Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Gli ambienti di fondovalle e montani delle valli piemontesi ospitano numerose specie spontanee e presentano una lunga tradizione nella raccolta e commercializzazione di piante officinali. Tali attività proseguirono con una certa intensità sino alla fine degli anni ’80.
Le Piante officinali comprendono diverse specie; se ne descrivono sinteticamente le più note e diffuse.
Specie erbacee
Arnica (Arnica montana L.), i cui scapi fiorali in fase di piena fioritura venivano utilizzati in farmacia, cosmesi e liquoristica.
Assenzio gentile (Artemisia pontica L.), pianta spontanea delle zone di fondovalle, raccolta in fase di piena fioritura ed utilizzata principalmente per l’industria liquoristica.
Camomilla comune (Matricaria chamomilla L.), pianta spontanea delle aree di fondovalle utilizzata per scopi farmaceutici e cosmetici.
Colchico (Colchicum autumnale L.) fiore spontaneo dei prati umidi delle aree di media – alta montagna raccolto in piena fioritura. I semi erano utilizzati in farmacopea.
Genziana maggiore (Gentiana lutea L.), utilizzata in liquoristica e per la preparazione di infusi.
Genzianella (Gentiana acaulis L.), utilizzata sia in medicina come depuratore sia per la produzione di amari.
Iperico (Hypericum perforatum L.), pianta spontanea delle aree incolte e soleggiate di media valle veniva utilizzato, dopo la fase di essicazione, in farmacia e nella medicina popolare.
Lavanda (Lavandula angustifolia Mill.), tipica delle aree soleggiate trova diffusione su terreni sciolti, ricchi in scheletro ed a reazione alcalina. Gli scapi fiorali, tagliati in fase di piena fioritura, venivano sottoposti a distillazione per estrarne l’olio essenziale, usato sia in farmacopea che nell’industria alimentare come aromatizzante.
Genepy (Artemisia genipi Weber; Artemisia glacialis L.; Artemisia umbelliformis Lam.). In piena estate si esploravano, con successo, le pendici rocciose delle aree alpine a quote superiori ai 2.000 /2.500 metri effettuando il taglio degli scapi fiorali in fase di piena antesi. Fiori e steli essiccati venivano utilizzati nell’industria liquoristica; la tradizione locale, ancora oggi presente, prevedeva un utilizzo generalizzato di questa specie anche per la preparazione di liquori ed infusi a livello famigliare.
Specie arboree
Ginepro (Juniperus communis L.), pianta presente nelle aree declivi e ben soleggiate delle valli cuneesi; le bacche e gli estratti erano utilizzati in ambito farmaceutico.
Maggiocondolo (Cytisus laburnum L.), pianta spontanea diffusa su suoli calcarei e soleggiati.
Lampone spontaneo (Rubus ideaus L.), molto ricercato dall’industria liquoristica.
Mirtillo nero (Vaccinium myrtillus L.), pianta particolarmente diffusa sui pascoli soleggiati della media e alta valle in particolare su suoli a reazione acida. Le bacche di mirtillo venivano destinate sia al consumo fresco che all’utilizzo farmaceutico. La spiccata biodiversità che caratterizza questi ambienti montani consentiva, inoltre, la raccolta di fiori essiccati (utilizzati in farmaceutica e cosmesi) e bacche di Sambuco nero (Sambucus nigra L.).
Le diverse piante venivano raccolte manualmente nelle diverse stagioni; il prodotto veniva sottoposto ad essiccatura adottando tecniche tradizionali, posizionando parti di pianta su graticci in ambiente ventilato e al riparo dalla luce diretta del sole (per non alterare la colorazione dei tessuti vegetali). Giunte al corretto grado di disidratazione le piante venivano lavorate (sbrollatura, taglio tisana, frantumazione) e destinate ai diversi impieghi industriali. Il prodotto veniva destinato alle industrie del nord Italia e, in minima parte, esportato in Francia. L’integrazione di reddito ottenuta da questa raccolta di materiale spontaneo era rilevante in particolare per molti operatori agricoli che nei mesi estivi si dedicavano all’alpeggio in quota.
La coltivazione delle piante officinali
Le disposizioni di legge emanate negli ultimi decenni a livello nazionale e locale – finalizzate alla salvaguardia della biodiversità nei territori alpini – hanno limitato l’attività di raccolta spontanea, favorendo piuttosto la coltivazione di specie officinali. In particolare in alta quota (oltre i 1.800 m s.l.m.) si coltiva il Genepy, i cui steli vengono utilizzati nell’industria liquoristica. Gli appezzamenti sorgono in genere su terreni in zone fertili, sciolti, in assenza di ristagni idrici e ben esposti. Le giovani piante, ottenute in vivai aziendali o prodotte presso vivai specializzati della zona, sono messe a dimora su terreno ben sminuzzato a fine primavera. Per contenere lo sviluppo di infestanti e ridurre gli interventi di scerbatura manuale, si adottano talvolta teli di pacciamatura. Le piante vengono disposte su file attigue a
distanze di 25-30 cm tra le file e 20-25 cm sulla fila. L’impianto, in assenza di malattie fungine particolarmente aggressive a livello di apparato radicale ed al colletto, rimane produttivo per alcuni anni consentendo all’operatore di ammortizzarne i costi. Il taglio degli steli in fase di piena fioritura viene effettuato manualmente; il prodotto ottenuto viene poi sottoposto ad essicazione e, successivamente, inviato sui canali commerciali o utilizzato direttamente dall’azienda trasformatrice per la preparazione di infusi e liquori.
Per la maggior parte delle essenze officinali è noto un “tempo balsamico” ovvero il periodo in cui il valore quali-quantitativo dei componenti della pianta risulta massimo. In generale: per le foglie in fase di pieno sviluppo, per i fiori ad antesi completa, per i frutti e semi a piena maturità, per i rizomi in fase di riposo vegetativo della pianta.
Le specie oggi coltivate
− Camomilla (Matricaria chamomilla L.). Se ne raccolgono le infiorescenze, che vengono poi sottoposte ad essicazione e alla separazione della parte centrale del fiore dai petali essiccati.
− Dragoncello o Estragone (Artemisia dracunculus L.). Molto utilizzata per insaporire la carne alla griglia, pesci, uova ed altre pietanze.
− Maggiorana (Origanum majorana L.). Dall’aroma simile a quello dell’origano, benché molto più dolce. È utilizzata per insaporire carni, pesce, verdure e per la preparazione di infusi.
− Origano bianco (Origanum onites L.). Pianta spontanea degli areali alpini ben esposti e soleggiati, utilizzata in cucina per insaporire numerosi piatti.
− Peperoncino piccante (Capsicuum annuum L.). Viene coltivato su terreni molto soleggiati per accentuarne le caratteristiche. È utilizzato come spezia in gastronomia.
− Prezzemolo (Petroselinum hortense L.). Pianta erbacea diffusa in molti ambienti di produzione, migliora significativamente il contenuto aromatico quando viene coltivata in ambienti pedemontani. Il prodotto fresco, triturato finemente, accompagna ed insaporisce numerosi piatti della tradizionale cucina piemontese.
− Rosmarino (Rosmarinus officinalis L.). Pianta presente in molte aree pedemontane; predilige terreni ben esposti, privi di ristagni idrici. Le foglie essiccate sono utilizzate in cucina come aromatizzante.
− Salvia (Salvia officinalis L.). Se ne utilizzano le foglie nella cucina per aromatizzare i cibi e favorirne la digestione. La salvia viene inoltre utilizzata per la preparazione di condimenti per pasta e per preparare i sughi.
− Santorreggia o Erba Cerea (Santureja montana L.). Le foglie, molto aromatiche, sono utilizzate per insaporire piatti di carne, pesce e legumi. Le parti fiorite sono altresì utilizzate per la preparazione di infusi.
− Timo (Thymus vulgaris L.). Pianta diffusa anche a livello spontaneo nelle aree soleggiate alpine. Di questa essenza vengono utilizzate le foglie come aromatizzante nella cucina.
− Zafferano (Crocus sativus L.). In questi ultimi anni sono state avviate alcune esperienze di coltivazione di zafferano sulla collina caragliese. Riprendendo una tradizione colturale che risale al medioevo sono stati effettuati alcuni impianti destinati sia all’autoconsumo che alla vendita su mercati locali.
È tuttavia ancora oggi diffusa la raccolta di parti di piante officinali spontanee, quali: Sambuco fiori, Sambuco bacche, bacche di ginepro, fiore di Iperico, Lavanda spontanea, etc. Per conservare nelle condizioni ottimali il prodotto è necessario sottoporre il materiale vegetale a trattamenti di disidratazione subito dopo la raccolta al fine di evitare sgraditi processi fermentativi dovuti all’attività enzimatica.
L’essicamento delle parti di pianta raccolte deve quindi avvenire nel più breve tempo possibile; per raggiungere questi obiettivi le parti raccolte vengono oggi poste su graticci o telai in ambienti ventilati e al riparo dalla luce diretta del sole. In alcune aziende la fase di essicazione si effettua ricorrendo a sistemi di ventilazione forzata.
ZONA DI PRODUZIONE
Le erbe officinali sono prodotte diffusamente in tutto il Piemonte.
TRADIZIONALITÀ
Le vallate piemontesi ospitano numerose e abbondanti essenze spontanee, divenute poi nel tempo oggetto di coltivazione. Le piante officinali rappresentavano una interessante integrazione di reddito per molti agricoltori che, a cavallo tra la fine della primavera e l’estate, operavano in zona sia con l’allevamento bovino che con la pastorizia.
Per quanto riguarda lo zafferano – denominato localmente Sofran – le prime esperienze di coltivazione risalgono al medioevo, nel territorio del marchesato di Saluzzo dove ricadevano i territori della Valle Grana e delle Valle Maira (Fedele Savio, Ferdinando Gabotto – Studi e documenti sul duomo di Saluzzo e altre chiese). La testimonianza più precisa è la premiazione – nell’ambito della “Prima esposizione agraria, industriale, artistica delle provincia di Cuneo” – del caragliese Delpuy Antonio per la coltivazione dello zafferano a Caraglio, nel 1870.
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 dello scorso secolo, grazie anche all’attività del Centro Sperimentale per le piante Officinali promosso dalla CCIAA di Cuneo, furono messi a dimora i primi impianti produttivi di genepy, melissa, lavanda in alcuni areali alpini del Piemonte. Le attività del Centro presero in esame alcuni parametri agronomici delle colture e fornirono preziose linee guida ai produttori.
In questi ultimi anni si è evidenziato un significativo incremento di interesse verso queste colture, in particolare per le situazioni montane gestite secondo i principi del Biologico. L’incremento della domanda ha creato crescente specializzazione tra gli operatori, oltre alla diffusione di pratiche innovative di trasformazione e lavorazione.
Nel 2005 è ripresa anche la coltivazione dello zafferano nelle aree di fondovalle (perlopiù Caraglio e Bernezzo). Inoltre, per quanto riguarda il genepy, è attiva sul territorio l’Associazione per la tutela e la valorizzazione del genepy delle valli occitane piemontesi, cui aderiscono una decina tra coltivatori (concentrati principalmente tra le due vallate cuneesi) e trasformatori piemontesi. L’Associazione è nata con l’intento di fornire supporto tecnico e scientifico ai coltivatori, attraverso la condivisione di disciplinari di produzione e la messa a punto di tecniche di stagionatura e produzione del liquore efficaci. Inoltre l’Associazione si occupa della promozione e della valorizzazione del prodotto locale.
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