La storia
Il Parco Nazionale delle Cinque Terre, la più piccola e densamente popolata delle Aree Protette Nazionali, tutela un territorio in cui i segni della presenza dell’uomo non sono semplicemente evidenti ma rappresentano l’identità stessa di un paesaggio inconfondibile e unico, un “paesaggio cuturale” inserito dall’Unesco tra i siti ritenuti Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Le prime tracce di una frequentazione antropica dell’area sono rappresentate da ritrovamenti paleolitici di manufatti in selce e ossa umane nella Grotta dei Colombi, sull’isola di Palmaria che a quel tempo probabilmente era ancora unita alla terraferma.
La forte copertura boschiva, l’abbondanza di selvaggina, la presenza di ripari rocciosi, rendevano questo territorio particolarmente vocato per la caccia, come testimoniato dal rinvenimento di asce levigate e altri strumenti funzionali all’uccisione di animali, ascrivibili al Neolitico.
Funzione e datazione incerta hanno invece i mehnir rinvenuti nella zona di Campiglia Tramonti, nelle vicinanze dell’attuale Cappella di Sant’Antonio.
Durante l’Età del Bronzo, come in altre zone della Liguria, si impose una organizzazione territoriale detta pagense, poiché i primordiali nuclei abitati si riunivano in circoscrizioni dette pagi che facevano capo a specifici castellari, strutture con funzione prevalentemente difensiva.
I piccoli centri delle Cinque Terre facevano riferimento a una fortificazione posizionata sul monte Castellaro, che dominava il passaggio nella Valle di Pignone.
La colonizzazione romana avvenne lentamente, a causa della strenua resistenza delle popolazioni indigene, come riportato in molte cronache militari.
Una presenza di maggiore significato si verificò a partire dall’età Augustea, allorché alcuni nuclei di Liguri che vivevano sulle colline si unirono ai Romani, provenienti dalla vicina Val di Magra, e fondarono alcuni insediamenti lungo la fascia costiera.
Anche l’origine latina di molti toponimi – quali ad esempio Corniglia, fondo di Cornelio; Riomaggiore, rivus maior; Monterosso, mons ruber – lascia immaginare una frequentazione progressivamente più assidua dei Romani ed un utilizzo crescente delle vie di comunicazione.
Ma è nel Medioevo che l’area delle Cinque Terre divenne stabilmente abitata e assunse i connotati urbanistici tuttora visibili. Nell’XI secolo nuclei provenienti dalla Val di Vara si stabilirono definitivamente lungo la costa, ormai non più soggetta alle incursioni dei Saraceni, che grazie al suo clima mite consentiva la coltivazione di prodotti come l’ulivo e la vite.
Vengono fondati i 5 paesi principali – Monterosso, Vernazza, Corniglia, Riomaggiore e Manarola – e alcuni borghi secondari, tutti inizialmente abitati da agricoltori.
Fu solo in un secondo momento che gli abitanti di queste zone guardarono al mare – prima come via di comunicazione e poi come possibile fonte di sostentamento – dedicandosi alla pesca e al lavoro nei campi a seconda delle stagioni. Fonti documentali testimoniano che già pochi anni dopo, nel 1170, una galera di Vernazza partecipò a fianco di Genova alla guerra contro i Pisani.
È dunque a partire dall’XI secolo che iniziò la monumentale opera di trasformazione del territorio da parte dell’uomo, che progressivamente eliminò la vegetazione naturale creando aree coltivabili piane laddove prima vi erano pendici scoscese.
Nacque allora il sistema dei terrazzamenti e dei muretti a secco, elemento identitario che ha reso il paesaggio delle Cinque Terre famoso in tutto il mondo.
Tutto venne realizzato con le sole materie prime reperibili sul posto. Per i muretti venne utilizzata l’arenaria, estratta dal terreno e spezzata quando di dimensioni troppo grandi.
La terra veniva setacciata e accumulata nelle terrazze, sopra ad uno strato di vegetazione interrata al fine di rendere il suolo più ricco. Si ottenevano così delle strisce pianeggianti, chiamate localmente ciàn, sorrette dai muretti a secco, dove si iniziò a coltivare agrumi, ulivo e soprattutto vite.
Come detto, la crescente antropizzazione determinò la fondazione dei borghi, in luogo dei più antichi abitati di mezzacosta.
Monterosso è il centro più occidentale delle Cinque Terre, situato in una conca affacciata levante di punta Mesco, chiusa da una serie di colli degradanti verso il mare. Fondato nell’XI secolo da genti scese dalle pendici del Soviore, dove si erano rifugiati nel VII secolo gli abitanti di Albareto durante l’invasione di Rotari, Monterosso fu feudo degli Obertenghi e dei Da Passano.
Nel 1276 passò a Genova, che provvide alla fortificazione. L’abitato è composto da due nuclei prospicienti il litorale: Fegina e Monterosso. Quest’ultimo, l’insediamento più antico, ha in parte mantenuto le caratteristiche di borgo a struttura lineare localizzato lungo il torrente Buranco, oggi coperto.
Vernazza fu fondata attorno al Mille dagli abitanti di un nucleo localizzato presso l’attuale frazione di Reggio. Acquisì rapidamente forti tradizioni marinare, nel 1276 venne ceduta dai Fieschi alla
Repubblica di Genova, che la dotò di fortificazioni e di un porto.
Sviluppata lungo il torrente Vernazzola, mostra un tessuto urbano integro, articolato in vicoli collegati da ripide scalinate e brevi percorsi trasversali. La presenza di elementi architettonici di pregio, quali logge, porticati e portali, è testimone della ricchezza e del tenore di vita elevato, rispetto ai luoghi limitrofi, che a lungo interessò questa cittadina.
Corniglia, frazione di Vernazza, forse di fondazione romana, durante il Medioevo fece parte dei domini dei conti di Lavagna e poi dei signori di Carpena.
Nel 1254 Papa Innocenzo IV la cedette a Nicolò Fieschi, che ne rimase in possesso fino al 1276, allorché il borgo passò sotto il dominio di Genova.
In diverse zone sono ancora visibili tracce di costruzioni medievali. La torre fu invece edificata nel XVI secolo con la funzione di presidio difensivo contro le incursioni saracene.
Riomaggiore ha un’origine antecedente al Medioevo, essendo stata fondata nell’VIII secolo da un un gruppo di profughi greci sfuggiti alla persecuzione di Leone III.
Le prime notizie storiche certe riguardano il suo passaggio dai Fieschi alla Repubblica di Genova (1276). L’abitato presenta una struttura urbana organizzata secondo percorsi approssimativamente ortogonali all’asse principale.
Le abitazioni sono dislocate seguendo le curve di livello del terreno; quelle più antiche sono realizzate col modello della “Casa Torre”.
Manarola, frazione di Riomaggiore, fu fondata alla fine del XII secolo dagli abitanti di un antico nucleo di mezzacosta nei pressi di Volastra. Si sviluppa lungo il tratto terminale del torrente Groppo, attualmente coperto, intorno al quale si distribuiscono una serie di antiche Case Torri, oggi abitazioni varopinte.
Anche Manarola nel 1276 passò dai Fieschi alla Repubblica di Genova, che
dotò il borgo di una fortificazione difensiva, intorno alla quale nel corso degli anni si è sviluppato il nucleo centrale del paese.
Nei secoli successivi gli abitanti delle Cinque Terre continuarono a dedicarsi ienamente all’attività agricola. Nel corso degli anni l’area terrazzata raggiunse dimensioni considerevoli, occupando i versanti fino ad una quota di 500 m.
Questo risultato fu però ottenuto a costo di enormi sacrifici da parte dei contadini, in un contesto in cui le condizioni ambientali rendevano sempre estremamente faticose la creazione e la conservazione delle superfici coltivate.
A partire dalla seconda metà del XVI secolo iniziò una fase di stagnazione dell’economia e poi di lento declino. In epoche recenti l’impossibilità di meccanizzare alcuni processi di produzione agricola e di introdurre altre innovazioni tecnologiche funzionali a rendere più agevole il lavoro dei campi, contribuirono ad acuire il fenomeno – comune ad altre aree d’Italia – della rinuncia all’attività agricola. Gli abitanti delle Cinque Terre iniziarono ad allontanarsi dai propri luoghi e ad emigrare; il conseguente abbandono del territorio innescò preoccupanti fenomeni di degrado paesaggistico.
Questo andamento è stato interrotto dal progressivo interesse turistico suscitato dall’area e dalla conseguente nascita di nuove attività, iniziata nella seconda metà del XX secolo, e successivamente dall’istituzione del Parco, la cui azione è stata finalizzata alla tutela della natura e del paesaggio anche attraverso la creazione di condizioni socieconomiche tali da consentire una presidio costante del territorio da parte dell’uomo.
I BENI
LA CHIESA PREROMANICA DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DI SOVIORE (MONTEROSSO)
Questo magnifico complesso religioso sorge in posizione isolata e panoramica – dominando l’arco costiero sottostante – sul pendio del Monte Soviore, in una zona di confluenza di antichi percorsi, probabilmente di origine romana. Secondo la leggenda e le tradizioni orali, il luogo sarebbe da identificare con l’antico centro ligure–romano di “Alabreto”, nel versante di Pignone, distrutto da Rotari nel 643, nel corso della conquista longobarda della Maritima Italorum.
I primi documenti relativi all’edificio di culto, attestanti numerosi lasciti alla chiesa da parte dei fedeli, risalgono al XIII secolo. Ciononostante la tradizione orale e l’antichità del culto, nonché le scoperte archeologiche nel territorio circostante, rendono probabile l’esistenza di una precedente struttura a carattere religioso.
Della fase duecentesca restano la facciata, con portale ad arco ogivale, ed il campanile. L’interno è stato profondamente modificato nel corso del XVIII secolo. Attigue al santuario sono le stanze dei pellegrini, odierna foresteria, caratterizzate da portici. L’analisi delle murature e gli scrostamenti effettuati di recente hanno denunciato un’origine medievale di parte del complesso destinato all’accoglienza, in aderenza con le fonti che testimoniano pellegrinaggi a Soviore da tutta la Liguria già in antica data.
LA CHIESA DI S. GIOVANNI BATTISTA (RIOMAGGIORE)
Situata nella parte alta del borgo, fu costruita nel 1340 con licenza del vescovo di Luni. La facciata della struttura venne rifatta nel 1870 in stile neogotico, mantenendo l’originale rosone.
All’interno, articolato in tre navate divise con archi ogivali, si conserva una tela di D. Fasella con la Predicazione del Battista, un crocifisso ligneo di A. M. Maragliano e un magnifico organo meccanico Agati. Seguendo il fianco della chiesa si scende all’”Oratorio dei Disciplinati” del XVI secolo, al cui interno si trova il trittico quattrocentesco della “Madonna col Bambino fra i SS. Giovanni e Domenico”.
LA CHIESA DELLA NATIVITÀ DI MARIA VERGINE (MANAROLA)
L’edificio fu realizzato nel 1338 – come attesta la lapide posta sulla parte destra della facciata a monte dell’abitato di Manarola, in posizione dominante.
La struttura – in stile gotico ligure, probabilmente opera dei Maestri Antelami – presenta una facciata semplice, con rosone a colonnine e trafori di diverso disegno sotto il quale si apre il portale ogivale a decorazioni trecentesche, e una pianta basilicale articolata in tre navate. All’interno, pesantemente ristrutturato in epoca barocca, si conservano: un crocifisso dipinto della seconda metà del XV secolo, un tabernacolo marmoreo rinascimentale e, dietro l’altare maggiore, un polittico del XV secolo con Madonna e Santi.
Fonte @ Ministero dell’Ambiente