusa su circa un quarto della superficie – concentrata perlopiù intorno alla cavità peduncolare – che le conferisce sfumature bronzate. Le lenticelle sono piccole e numerose. La polpa, lievemente profumata, ha consistenza croccante e succosa, sapore lievemente acidulo e aromatico. Si percepisce un particolare retrogusto di nocciola e mandorla. La “Piatlin” è una tra le più caratteristiche mele del Biellese. La forma particolare e l’aroma la rendono unica ed inconfondibile.

Rigadin Piantassùn.

La raccolta avviene la I decade di settembre, può essere consumata da fine settembre e si conserva fino a gennaio-febbraio. I frutti hanno forma sferoidale appiattita e profilo equatoriale costoluto. La buccia, untuosa al tatto, ha un colore di fondo giallo intenso e un sovraccolore rosso striato con sfumature violacee (esteso sul 60-70 % della superficie). È piuttosto spessa e coriacea. Le lenticelle sono poco evidenti e regolari. La polpa, bianca e profumata, è soda e succosa e ha sapore acidulo.

Pom d’aràm.

La raccolta avviene a inizio ottobre; è pronta per il consumo a partire da fine novembre e si conserva fino a gennaio. I frutti hanno forma tronco-conica oblunga ed asimmetrica; il profilo equatoriale è costoluto, il peduncolo corto. La buccia è liscia e cerosa su un lato, dalla parte dell’insolazione assume una colorazione rugginoso-ramata. Le lenticelle sono numerose, evidenti, regolari e non areolate. La polpa, gradevolmente dolce verso la buccia e piacevolmente acidula verso l’interno, ha una consistenza croccante e succosa. Con lo stesso nome, in altre zone del Piemonte come la Val d’Ossola, si identificano genericamente le mele rugginose.

Dosc dur.

La raccolta avviene intorno alla III decade di settembre, è pronta al consumo da fine novembre e si conserva fino a febbraio-marzo. I frutti hanno una forma sferoidale appiattita ed irregolare; il peduncolo è corto e mediamente grosso. La buccia è liscia, cerosa, spessa ed ha un caratteristico sapore amarognolo. Le lenticelle sono evidenti, irregolari, areolate e poco numerose. La polpa ha una consistenza sodo-compatta, abbastanza asciutta ed un sapore dolce ma con poco gusto e profumo. La mela “Dosc dur” era utilizzata in cucina per la preparazione di un piatto tipico ormai quasi dimenticato: rape, salsiccetta e mele.

Partùs.

La raccolta avviene dopo la metà di ottobre, può essere consumata da marzo e si conserva fino a giugno. I frutti hanno una forma sferoidale lievemente asimmetrica; il peduncolo è corto. La buccia è liscia e piuttosto sottile e le lenticelle sono poco evidenti, regolari ed areolate. La polpa ha una consistenza croccante e succosa con sapore acidulo ed ha un colore da bianco verdastro a bianco-crema. Tale varietà di mele, seppure non molto gradevole al palato, era coltivata per la sua lunga conservazione. Non è raro, infatti, trovare nei mesi di marzo-aprile mele che, cadute dall’albero e non raccolte, si trovano in perfetto grado di conservazione.

Ruzg-nént o rizgiulént.

Si raccoglie nella seconda metà di settembre, può essere consumata da novembre e si conserva fino a gennaio-febbraio. I frutti hanno una forma da tronco-conica breve a sferoidale asimmetrica. La cavità peduncolare è profonda, irregolare e rugosa. La buccia è rugosa, lievemente bitorzoluta e sottile. Le lenticelle sono poco numerose, scarsamente evidenti. La polpa, di sapore gradevolmente acidulo ed aromatico, ha una consistenza croccante e succosa ed un colore bianco-crema. La mela Ruzg-nént o Rizgiulént è, tra le mele acidule, una delle migliori da forno. E’ conosciuta anche come Arzgulent, Ad La Pel dal Babi, Renette D’Ungheria e fa parte della grande famiglia delle ruggini.

Mele del Monferrato.

Le varietà tradizionali più diffuse sono:

Canditin-a.

La varietà è stata rinvenuta nel territorio di Odalengo Piccolo e nei paesi confinanti. I frutti sono grossi, di forma arrotondata, di colore rosso sfumato; la polpa bianca è leggermente asprigna e molto succosa. Nel passato, era usata molto in giugno come dissetante durante la mietitura. Si ipotizza che il nome di questa varietà sia derivato dal nome di una donna che si chiamava Candida (diminutivo dialettale affettuoso “Canditin-a”) che aveva un melo selvatico in una vigna di sua proprietà. Pur non essendo innestata, questa pianta produceva frutti grossi, abbondanti e originali. Furono subito parecchi i conoscenti che chiesero alla “Canditin-a” marze per l’innesto. È una varietà tardiva – si raccoglie non prima della terza decade di ottobre – dai frutti molto attraenti: la forma è sferoidale, il peduncolo corto e sottile. La buccia liscia e leggermente rugginosa presenta lenticelle piccole e areolate. Il colore di fondo è verde, il sovraccolore rosso intenso. La polpa ha una struttura croccante e succosa; è granulosa al palato e particolarmente aromatica.

Ciucarin-a (Ciochera rosa).

Il nome deriva dalla forma del frutto, che ricorda quello di una campanella. Si tratta di una varietà diffusa in tutto il Monferrato, dalla forma ellisoidale allungata, di colore giallo sfumato rosso tenue. La buccia è liscia, priva di rugginosità; la polpa è fine, croccante e succosa, di sapore dolce. A maturazione i semi si staccano dall’alveolo: agitando il frutto si avverte un lieve tintinnio.

Pom Marcun.

È una varietà tipica del basso Piemonte, diffusa in particolare nel Monferrato astigiano e casalese. La pianta presenta un habitus standard, vigoria scarsa e portamento aperto. Fiorisce a fine aprile e si raccoglie dopo la metà di settembre. La forma è arrotondata, il colore rosso verde, la polpa è croccante, dolce e aromatica. Può essere conservata fino a marzo se mantenuta in ambienti freschi. È ottima da cuocere ed era tradizionalmente impiegata per preparare dolci a base di mela.

Ruscai-o.

In passato i frutti di questa cultivar venivano interrati al momento della raccolta e così conservati per essere consumati in primavera. Mela tipica di Odalengo Piccolo. Le sue caratteristiche sono la lunga conservazione naturale fino a maggio, la forma arrotondata leggermente appiattita, il colore verde giallo sfumato di rosso vinoso (che può ricoprire il 50-60 % della superficie esterna), con la polpa croccante e dal sapore equilibrato.

Valle Grana

Tra le più note e diffuse vi sono la Buras, la Gamba Fina lunga (Gambafin-a), la Renetta Grigia, la Grigia di Torriana, la Carla. Inoltre vi sono:

Bella del Bosco.

Si tratta probabilmente della cultivar “Bella di Boskoop”, ottenuta in Olanda a metà Ottocento. Molon (1901) cita la Belle de Boskoop come sinonimo della Renetta di Montfort. Produce frutti molto grandi e di bell’aspetto. La buccia si presenta ruvida e quasi completamente ricoperta da rugginosità. Il colore di fondo verde è ricoperto per il circa il 30% da un sovraccolore rosso aranciato. I frutti, dalla polpa dolce e succosa, vengono raccolti a partire dalla terza decade di ottobre.

Contessa.

Si tratta di una mela particolarmente apprezzata per la croccantezza della polpa e la particolare serbevolezza. Fino all’inizio della seconda guerra mondiale era tra le varietà più diffuse nel Cuneese, soprattutto in Valle Maira, dove fu reperita la pianta madre. Si raccoglie a partire dalla seconda decade di settembre; i frutti si contraddistinguono per le grandi dimensioni medie, la polpa dolce e croccante; il colore di fondo della buccia è giallo-verde e si sfuma di rosso con l’incedere della maturazione. la cavità peduncolare è in genere rugginosa. È una varietà particolarmente produttiva, benché soggetta ad alternanza e a butteratura amara.

Mele della Val Sangone

La melicoltura a Giaveno è sinonimo di antiche varietà, ancora oggi presenti, coltivate secondo metodi tradizionali. Se ne riportano le più note.

Cantin.

Albero di scarsa vigoria, habitus semispur e portamento aperto. Fiorisce intorno alla seconda settimana di aprile e si raccoglie nella seconda decade di settembre. I frutti sono di media pezzatura e aspetto non particolarmente attraente. Il peduncolo è spesso e lungo; la buccia liscia, rugginosa a livello della cavità peduncolare, con lenticelle grandi e areolate. Il colore di fondo verde giallo si ricopre di un rosso vinoso a maturazione (che si estende sul 40-60 % della superficie). Il sapore è marcatamente acidulo, la struttura della polpa è granulosa e croccante.

Dominici.

Semenzale rinvenuto verso la fine del 1800 nel meleto del frutticoltore Dominici di Bricherasio (Torino). La cultivar è stata classificata da Tamaro (1929) nel gruppo Caravelle o Battocchie. Risulta diffusa in Provincia di Torino (nei comuni di Cavour, San Secondo, Bricherasio, San Secondo, Pinerolo, San Pietro Val Lemina). Si tratta di una cultivar poco sensibile a ticchiolatura e oidio, mediamente sensibile a butteratura amara. È piuttosto alternante e le produzioni migliori si ottengono innestando le piante su portinnesti deboli e allevandole a fusetto. I frutti serbevoli esprimono al meglio le caratteristiche organolettiche a 2-3 mesi dalla raccolta. La pianta madre è stata reperita nel Comune di Bricherasio. I frutti sono di grandi dimensioni, buccia leggermente ruvida, rugginosità a livello lenticellare e della cavità calicina; il colore di fondo è giallo verde e sovraccolore rosso sfumato, la polpa croccante, color bianco-crema e dal sapore acidulo. Si raccoglie intorno alla seconda decade di ottobre.

Magnana.

Varietà coltivata in Piemonte dalla fine del 1800, deriva il nome dalla località in cui fu originariamente ritrovata. Pianta di media vigoria e portamento assurgente; suscettibile a ticchiolatura e afide lanigero; alternate. I frutti hanno pezzatura media, buccia ruvida, rugginosità a livello della cavità peduncolare con colore di fondo verde e sovraccolore rosso o rosso vinoso, polpa fondente di colore bianco-verde e di sapore dolce-acidulo; la raccolta avviene tra la terza decade di ottobre e la prima di novembre. In generale, il frutto presenta buone qualità organolettiche e serbevolezza, ma è piccolo e poco colorato (Breviglieri, 1950).

Ronzè.

Varietà locale, originatasi da seme nella seconda metà dell’800 a Osasco e classificata da Tamaro nella famiglia delle Renette Rosse. Albero di elevata vigoria, habitus standard e portamento aperto. Fiorisce precocemente, nella seconda settimana di aprile e viene raccolta a inizio novembre. Risulta poco suscettibile a ticchiolatura e afide lanigero, ma sensibile a oidio, butteratura amara e alternanza. Frutti di media pezzatura, buccia liscia, senza rugginosità con colore di fondo gialloverde e sovraccolore rosso brillante o rosso vinoso, polpa succosa di colore bianco crema, sfumato di rosa e di sapore acidulo-aromatico; la raccolta avviene nella prima decade di novembre. È nota come ottima mela da tavola, resistente a manipolazioni e di lunga conservazione (Godino, 1940).

Prun.

Fiorisce precocemente, nella prima settimana di aprile e si raccoglie intorno alla terza decade di settembre. I frutti sono piccoli e appiattiti; la buccia è liscia e rugginosa a livello della cavità peduncolare. Il colore di fondo giallo verde si sfuma di rosso brillante (che può ricoprire il 20-40 % dell’epicarpo). La polpa bianco crema è dolce e croccante, di fine tessitura.

Morella.

È la varietà piemontese del gruppo Imperatore. I frutti, medio-piccoli, hanno forma sferoidale e appiattita. Il peduncolo è lungo, sottile e rugginoso. La buccia è liscia, sottile, con colore di fondo dal giallo al verdastro, quasi completamente striata di rosso. La polpa è bianca con sfumature rossastre, croccante e succosa; il saporevè discretamente dolce e poco acido. I frutti maturano a partire da dicembre e si conservano fino a giugno in fruttaio.

I frutti di Magnana, Cantin, Ronzè, Domenici vengono lasciati ad ammezzire in magazzino e si conservano fino a primavera inoltrata. Quelli di Prun e Morella hanno una minore serbevolezza e vanno consumati entro l’inverno.

Mele della Valle di Susa.

La Valle di Susa vanta un vasto patrimonio di antiche varietà di mele, locali o naturalizzate da tempi remoti. Ecco le più importanti.

Carpendù.

Albero di elevata vigoria e portamento assurgente; la raccolta si colloca intorno alla seconda decade di settembre. I frutti hanno forma tronco conica breve, simmetrica e buona pezzatura. La buccia è liscia con rugginosità abbondante nella cavità peduncolare; il colore di fondo è gialloverde talvolta con un leggero sovraccolore aranciato. La polpa è di colore giallo crema, di tessitura mediamente fine, croccante e di sapore dolce-acidulo.

Dolce di Chiomonte.

Albero di medio vigore e produttività. Si raccoglie nella terza decade di settembre. I frutti sono di media pezzatura, di forma tronco conica breve e simmetrica. Il colore della buccia è verde con sovraccolore rosso brillante. La polpa si presenta di tessitura fine, croccante e succosa, di colore giallo crema e sapore dolce-acidulo.

Giachetta.

Pianta di vigoria scarsa e portamento assurgente. Fiorisce a inizio aprile e viene raccolta a fine settembre. La produttività è media. I frutti sono simmetrici, di forma appiattita e pezzatura piccola. Presentano colore di fondo verde, sovraccolore aranciato poco esteso e una diffusa rugginosità lenticellare. La polpa è di tessitura fine, di colore giallo crema, croccante, succosa e di sapore dolce-acidulo.

Rosso di Mafiotto.

Pianta di vigoria medio-scarsa, a portamento assurgente; fiorisce nella prima decade di aprile e matura nella terza decade di agosto. La produttività è piuttosto limitata. I frutti sono di pezzatura medio-piccola e forma ellissoidale. La buccia è liscia, di colore rosso brillante uniforme. La polpa è bianca, fondente e di sapore dolce.

Rusnenta Col di Mosso.

Pianta di vigoria medio-elevata; fiorisce nella prima decade di aprile e si raccoglie a fine settembre. La produttività è piuttosto scarsa. I frutti sono di piccola pezzatura, appiattiti, simmetrici ed a profilo circolare; la buccia è ruvida, di colore giallo-verde e sovraccolore aranciato o rosso, con rugginosità estesa. La polpa è di colore bianco, tendente al farinoso, di tessitura fine e sapore dolce-acidulo.

Susina.

Pianta di media vigoria, non molto produttiva; fiorisce precocemente (prima decade di aprile) e matura intorno alla seconda decade di settembre. I frutti sono piuttosto piccoli, di forma appiattita, simmetrici e a profilo circolare. La buccia è liscia e cerosa con colore di fondo verde e sovraccolore rosso brillante esteso per il 60-80% della superficie; la polpa è bianca e consistente, di tessitura fine e sapore dolce.

Altre mele risultano ancora coltivate tra cui: Losa, Magnana, Rus d’l Po’, Cantin, Bella di bosco (anche nota come Pum di Tre Culur). Per quanto riguarda la coltivazione, essa tradizionalmente prevede l’adozione del franco come portinnesto tradizionale che, pur ritardando la messa in produzione, conferisce maggiore rusticità e longevità alle piante e contribuisce ad esaltare le caratteristiche organolettiche.

Mele della Val Sesia

La frutticoltura valsesiana, un tempo largamente diffusa su tutto il territorio, anche con specifici mercati stagionali, ha subito, dal dopoguerra, un notevole ridimensionamento produttivo. Non vi è stato, come in altri luoghi, l’aggiornamento varietale e, quindi, anche economico dei frutteti, con il conseguente abbandono di numerosi ettari di meleti. Ciò ha però di fatto consentito il mantenimento, sia pur in piccole quantità, di antiche varietà. Sulle numerose varietà (Bela d’macc, Carla, Carpandù, Giuda, Gran alesander, Pum purtigal, Presec, Sunaja, Vinà, Vitorio ecc.) sono in corso studi ed approfondimenti genetici, oltre alla realizzazione di un campo collezione nel comune di Varallo

Mele della Val Sessera

Tra le numerose varietà ancora presenti nel territorio si possono ricordare:

Gran Alesander.

Mela diffusissima in Valsessera apprezzata per le qualità organolettiche, per la fioritura tardiva – che la mette al sicuro dai danni delle gelate primaverili – per la vigoria dell’albero maestoso ed allargato di cui si conservano esemplari secolari. Il frutto è di bell’aspetto, grandi dimensioni e forma appiattita; la buccia ha colore di fondo giallo ricoperto da un diffuso e brillante sovraccolore rosso. La polpa è succosa e saporita. Si conserva fino a Natale. Prende il nome dallo zar russo, in quanto si ritiene sia stata importata dalla Russia nel 1800.

Presec.

Piccola mela tonda, con peduncolo fine, buccia liscia color verde intenso e sfaccettata di rosa. La pasta bianca è succosa, soda e dolce. Era utilizzata dalla tradizione culinaria locale (in particolare nella zona di Coggiola) per accompagnare piatti a base di merluzzo. Si conserva fino a marzo.

Limunin.

Si tratta di una varietà particolarmente apprezzata e diffusa. Prende il nome dalla forma, simile a quella di un limone, ovvero conica allungata ed un po’asimmetrica. La buccia è completamente gialla; la polpa molto dolce e tenera. E’ nota anche come Pum Purtigal (in Valsesia) e come Belfiore gialla. Si conserva fino a gennaio. Si tratta verosimilmente della Yellow Bellflower, cultivar ottenuta in USA nel 1817. La cultivar è citata già da Molon nel 1901 come sinonimo di Linnoeus Peppin, ma in letteratura si trova anche citata con altri sinonimi: Belle Fleure Jaune, Lincoln Pippin, Yellow flore (Nomblot, 1922). Nella seconda metà del 1800 fu tra quelle raccomandate dal Congresso pomologico francese, da quelli di Treviso e di Berna, dalla società pomologica tedesca e dalla società orticola di Versailles. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 la varietà era particolarmente diffusa nel New Jersey e i frutti erano venduti con successo sui mercati di Filadelfia.

Sunaja (Sonaja rossa).

Mela autunnale dalla forma allungata inconfondibile; buccia a fondo verde striato di rosso; polpa tendente al farinoso, ma abbastanza succosa e sfumata di rosso in prossimità della buccia. Prende il nome dalla particolarità dei semi che suonano scuotendo il frutto a maturazione raggiunta. Si conserva fino a gennaio. La polpa bianco-crema è croccante e succosa, dal sapore dolce molto aromatico. Il colore di fondo è giallo-verde, il sovraccolore rosso brillante, esteso sul 70-80% della superficie. La buccia è liscia, priva di rugginosità.

Sciarle.

Il frutto, di piccole dimensioni, ha forma conica. Il colore della buccia – liscia e spessa – vira dal verde brillante al giallo a piena maturazione. La polpa è soda, succosa, dolce con un gradevole retrogusto di frutta secca. Si conserva fino a marzo.

Gerb.

Nome che prende in Valsessera il Bell’d Magg, cultivar valsesiana. Si tratta di una varietà interessante per la fioritura tardiva, da cui prende il nome. Il frutto è piuttosto grande, di forma tonda e buccia verde brillante con caratteristica rugginosità nella cavità calicina. La polpa è granulosa, simile a quella della renetta, ma meno dolce.

Cumian-a.

Si tratta di una varietà molto serbevole e può essere conservata fino a primavera inoltrata. Tipica del paese di Guardabosone (BI) è però diffusa in tutta la valle. Ha forma conica allungata e buccia a fondo giallo striato di rosso scuro. La polpa è soda e croccante; necessita di un periodo di affinamento per essere consumata.

Bela Giusepina.

Il frutto ha buona pezzatura e bell’aspetto. È simile ad una renetta rossa – forma tonda e appiattita, colore rosso scuro su fondo verde – anche nella polpa dolce e a grana pastosa. Si conserva fino a dicembre.

Piatlin.

È la più tipica tra le ruggini locali. Deve il nome alla forma particolarmente appiattita. La buccia è totalmente ricoperta di rugginosità. La polpa è consistente, dal sapore dolce gradevolmente bilanciato da note acidule. In alcune zone della Serra d’Ivrea questa varietà è nota come Piatarlina.

Mutuneta.

Il frutto è piccolo e la varietà deriva probabilmente da un semenzale locale, che prende le origini dal paese di Sostegno. Di forma conica ha buccia verde con sfumature rosa intenso e rugginosità nella cavità peduncolare. Dal sapore dolce equilibrato, si conserva molto a lungo.

Giarun.

Frutto diffuso nella zona di Guardabosone. La pezzatura è medio piccola, la buccia a fondo verde è striata di rosso sulla maggior parte della superficie. Dolce, leggermente acidula, ha polpa bianca molto soda. Ha una buona conservabilità.

Bel d’Anmerica.

Varietà diffusa sia in Valsessera che in Valsesia un tempo molto apprezzata per la serbevolezza e per il caratteristico aroma della polpa che raggiunge solo tardivamente, a gennaio. Di aspetto gradevole, a buccia quasi bianca con guancia rosa acceso; polpa soda e saporita, tonda e di pezzatura media.

Pum binel

Mele delle Valli di Lanzo

Nelle Valli di Lanzo vi è un’interessante varietà di germoplasma di melo, di seguito le più diffuse.

Bogin.

E’ la varietà più diffusa in tutta l’area. Di provenienza esterna, si è diffusa si è diffusa dopo la seconda guerra mondiale. Ad opera della famiglia Bogino di Lanzo, da cui prende il nome. È considerata la varietà migliore dal punto di vista qualitativo, anche grazie alla particolare serbevolezza dei frutti. Le piante, molto vigorose e produttive, fioriscono tardivamente. Mostra una buona resistenza alle principali fitopatie, tanto da essere interessante per una conduzione di tipo biologico. I frutti sono di media pezzatura, hanno peduncolo sottile e legnoso. La buccia è ricoperta da una pellicola cerosa ed è piuttosto spessa, con colore di fondo verde tendente al giallastro, marezzata di rosso non uniforme. La polpa è bianca con sfumature verdi, profumata, dal sapore zuccherino e leggermente acidulo. Si mantiene tenera e succosa anche dopo conservazione. I frutti vengono raccolti il più tardivamente possibile, in genere a inizio novembre. In fruttaio raggiungono la maturazione due o tre mesi più tardi e possono conservarsi bene finanche a luglio-agosto dell’anno successivo.

Compòsta vera.

Anche nota come dla compòsta cita (della composta piccola), è una varietà tipica delle Valli di Lanzo. Un tempo molto diffusa, fu gradualmente abbandonata a partire dagli anni ’50 del secolo scorso a causa di una patologia che la colpì duramente. I frutti sono in genere piccoli, di forma talvolta sferoidale. La buccia è ruvida e sottile; il colore per lo più ruggine-rosato vira al verdastro intorno alla zona peduncolare. La polpa è poco succosa, ma particolarmente aromatica e di buon sapore. I frutti concludono la maturazione fisiologica in fruttaio tra dicembre e gennaio e si conservano fino alla fine di marzo. La tradizione locale vuole che i frutti migliori venissero conservati completamente immersi nell’acqua (con l’uso di paglia o rami), dentro a damigiane di vetro dal collo largo, osti al fresco nelle cantine, talvolta aromatizzati con chiodi di garofano. La produzione attuale è totalmente destinata all’autoconsumo.

Contessa.

È tra le varietà più diffuse. I frutti sono esteticamente molto appariscenti e di grandi dimensioni e a queste loro caratteristiche sarebbe da ricondurre il significato del nome. Ne esiste un ecotipo locale, la Contessa rossa, che si distingue per il sovraccolore rosso uniforme del’epicarpo. La buccia sottile si presenta esternamente lucida e cerosa, con colore di fondo verde-giallo macchiata di rosso all’insolazione. La polpa ha un sapore acidulo deciso, è bianca, molto croccante e succosa. I frutti tendono a cascolare in prossimità della maturazione; per questa ragione se ne anticipa in genere la raccolta a metà settembre, lasciandoli poi ammezzire per una ventina di giorni sulla paglia.

Coronei.

Era già presente nelle Valli di Lanzo già a inizio ‘900. Il suo nome – letteralmente Colonnelli – deriva da una famiglia di Castiglione, frazione di Coassolo, proprietaria delle piante da cui si sono diffuse le piante. Una delle principali caratteristiche dei frutti è la tendenza a spaccarsi longitudinalmente in seguito a piogge durante la fase di maturazione. I frutti sono appiattiti e hanno grandi dimensioni. La buccia è ruvida, piuttosto spessa, opaca con colore di fondo giallo marezzato di rosso, per buona parte ricoperta da rugginosità. La polpa ha sapore acidulo e intenso; tessitura succosa e croccante. I frutti maturano da metà ottobre e si conservano in fruttaio fino a dicembre-gennaio.

Dla Compòsta gròssa.

Appartiene al gruppo dei Pom rusnent di cui è senz’altro la varietà più diffusa in zona. Il suo punto di forza sembra essere la particolare resistenza alle malattie crittogamiche che colpiscono in particolare le mele ruggini. È una pianta molto produttiva, i cui frutti hanno buone dimensioni. La buccia è sottile ma completamente ricoperta di ruggine, con sfumature che vanno dal rosa al verde scuro. Intorno al calice presenta un caratteristico anello verde, non rugginoso. La polpa bianco-crema è croccante e piuttosto acidula. I frutti maturano tra dicembre e gennaio e si conservano bene fino a fine marzo. Il profilo organolettico non arriva ad eguagliare quello della Composta vera, ma era un tempo anch’essa conservata in acqua.

Molsin-a veja.

È tra le varietà più diffuse in Valle di Lanzo. Fa parte del gruppo dei Carpendù e si ritiene sia stata introdotta dalla Valle d’Aosta o dalla Francia. Il termine molsin-a significa tenera – ad indicare la morbidezza della polpa – mentre l’aggettivo veja serve a distinguerla dalla Molsin-a verde, varietà di introduzione più recente. I frutti sono in genere piuttosto grandi; la buccia è ruvida e spessa e il colore di fondo sfuma dal giallo al verde ed è quasi completamente nascosto da una rugginosità diffusa. La polpa è tenera e poco succosa, dal sapore equilibrato. I frutti maturano a partire da fine novembre in poi e si conservano in fruttaio sino a marzo-aprile.

Molsin-a verde.

Non è certo che si tratti di una cultivar autoctona, ma sembra che le prime marze provenissero da una villa di Bogno, borgata di Coassolo. Per questo motivo la varietà è anche chiamata Dla Palasin-a. La buccia del frutto è leggermente untuosa, piuttosto spessa, di colore gialloverde sfumato di rosa sulla faccia esposta al sole. La rugginosità si manifesta in bande a partire dalla cavità peduncolare. La polpa è bianca, zuccherina e aromatica. I frutti maturano a partire da dicembre e si conservano fino a febbraio-marzo.

Pom dla lira.

Varietà di origine ignota, fu probabilmente introdotta nelle Valli di Lanzo da altre vallate limitrofe dove era presente già prima della seconda guerra mondiale. Il nome deriva dal fatto che a quel tempo 10 kg di mele erano vendute al prezzo di una lira. I frutti hanno buona pezzatura, buccia spessa e cerosa, di colore verde intenso sfumata di rosa nelle porzioni esposte al sole. La polpa è bianca, attraversata da venature verdi, croccante e acidula. La raccolta ha inizio a fine settembre e la maturazione si conclude in fruttaio dopo un paio di settimane. I frutti sono poco serbevoli e devono essere consumati entro un mese e mezzo. Il profilo sensoriale ricorda quello della Granny Smith.

Pom dël babi.

Letteralmente mela del rospo, si presenta al momento della raccolta di colore verde intenso. La pianta è molto produttiva; i frutti sono di buona pezzatura con buccia spessa e cerosa. Il colore giallo-verde uniforme presenta spesso delle bande rugginose nella zona peduncolare. I frutti maturano da dicembre e si conservano in fruttaio fino ad aprile-maggio. È una mela particolarmente adatta alla cottura.

Rigadin.

Il nome deriva dalle striature rosse della buccia. Viene chiamata anche Niclòt e Michlet, che probabilmente sono i nomi di chi ha contribuito alla diffusione. È tra le varietà più diffuse nelle Valli di Lanzo. Tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso conobbe il periodo di massima espansione e i frutti erano destinati principalmente al mercato tedesco. I frutti sono di media pezzatura e hanno forma appiattita; la buccia è cerosa e sottile con colore di fondo giallo striato di rosso. La zona peduncolare mostra una rugginosità diffusa. Il sapore è spiccatamente acidulo, la polpa è succosa e tenera e tende a sfarinare in conservazione. I frutti si raccolgono intorno alla metà di ottobre, ma si conservano poco in fruttaio e devono essere consumati entro dicembre.

Senatore.

È tra le varietà più diffuse nelle Valli di Lanzo grazie all’aspetto attraente, il buon sapore e l’elevata produttività. È stata introdotta subito dopo la seconda guerra mondiale da un agricoltore della borgata Brich di Coassolo, che acquistò sessanta piante dai vivai Sgaravatti. Nella zona di Oviglia di Lanzo è chiamata Lontario. I frutti sono piccoli e hanno buccia cerosa, non molto spessa colorata di un rosso intenso con sfumature giallo-verdi. La zona peduncolare è in genere interessata da rugginosità. La polpa bianca presenta sfumature rosa intorno alla cavità calicina è croccante e profumata, dal sapore equilibrato. I frutti maturano in fruttaio e si consumano da metà novembre fino a fine marzo.

Tra le altre individuate e descritte in Antiche varietà di melo e pero nella Valle del Tesso e nella Valle inferiore di Lanzo, di Sergio Gallo, Società Storica delle Valli di Lanzo, 2001: Bella di Bosco, Bertoldo, Bianco di Bogno, Bruera, Cafasse, Carpendù brusch, Carpendù dël doss, Carpendù delle Valli di Lanzo, Commercio, Dla Martin-a, Dorelli, Gambalunga, Lest, Lòsa, Magnetti Domenico, Matan, Morella, Pin dël Vis, Pom doss, Procaria, Quelli del maestro, Rosa d’agosto bianca, Rosa d’agosto rossa, Rusnent doss, Rustuiat, San Bastian, Spiritin, Turinett, Verdon.

Mele di Cavour

Fra le mele autoctone della zona di Cavour e del Pinerolese coltivate si riportano le descrizioni delle antiche varietà più note e diffuse. Fra queste ci sono anche la mela Buras, Dominici, Magnana, Ronzè, Carla e la Grigia di Torriana.

Gamba Fina piatta.

E’ una varietà poco suscettibile a ticchiolatura, ma sensibile a butteratura amara e soggetta ad alternanza. Si esprime al meglio su portinnesti di debole vigoria in aree collinari soleggiate, dove la colorazione dei frutti viene esaltata. I frutti, di buona serbevolezza, si conservano fino a 5 mesi in fruttaio. La pianta madre è stata reperita in frazione Famolasco, nel Comune di Bibiana. I frutti sono di pezzatura media, con buccia liscia e rugginosa a livello della cavità peduncolare con colore di fondo giallo verde e sovraccolore rosso scuro. La polpa è fondente, di colore bianco crema e sapore dolce. L’epoca di maturazione è medio-tardiva (mediamente la raccolta avviene nella prima e seconda decade di ottobre).

Fornas.

Si tratta di una cultivar poco suscettibile a ticchiolatura, ma caratterizzata da scarsa serbevolezza dei frutti. La pianta madre è stata reperita in località Tavernette, nel comune di Cumiana. Il frutto è di grossa pezzatura. La buccia è liscia, con presenza di ruggine alla cavità peduncolare. La polpa è bianca, fine e fondente, dal sapore dolce-acidulo. Il colore di fondo è giallo-verde, con sovraccolore rosso sfumato. Si raccoglie in epoca medio-precoce (in media nella seconda decade di settembre).

Calvilla (gruppo varietale).

È considerato un gruppo varietale cui appartengono la Calvilla bianca e altre Calville (come la Calvilla rossa autunnale) di comune origine. Sembra che questa mela provenga dalla Germania dove era nota prima del 1598, e da lì sia passata in Svizzera e poi in Francia, prendendo qui il nome definitivo di Calvilla, dal nome di Calleville, località della Normandia. Venne ricordata nel giardino di Luigi XIII nel 1626. Predilige zone a clima mite in quanto è sensibile al freddo. Produce frutti di grandi dimensioni, con buccia liscia, sottile e pruinosa, in genere rugginosa a livello della cavità peduncolare. Di colore giallo-verde, presenta un sovraccolore rosso aranciato sulla zona esposta al sole che si può estendere fino al 20% della superficie. La polpa è di color bianco-crema, grossolana, inizialmente soda, ma poi tenera, con elevata succosità. Di sapore dolce, gradevolmente acidulo, con un profumo che persiste in bocca. La raccolta si colloca attorno alla terza decade di settembre o nella prima di ottobre. Fu raccomandata dal Congresso dei pomologi tedeschi di Potsdam del 1878 tra le 10 migliori varietà.

Tra le altre antiche varietà, meritano di essere citate Ross Giambon, Ross Giachè (o Ross Borsetta o Ross ‘d Linot), Soelie ‘d Cumiana, Gris composta, gruppo Morella, Bella di Barge, Gamba fina lunga, Bianc brusc, Champagne, Sapis, Gian d’Andrè, Losa, Ross Tomasin, Ross del Turinin, Pom Paireul, Permain Dorèe, Savoia, Grenoble, Ciodu e numerose altre antiche varietà ancora presenti sporadicamente, come alberi isolati, in prati ed ai bordi di appezzamenti nella fascia montana e pedemontana.

ZONA DI PRODUZIONE

  • La Mela Buras è coltivata in Valle Maira .
  • La Mela Carla ha come zona di produzione i comuni di: Albera Ligure, Cabella Ligure, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Grondona, Mongiardino Ligure, Roccaforte Ligure, Rocchetta Ligure, Volpedo, Brignano frascata e Fabbrica Curone.
  • La Mela Gamba Fina Lunga è coltivata in Valle Grana.
  • La coltivazione della Mela Renetta Grigia di Torriana interessa i comuni di Barge, Bagnolo ed Envie in provincia di Cuneo e di Cavour in provincia di Torino.
  • Il Pom Matan viene coltivato principalmente nei Comuni di San Sebastiano da Po, Castagneto Po e Rivalba.
  • La produzione di mele autoctone del Biellese interessa l’intero territorio della provincia di Biella.
  • La zona di coltivazione delle cultivar di mele del Monferrato è a scavalco tra le province di Asti (Asti, Moncalvo, San Marzano Oliveto, San Damiano d’Asti, Refrancore, Nizza Monferrato, Cisterna d’Asti, Castelnuovo Belbo), Alessandria (Odalengo Piccolo, Vignale, Casale Monferrato) e Torino(Cavagnolo).
  • La zona di produzione delle Mele della Val Curone comprende i comuni di Monleale, Garbagna, Montegioco, Montemarzino, Brignano Frascata in provincia di Alessandria.
  • La zona di produzione comprende l’intero territorio della Valle Grana con particolare concentrazione nei comuni della media e bassa Valle (Bernezzo, Caraglio, Montemale di Cuneo, Monterosso Grana, Pradleves, Valgrana) e alcuni comuni delle Valli Maira e Stura.
  • La coltura delle Mele della Val Sangone è circoscritta al territorio del comune di Giaveno (TO).
  • La zona di produzione delle Mele della Val Sesia comprende tutti i comuni della Valsesia, in provincia di Vercelli, fino a 1.400 m di altitudine.
  • La coltivazione delle Mele della Valle di Susa è ancora diffusa nei comuni della media e bassa valle, nella fascia tra i 400 e i 900 metri di altitudine, a seconda delle peculiarità delle singole varietà (Susina e Giachetta sono più tipiche della media valle, Carpendù, delle zone altimetriche maggiori).
  • Alcune varietà di mele della Val Sessera, come Gran Alesander, Limunin e Gerbi sono presenti su tutto il territorio Valsesserino, mentre altre come la cultivar Mutuneta si possono ancora trovare aSostegno (BI), Presec e Sunaja nella zona di Coggiola (BI), Cumian-a, altre come Bela Giusepina e ilGiarun a Guardabosone (BI).
  • La coltivazione delle Mele delle Valli di Lanzo è compresa in una fascia altimetrica tra i 400 e gli 800 m s.l.m. e si concentra nei comuni di bassa e media valle.
  • L’area di produzione delle Mele di Cavour ha il suo epicentro nel comune di Cavour e si estende ai comuni limitrofi del Torinese e del Cuneese.

Fino alla prima metà del Novecento la melicoltura piemontese si diffonde soprattutto lungo le vallate alpine, nelle zone pedemontane e collinari. In seguito si espande anche in pianura affiancandosi alle tradizionali colture erbacee. In tale periodo e fino agli anni ’40 dello scorso secolo il Piemonte ha rivestito un ruolo di tutto rilievo nel contesto della melicoltura italiana contribuendo per oltre il 20% al totale nazionale. Nei primi anni ’50 del XX secolo il sistema colturale è perlopiù promiscuo e pochi sono gli impianti specializzati. Le piante sono lasciate libere di svilupparsi a pieno vento. Come portainnesto si utilizzava in genere il franco per far sì che la pianta vivesse e fruttificasse il più a lungo possibile. Le varietà a maturazione invernale erano conservate nelle cantine fresche e ventilate.
Oppure le mele erano talvolta immerse in grandi recipienti di vetro colmi d’acqua aromatizzata con chiodi di garofano, dove i frutti infrollivano conservandosi fino a giugno.

Testimonianze orali attestano la coltivazione della mela Buras in Valle Maira dall’inizio del XX secolo. Uno dei suoi punti di forza è la ottima serbevolezza in fruttaio, caratteristica che la rendeva preziosa nella dispensa familiare di quel tempo e garantiva al contempo la possibilità di vendere una parte della produzione (nelle annate di carica) ai vicini mercati rionali.
La Valle Grana può a ragione essere considerata una delle culle della coltivazione del melo in Piemonte. Qui da subito il melo trovò un habitat favorevole, dove il clima e le forti escursioni termiche giorno/notte garantivano alla specie l’adeguato fabbisogno in freddo esaltandone gli aspetti qualitativi. Per questo motivo in Valle Grana si sono selezionate varietà locali; altre, giunte dall’esterno, vi si sono adattate perfettamente modellandosi sul pedoclima della zona. Il patrimonio genetico si è in parte preservato nel corso dei secoli. La rallentata erosione delle riserve di germoplasma in questa come in altre valli montane è dovuta al fatto che esse sono rimaste ai margini della specializzazione colturale.

La Mela Carla era molto diffusa in Val Borbera; ancora alla fine degli anni ’60 le eccedenze venivano raccolte a terra, inviate nell’Astigiano e destinate alla “spumantizzazione”. La Mela Renetta Grigia di Torriana è una varietà autoctona, ottenuta a fine ottocento – come narra il Breviglieri nel 1950 – dal frutticoltore Francesco Trecco nella borgata Torriana di Barge (CN). Si tratta probabilmente di un semenzale ottenuto per libera impollinazione nell’ambito della popolazione delle renette grigie. Nei primi anni del secolo scorso si diffuse nei comuni di Barge, Bagnolo e Cavour. E’ da sempre considerata varietà rustica e buona ma non troppo longeva. “Nel 1910-1920 se ne raccolsero 2.000 quintali, ma nel decennio successivo la media salì ad oltre 12.000 e aumentando di anno in anno si è arrivati agli attuali 50.000 quintali (1955), costituenti il 35% della produzione totale di mele dei tre territori (Barge, Bagnolo e Cavour)” sostiene il Carlone, il quale precisa che la diffusione della varietà fu favorita dalle buone qualità organolettiche, dalla resistenza ai trasporti, dall’elevata produttività e dalla particolare resistenza alle principali avversità crittogamiche. Grazie alla sua tolleranza alle manipolazioni ed ai trasporti, la Grigia di Torriana alimentava un consistente flusso di esportazione verso Germania e, dopo una traversata in mare, in Inghilterra e in Egitto.

Sempre secondo Carlone “la varietà richiede terreno sciolto e profondo; non le si addicono le valli umide e fredde, ma viene bene tanto in pianura quanto in collina, purché l’esposizione al sole sia buona”. Carlone riteneva dunque che la Grigia di Torriana meritasse un buon posto nella frutticoltura dell’epoca, ma che non convenisse tuttavia estenderne oltremodo la coltivazione poiché: “le mele più largamente consumate non son quelle grigiastre, ma le altre, preferendo la massa più cospicua dei consumatori le mele gialle o rosse che siano, a quelle a buccia ruvida”. Tra i documenti storici si cita la sua presenza negli elenchi delle varietà esposte all’“Ottobrata” di Barge del 1937.

Nell’immediato dopo guerra e fino agli anni ‘60 – ‘70 la Grigia di Torriana, assieme ad altre varietà autoctone, ha rappresentato il fiore all’occhiello della frutticoltura locale molto apprezzata sia sui mercati nazionali che esteri. L’interesse per la varietà ha subito un nuovo impulso nel corso dell’ultimo decennio: la richiesta del mercato è aumentata e si è assistito alla nascita di nuovi impianti. Nel settembre del 2002 è nato il Consorzio di tutela e valorizzazione della Mela Grigia di Torriana con l’intento di far conoscere e promuovere questa antica varietà di melo. Continua inoltre la tradizione dell’Ottobrata, storica sagra autunnale organizzata dal Comune di Barge e dedicata ai sapori del Monviso, tra cui la Mela Renetta Grigia di Torriana ricopre un indubbio ruolo di protagonista.

La coltivazione delle varietà di “Mele autoctone del biellese” ha origini antiche. Il consumo di mele accompagna anche momenti particolari di festa nonché piatti tradizionali. Tali varietà di mele erano utilizzate anche per la produzione del succo di mele preparato secondo una metodologia che vanta una tradizione plurisecolare durante le feste di paese, come, ad esempio avveniva a Sagliano Micca (Biella). In quelle occasioni, si portava in piazza un torchio e si effettuava la torchiatura della frutta in presenza della popolazione. Il succo, consumato immediatamente dagli astanti, accompagnava fumanti caldarroste.

Mele e pere risultano tra gli ingredienti della cucina di metà dell’Ottocento in Val di Susa; la torta di mele e le frittelle di mele ricorrono tra le ricette storiche della Valle, spesso legate a momenti particolari di festa (in occasione della festa del Santo patrono o al momento della cottura del pane). Le piante di mele – innestate su franco e perciò molto grandi e longeve, sono una caratteristica peculiare del paesaggio agricolo di molte zone della valle: esse non intralciavano il pascolamento e la conduzione dei prati, dando nel contempo una produzione a basso costo (non venivano per lo più eseguiti trattamenti), anche se spesso soggetta all’alternanza (un anno di abbondanza ed un anno di magra).
Alcune zone particolarmente vocate – quali la piana di Gravere, la zona di Mattie, il Comune di Caprie – si specializzarono nel tempo nella coltura. Dal dopoguerra la coltivazione delle Mele della Valle Susa è in calo, tanto che alcune delle varietà rischiano ormai l’estinzione. La Comunità Montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia ha costituito nel 1994 un campo collezione di vecchie varietà valsusine e collabora con frutticoltori privati appassionati di vecchie varietà, promuovendone le singole collezioni varietali. Il progetto, oltre che la conservazione delle biodiversità, prevede una rivitalizzazione della coltura attraverso la ripresa in coltivazione in aree a particolare vocazione frutticola.

La melicoltura in Valsessera ha radici lontane. Sul testo “La nuova frutticoltura del Biellese” del 1915, l’autore Don Paolo Antoniotti cita testualmente per il territorio di Sostegno: “Il consumo e l’esportazione sono immensi e crescono ogni giorno; poiché la mela, fra tutti i frutti è quello che prestasi di più alle preparazioni alimentari ed alla produzione di sidro,alcool e aceto….. Il franco è l’albero delle piantagioni a pieno vento, ad alto fusto … Non v’è convenienza adottare le varietà che maturano precocemente e neanco quelle che danno frutti assai grossi. Gli alberghi, i collegi ed i pubblici istituti preferiscono le mele ben colorite e di media grossezza”.

Molti agricoltori si dedicavano alla coltivazione del melo, vendendo i frutti ad acquirenti provenienti soprattutto dalle città di pianura, nei mercati locali ed alla ristorazione. I frutti migliori venivano venduti come frutto da tavola, mentre la seconda scelta o le varietà con qualità organolettiche meno interessanti erano destinate alla trasformazione in sidro. Nei paesi un mediatore contrattava i prezzi con gli acquirenti chiamati “Bachen” ed il prezzo stabilito era uguale per tutta la comunità. Dalle valli scendevano i contadini coi loro carichi e dai centri del fondovalle partivano per le diverse destinazioni.

Le Valli di Lanzo, fino al secolo scorso, erano importanti economicamente soprattutto per l’attività mineraria e l’agricoltura. L’attività estrattiva è andata esaurendosi e i terreni coltivati si sono col tempo trasformati in bosco. In “C’era una volta a Viù. Usanze e tradizioni nel corso dell’anno e della vita” (D. Cane, M. Brunero, E. Guglielmino, 1980) sono raccolte le ultime testimonianze sulla frutticoltura nel comune di Viù (nella Valli di Lanzo), tra i 700 e i 1100 m di altitudine. Li pomè una volta erano molto coltivati perché la frutticoltura a Viù è stata fiorente fin verso la seconda guerra mondiale. Li pom si raccoglievano da fine agosto a ottobre secondo le qualità. Li pom ostench si raccoglievano ad agosto, erano i primi e non si conservavano a lungo; li pum rusnent, piccoli con buccia color ruggine, li pom raneti, li pom cavalin, rossi, li pom brasca, grossi, gialli e rossi con polpa bianca, li pom carvilla, con polpa rossa, li pom ‘d Bòta si raccoglievano tutti ad ottobre. Li pum rusnent durante la settimana di Natale, a lunna dura (luna calante) si mettevano in cantina in una sòbba (mastello) immersi nell’acqua di fonte e ricoperti da un poco di paglia, si conservavano sino all’estate seguente. Li pom do medi, detti anche li pöm ed Bòta, erano mele che il dottor Durando aveva portato dalla Val di Susa e piantate nella sua proprietà di Bòta, località presso il Rondò del Versino; la gente che andava a prendere gli ento (innesti), le chiamò così.

Si conservavano fino a maggio. Le mele si raccoglievano quando c’era la luna tendra (nuova); gli uomini salivano sulla pianta con li cavagn e li rapolò. Questi ultimi erano costituiti da un disco di legno dal diametro in media di 10 cm, con denti di legno infissi nel bordo e provvisto di un lungo manico. Di solito erano foderati di stoffa e se ne usavano due, uno con il manico corto per le mele più vicine e uno con il manico lungo per quelle più lontane. Infilavano lo rapolò sotto la mela, poi delicatamente lo muovevano in modo che la mela si staccasse dal ramo e vi rimanesse dentro, poi la trasferivano nel cesto anche questo rivestito di stoffa. Quando il cesto era pieno lo facevano scendere con una corda dalla pianta e trasferivano le mele in una gerla, cercando di evitare al massimo le ammaccadure.

Le mele venivano quindi portate nelle stanze che d’estate erano affittate a villeggianti e disposte sul pavimento ricoperto di paglia; quelle da vendere erano confezionate in cesti che i negozianti a novembre-dicembre venivano a ritirare con lo carton (il carro). Quelle non vendute si lasciavano sul pavimento e ogni tanto, a luna calante, si sceglievano quelle che sembravano voler marsà e mufi (marcire e ammuffire). Tutto questo lavoro era svolto dalle donne. Si mangiavano crude o cotte nel forno della stufa; con li pom rusnent facevano al bignòtte (le frittelle). Con le migliori facevano lo vin ‘d pom (il vino di mele), con li om macà, mele cascatoie, facevano l’aceto; le portavano a spremere ai mulini oppure usavano un piccolo torchio che avevano in casa.

Fino ai primi del Novecento era in uso inoltre la tradizione di fabbricare collane di mele: i frutti venivano privati del torsolo, tagliati lungo il piano equatoriale e appese a mo’ di collana in solaio ad appassire. In occasione del Capodanno e del Carnevale, quando i bambini passavano di porta in porta per gli auguri, ricevevano come dono le collane di mele appassite. A partire dal 2002 la Comunità Montana Valli di Lanzo ha condotto un progetto di recupero della melicoltura nelle Valli di Lanzo per salvaguardare il germoplasma attraverso la realizzazione di un impianto pilota di vecchie cultivar locali. Lo scopo è di preservare le vecchie varietà, non solo come memoria, ma praticamente: fonte di approvvigionamento per le marze, atte alla moltiplicazione campo dimostrativo dove è possibile l’osservazione del comportamento vegeto-produttivo delle vecchie varietà per eventuali ulteriori indagini agro-pomologiche.

Inoltre da circa un trentennio viene organizzata annualmente la “Sagra della mela”, nella terza settimana di ottobre in frazione San Pietro. I preziosi terreni alluvionali della zona di Cavour si sono rivelati ideali per lo sviluppo di una fiorente melicoltura, che è all’avanguardia nella regione e che trova la sua massima espressione nel famoso appuntamento nazionale della manifestazione “Tuttomele”. Sin dal 1953, il Comune di Cavour ha aderito ad un centro denominato C.I.F.O.P. (Centro Incremento Frutticoltura Ovest Piemonte) con lo scopo di valorizzare e sostenere lo sviluppo della frutticoltura moderna. Oggi la antiche varietà di mele piemontesi sono un presidio Slow Food. Tutte le varietà che caratterizzano le “Mele di Cavour” sono state classificate in un periodo che va dalla metà dell’800 al 1930, a testimonianza dell’antichità della melicoltura nell’areale considerato.

È stato recentemente avviato il progetto Strada delle mele pinerolese che ha consentito la realizzazione di un percorso naturalistico attraverso i territori della melicoltura pinerolese. Si tratta di un itinerario di oltre 60 km di sentieri da percorrere in bici o a cavallo tra i meleti e le aziende agricole e agrituristiche della zona, dove è possibile ammirare il paesaggio nelle diverse stagioni e assaggiare i frutti freschi o i gustosi trasformati.

Di quest’area, il comune di Cavour è stato ed è il centro gravitazionale, come testimoniato, oltreché dall’estensione delle superfici investite a meleto, dal successo della manifestazione Tuttomele. Agli atti esiste documentazione fotografica e descrittiva delle caratteristiche delle varietà locali. Si riporta la bibliografia che attesta l’antichità e la vocazionalità territoriale della Mela di Cavour.

Bibliografia:

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  • Armando M. et al., 2008. Settore Agricoltura della Provincia di Cuneo. A tutto campo: pp. 23.

Robiola di Cocconato PAT

Formaggio fresco a latte vaccino intero e pastorizzato, a pasta molle, di rapido consumo e con forma piatta e tonda. Peso da 350 e 400 gr. Crosta assente, il formaggio è tutto edibile. Il colore della pasta è bianco latte, la consistenza è molle e cremosa. Sapore dolce di latte con una nota di fresco…

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Fagiolana della Val Borbera PAT

Sono fagioli rampicanti a semi bianchi della varietà “Bianco di Spagna” che gli abitanti indicano come “fagiolana”. Hanno colore bianco avorio più o meno lucente o opaco. Nella maggior parte dei casi, la superficie del seme è liscia. Alcuni fagioli sono allungati, reniformi e piatti; altri tondeggianti ed appiattiti ed altri ancora tondeggianti e pieni….

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Polenta dolce biellese o Polenta d’Ivrea PAT

La polenta dolce biellese, che nella zona di Ivrea è chiamata polenta d’Ivrea, è una vera e propria torta rotonda, spessa pochi centimetri e che si serve a fette. Si differenzia dalle polentine dell’astigiano soprattutto per la presenza della farina di mais tra gli ingredienti. La superficie della polenta dolce è ricoperta di confettura a…

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Ossa da mordere PAT

Le Ossa da mordere sono i più tipici “biscotti da credenza”, ovvero dolci che si possono conservare a lungo nella credenza di cucina, sempre pronti per un rapido e occasionale consumo. Questi biscotti sono presenti, con poche varianti, come preparazioni casalinghe, artigianali o di pasticceria quasi ovunque in Italia, e hanno praticamente ovunque lo stesso…

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2 Replies to “Mele autoctone del Piemonte PAT”

  1. bellissima questa rassegna, bravi!!!
    ma io pensavo che la mela Carla fosse tipica del Monferrato, io sto cercando la “mela di mio nonno” di Costigliole d’Asti….quindi in realtà è di origine ligure?
    Dove posso trovarne la piantina?
    annabianco40@gmail.com

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