Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Friuli Venezia Giulia
Mussolo de scoio, Arca di Noè
Mollusco allo stato vivo, pescato a mano o con attrezzi strascicanti lungo il litorale costiero regionale. Il “Mussolo de scoio” – Mussolo di scoglio, all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere, oltre alle norme igienico sanitarie previste dalla legislazione nazionale, alle seguenti caratteristiche:
- Aspetto: Conchiglia con 2 valve ruvide uguali inequilatere, rigonfia di forma bizzarra che ricorda le imbarcazioni primitive. Il bordo interno delle valve si presenta liscio, cerniera sottile munita di circa 80 dentelli piccolissimi.
- Colore: esternamente la conchiglia si presenta bruna con striature bianco – rossastre. All’interno la colorazione è violastra, madreperlacea ed iridescente.
- Dimensione: la conchiglia deve avere un minimo di 40 mm di lunghezza;
- Sapore: delicato, di mare.
La pesca del “mussolo” avviene ormai, causa la scarsità della risorsa disponibile, solamente a mano, ad opera di alcuni operatori subacquei autorizzati. Tramite immersioni su alcuni punti prestabiliti, l’operatore subacqueo professionista stacca, con una particolare operazione manuale rotatoria e per mezzo di un apposito coltello , i mussoli da rocce e substrati duri a cui essi sono attecchiti. Con questa metodica di pesca vengono raccolti solo esemplari adulti in ottimo stato di vitalità. I mussoli raccolti sono immessi in retini di contenimento e mantenuti freschi e vitali fino alla loro commercializzazione.
L’attività di pesca manuale benché più costosa rispetto a quella strascicante ha il vantaggio di essere altamente selettiva, ecosostenibile e qualitativa. L’assoluta integrità fisica della conchiglia e del corpo, la maggior vitalità e l’assenza di sabbia all’interno del mollusco sono le principali caratteristiche che contraddistinguono questa particolare metodica di pesca e di apprezzamento per il consumatore.
Tradizionalità
La pesca dei mussoli, di vecchissima tradizione, era improntata attraverso brevi strascicate con un attrezzo specifico “ il mussoler”, rastrello metallico munito di sacco terminale in rete. Per decenni importantissima fonte di reddito per molti pescatori triestini, la pesca del mussolo ha subito una drastica diminuzione alla fine degli anni cinquanta quando, a causa di una improvvisa malattia, l’imponente stock di molluschi presente nell’Alto Adriatico fu decimato. Negli anni sessanta, seppure con risultati sempre più scarsi, la pesca del mussolo proseguì, fino ad esaurire i pochi banchi rimasti. L’ultimo mussoler in esercizio cessò l’attività nel 1967.
Da allora l’unica forma di pesca del prelibato mollusco, tanto caro ai triestini, è rimasta quella della raccolta a mano ad opera di palombari prima e pescatori subacquei in seguito. Come spesso succede in alcuni settori, economicamente marginali e/o non ritenuti sufficientemente importanti dalla società, l’interesse degli studiosi e ricercatori storici sono inesistenti o molto limitati.
Alcuni cenni storici e fotografie delle fasi di pesca, commercializzazione e consumo dei mussoli a Trieste sono reperibili presso il Civico Museo del Mare di Trieste nonché da alcuni siti internet: www.triesterivista.it/cultura/austria/mercati.htm
Un cenno bibliografico sulla presenza costante dei mussoli al locale mercato ittico di Trieste si può trovare sulla pubblicazione “ Golfo di Trieste e dintorni: pesca, acquacultura e curiosità dei tempi andati” edito dalla Azienda ARIES della Camera di Commercio di Trieste.
Territorio: Tutto il territorio marino del Friuli Venezia Giulia in corrispondenza di fondali rocciosi e/o con presenza di pietrame e substrati solidi.
Distillato di Pere PAT Friuli Venezia Giulia
Negli ultimi 50 anni il sidro di pere si fa raramente e si usa distillare tutta la massa fermentata derivante dalla macinazione delle pere. In questo modo si ottiene un prodotto con una tipicità molto meno aggressiva, dal gusto più equlibrato, morbido e armonico.materiali, attrezzature usate per la preparazione e condizionamento
Pindulis PAT Friuli Venezia Giulia
Storicamente comunque l’allevamento delle specie ovicaprine era molto diffuso in Valle e tale metodo di conservazione della carne veniva regolarmente utilizzato. E’ riportato riferimento dell’esistenza antica di questo prodotto nel libro di S. Nievo, “La Foresta di Tarvisio”, A. Pizzi Spa Cinisello Balsamo 1986 (pag. 195 rif. affumicatoio di Malborghetto).