Panettone basso glassato piemontese PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Il panettone basso glassato piemontese è considerato normalmente una derivazione del panettone milanese, almeno per quel che riguarda la composizione della pasta. La forma è però diversa, poiché invece di essere più alto che largo, è esattamente il contrario. Ma la differenza più importante riguarda la presenza di una crosta bruna sulla superficie, che, friabile e dolce dopo la cottura, emana un profumo inconfondibile di nocciola; questa crosta è normalmente decorata con mandorle e granella di zucchero.

Questa differenza lo classifica come un dolce a sé, rivelando come la pasticceria piemontese ancora una volta abbia saputo abbinare l’arte internazionale pasticcera con la ricchezza delle materie prime locali, le nocciole appunto. La forma del panettone basso glassato piemontese è quella di una cupola, circolare, contenuta in un cilindro di carta da forno bruna detta “pirottino”. Si serve a fette dopo aver tolto il pirottino, e si consuma tal quale accompagnato da un bicchiere di moscato dolce o da vino passito, o con zabaione, o panna montata, oppure, “passate le feste”, inzuppato nel latte della colazione.

Prodotto versatile, quindi, ma rigorosamente abbinato alle feste natalizie. Infatti si può considerare il prodotto di ricorrenza più comune. La preparazione del panettone è disciplinata da norme specifiche, le quali consentono l’aggiunta della glassatura caratteristica del panettone piemontese.

Le componenti della ricetta base prevedono: farina di frumento, burro, zucchero, uova di gallina di categoria “A” o tuorlo d’uovo, uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al venti per cento, lievito naturale costituito da pasta acida, sale. È poi possibile aggiungere: latte e derivati, miele, malto, burro di cacao, zuccheri e lievito compresso;

Caratteristiche

  • Consistenza: morbida, spugnosa, alveolatura grande e irregolare. La glassa è friabile e secca.
  • Odore: gradevolissimo di biscotto, burro e nocciola, deciso e persistente; sullo sfondo note agrumate.
  • Colore: esternamente bruno, internamente di colore tipico giallo luminoso, dipendente dalla quantità di uova impiegate. Completano irregolarmente il colore il marrone dell’uva passa e l’arancio dei canditi. Tradizionalmente si notano alcuni pezzi verdi di cedro candito.
  • Sapore: dolce, ricco e caratteristico, prevalente di burro e uova, con retrogusti agrumati. La glassa nettamente di nocciola.
  • Dimensioni: varie pezzature di uguale forma. Normalmente le pezzature più comuni in commercio sono di 500, 750, 900, 1000 g. Molti producono pezzature superiori, da 1,5 – 2 – 4 – 5 e anche 10 kg.

Metodiche di lavorazione

Il metodo descritto in seguito è ormai considerato il “metodo piemontese”, che si è differenziato nel tempo da quello “veneto”, soprattutto per l’uso esclusivo di lievito madre, senza l’ausilio del lievito compresso. Esistono sistemi più veloci di produrre, ma si ricorda che la lentezza della produzione (e delle
lievitazioni) sono quelle che rendono il prodotto finito migliore,

LIEVITO

Tutto comincia con la produzione dello lievito, vero cuore della lavorazione del panettone. La lievitazione naturale è l’unica che conferisce al prodotto finito le caratteristiche di profumo e sapore che rendono un prodotto gradevole, ed un lievito naturale è difficile da gestire e da preparare. La produzione del lievito è forse la più difficile di tutta la catena produttiva, perché non solo se lo lievito non “funziona” il profumo e il sapore sono compromessi, ma anche lo sviluppo del prodotto in forno, la conservazione, tutto, insomma, viene compromesso se lo lievito non è preparato secondo i più rigidi criteri.

Il lievito madre proviene dalla lavorazione del giorno precedente, ed ogni giorno si conserva un pezzo della nuova lavorazione per il giorno successivo. Si prepara impastando la madre con acqua e farina e lasciando riposare a temperatura di circa 30 °C l’impasto. Dopo un po’ di tempo i saccaromiceti presenti nella madre, date le ottime condizioni per l’accrescimento, si moltiplicano enormemente, e creano una massa morbida e dall’odore caratteristico. Questo costituisce i lievito madre del giorno, che dopo alcune ore (normalmente 4) viene reimpastato con acqua e farina per aumentarne la massa. Ognuna di queste operazioni costituisce un “rinfresco”.

Dopo alcune ore in cui lo lievito è mantenuto a temperatura di circa 30°C si esegue un nuovo rinfresco e dopo circa 24 ore, per le lavorazioni più lente, abbiamo una massa che può essere utilizzata nell’impasto per i panettoni. Questo lievito è aggiunto all’impasto come un qualsiasi ingrediente. Il lievito si miscela con parte del burro, farina, zucchero e uovo, preferibilmente tuorlo, e si impasta.

IMPASTO

L’impasto ha lo scopo di miscelare gli ingredienti e di inglobare aria per aumentare il volume della massa. Le impastatrici più usate sono quelle a spirale o a braccia tuffanti. Si lascia lievitare l’impasto tutta la notte a condizioni di temperatura e umidità controllate. Questo costituisce la prima lievitazione ed è chiamato “impasto della sera” Al mattino la massa è vellutata, densa e corposa, di odore gradevole e di colore giallo più o meno scuro. Questa massa si impasta con gli altri ingredienti, cioè il resto di burro, farina, uova e zucchero. Dopo l’impasto,come ultima cosa, si aggiungono l’uva passa e i canditi.

SPEZZATURA E ARROTOLAMENTO

Dopo un breve impasto della massa con la frutta. La pasta “finita “ deve essere nell’ordine: spezzata, arrotolata su se stessa a forma di palla, lasciata riposare (puntatura), eventualmente riarrotolata e quindi messa nel pirottino. Il prodotto è ora messo nuovamente a lievitare e dopo alcune ore (6-8) si può disporre per la glassatura.

GLASSATURA

A questo punto si esegue la glassatura. La glassa si prepara a parte con zucchero, albume e nocciole raffinate (passate tra grandi cilindri di pietra). Viene miscelata in planetaria o in impastatrice. Come aromatizzante si può usare vaniglia, possibilmente naturale. Una glassa, dopo la produzione, deve riposare almeno un giorno. Sulla glassa si lasciano poi cadere alcune mandorle intere o a scaglie. normalmente la glassa è anche cosparsa di granella di zucchero.

COTTURA

I panettoni sono immediatamente messi in forno dove rimangono circa 1 ora o più, a seconda dei formati. Le temperature di esercizio variano a seconda del formato e del tipo di prodotto, ma oscillano tra i 160 e 220 °C. I forni possono essere statici o continui (forni a tunnel) e in ogni caso il riscaldamento è a più stadi. All’uscita dal forno il prodotto vive un momento delicato, perché potrebbe abbassarsi al centro, data la delicatezza che è conferita al prodotto dalla lievitazione naturale, bisogna quindi rovesciarlo e appenderlo rovesciato, e così lasciarlo raffreddare così. Il raffreddamento naturale deve durare almeno 6 o 7 ore dopodiché il “panettone basso glassato piemontese” è così terminato e può essere confezionato.

ZONA DI PRODUZIONE

Si produce in tutto il Piemonte

TRADIZIONALITÀ

Nel 1548, Ortensio Lando scrisse che Cerere insegnò all’uomo a fare il pane, e una certa Carmilia vi aggiunse il lievito. In seguito un fantomatico egiziano, Papinio Egizio, al pane fermentato aggiunse “l’aniso e il burro per farlo più delizioso”. Fino qui siamo nel campo della più pura leggenda Nel 1831 il panettone con frutta secca è presente nel “Supplimento Ad Ogni Dizionario Italiano-Tedesco E Tedesco-Italiano” di Vurtzberg.

Nel 1876, nell’appendice al “Vocabolario Italiano Della Lingua Parlata” di Giuseppe Rigutini si definisce il panettone con la postilla”lo fanno bene a Milano”. La prima codifica di un impasto in tre fasi compare soltanto nel “Re Dei Cuochi” di Giovanni Nelli, 1868. Queste, ed altre possibili citazioni, ad attestare la antica origine del panettone, e soprattutto della sua origine lombarda.

Il Piemonte è un interprete importante della produzione di questo dolce, e l’attitudine alla conservazione delle tradizioni contribuisce a mantenere, ancora oggi, la ricetta e la metodica produttiva nei canali della tradizionalità e dell’uso del lievito madre come ingrediente principale del prodotto. Ma l’origine del panettone basso glassato piemontese data al 1922, rivendicata della azienda Pinerolese Pietro Ferrua, che su involontario suggerimento di un amico artista, subito recepito dalla moglie Regina, lo chiama “galup”, che in piemontese significa “goloso”. Questo diventerà poi il nome della azienda di famiglia.

Le aziende che producono il panettone basso, con la fragrante crema di nocciole cotta sulla superficie sono ormai molte, soprattutto nel cuneese ed a Torino e provincia, senza dimenticare la grandissima quantità di artigiani che nel periodo natalizio preparano il proprio singolare prodotto. Lo sviluppo di questo particolare dolce, che sposa la ricchezza della pasta con la fragranza del gusto delle nocciole piemontesi è sempre cresciuto all’interno della gamma dei lievitati di ricorrenza, ed ora sono moltissime le aziende e gli artigiani che lo propongono anche al di fuori dei confini piemontesi e italiani.

Bibliografia

  • Giancarlo Ricatto (a cura di), I Dolci e Le Confetture Piemontesi, Artistica Piemontese, 2003
  • Giuseppe Lo Russo (a cura di), Dolce Natale, Panettone e Pandoro: Una Tradizione Italiana, Alinari, 2004
  • Mario Marsero, Dolci delizie subalpine, Anteprima, 2004, pag.131
  • Giuseppe Nicola, Appunti del seminario di tecnologia dei prodotti lievitati, Facoltà di Agraria, Università di Torino

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