Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Le praline cri-cri, anche dette impropriamente caramelle cri-cri, sono dei dolci sferici composti da una nocciola intera tostata, ricoperta da uno spesso strato di cioccolato fondente e rivestita con un velo sottile di mompariglia, termine tecnico per definire minuscole sferette di zucchero. La mompariglia può essere colorata o bianca.
L’immagine che ricorre nei consumatori, però, riguarda soprattutto l’incarto; l’aspetto più caratteristico di questi dolci è proprio l’essere incartati come se fossero una grande caramella. La carta che li avvolge è variopinta, con molteplici colori brillanti e accesi, chiusa in un doppio fiocco dai bordi frastagliati a completare l’aspetto “festoso”. I “cri-cri” sono di solito esposti sciolti in grandi cesti e colpiscono proprio
per l’aspetto multicolore e gioioso.
Proprio la carta colorata e il caratteristico doppio fiocco frangiato, più della forma del dolce, li rendono caratteristici e riconoscibili, praticamente inconfondibili. Queste praline sono associate alle feste natalizie o al carnevale, soprattutto perché, come per molti prodotti della cioccolateria, da settembre a maggio per motivi climatici se ne concentra la lavorazione.
Questo prodotto è stato di gran voga a Torino in piena belle epoque, a cavallo tra ‘800 e ‘900, quando sono nate e, un po’ prosaicamente, richiamavano i vestiti delle dame di allora. All’inizio del ‘900 erano moltissime le aziende dolciarie che producevano questo prodotto. Il declino comincia attorno agli anni ‘70, e porta quasi alla scomparsa del prodotto; dagli anni ‘90 alcune aziende hanno cominciato a riproporlo, senza la copertura colorata ma con la copertura in mompariglia. Sul mercato si trovano prodotti molto omogenei per composizione e forma. I “cri-cri” riassumono per composizione e fattura i capisaldi dell’arte confettiera torinese, con l’uso della nocciola piemontese, del cioccolato applicato per “bassinatura” e il vezzoso uso della copertura di sferette di zucchero.
Caratteristiche
- Consistenza: friabile, compatta e croccante, caratteristico l’effetto alla masticazione della copertura di zucchero in perline.
- Odore: di nocciola tostata e cacao.
- Colore: in genere bianco-zucchero, alcuni tipi sono fatti con mompariglia colorata. Internamente cioccolato.
- Sapore: cioccolato e nocciola.
- Dimensioni: sferette di 2-2,2 cm di diametro; peso medio circa 7-8 g.
Metodiche di lavorazione
Per la preparazione si usano nocciole intere tostate piemontesi, che con un processo tipico della confetteria, la “bassinatura”, sono ricoperte di cioccolato fondente. in seguito la pralina si ricopre di mompariglia. Sul peso totale la nocciola incide per circa un terzo, mentre lo strato di cioccolato è più abbondante. Il procedimento inizia con la tostatura in forno delle nocciole, procedimento delicato soprattutto perché se troppo prolungato porta a sapori amari, e se troppo breve può non garantire una buona conservazione nel tempo della nocciola stessa, che costituisce il cuore del prodotto. Alle nocciole tostate si leva la pellicina normalmente utilizzando un setaccio.
Le nocciole tostate sono poi messe nella bassina insieme a cioccolato fuso, cacao e l’estratto di vaniglia La bassinatura consiste nel porre le nocciole tostate in vasche rotative di forma vagamente sferica in cui è presente il cioccolato. Durante la rotazione della bassina la nocciola si ricopre di uno strato sempre maggiore di cioccolato.
La rifinitura con mompariglia di zucchero (minuscole perle di zucchero che possono essere colorate e aromatizzate) si fa alla fine della lavorazione. Il prodotto è attualmente incartato meccanicamente in materiale accoppiato carta/alluminio per alimenti, si forma il doppio fiocco che ricorda l’incarto classico delle caramelle, e la stessa macchina che forma il fiocco frastaglia le due estremità. L’incarto si esegue in almeno sei colori differenti.
ZONA DI PRODUZIONE
Le praline cri-cri sono prodotte a Torino.
TRADIZIONALITÀ
Torino è sicuramente un luogo dove la cioccolateria ha avuto uno sviluppo tale da farla considerare la capitale europea di tale arte. Le origini delle praline cri-cri sono, come per tutti i prodotti entrati nel mito, molto fantasiose e mal documentate. Una di queste tradizioni narra che la prima pralina sia stata inventata per caso da un garzone di pasticceria per mascherare ricoprendola di cioccolato una mandorla caramellata difettosa. In effetti, però, il nome francese “praline” è attribuito come derivante dal suo inventore, il cuoco francese Plessis Praslin (1598-1675).
Sempre secondo la tradizione, sembra che la prima pralina cri-cri sia stata prodotta a Torre Pellice, in valle Pellice, da un confettiere di Pinerolo. Una leggenda vuole anche attribuire una origine romantica al nome di queste praline, per cui “Cri” sarebbe stato un affettuoso diminutivo per indicare una tal signorina Cristina, che, nella Torino di fine secolo, era innamorata del suo “studentino”, amico d’infanzia e vicino di casa.
Per far contenta la sua “Cri”, ogni giorno lui passava dal negozio per comperare qualche pralina ricoperta di zucchero, da regalare poi alla sua amata. La commessa, con riservatezza tutta piemontese, pur non commentando, si limitava a un sorriso complice, da rivolgere al ragazzo ogni volta che s’avvicinava al bancone. “Cri?”, gli domandava, “Cri” rispondeva il ragazzo con un sorriso.
Nonostante, come al solito, non si riesca a risalire ad una origine univoca del prodotto, è certo che ai primi anni del ‘900 moltissime aziende dolciarie avessero questo prodotto nella gamma di vendita (De Coster, Talmone, Caffarel, Moré, ecc…). Queste praline così originali sono state, quindi, di gran voga a Torino in piena belle epoque, a cavallo tra ‘800 e ‘900, quando sono nate da ignota mano e, con visione prosaica, richiamavano i vestiti delle dame di allora.
Il declino comincia attorno agli anni 70, e porta quasi alla scomparsa del prodotto; dagli anni 90 alcune aziende hanno cominciato a riproporlo, senza la copertura colorata ma con la copertura in mompariglia bianca.
Bibliografia
- Mario Marsero, Dolci delizie subalpine, Anteprima, 2004, pag.131
- AAVV, Dizionario Della Garzanti Della Lingua Italiana, 2005
Sola sora o soera PAT
Formaggio di media stagionatura a latte ovino o caprino puro, più raramente prodotto con miscele di latte ovino o caprino e latte vaccino, ed ancora più raramente, anche se ultimamente è più frequente, di puro latte vaccino. Si caseifica sia a latte crudo che a latte pastorizzato. La forma si presenta vagamente parallelepipeda, con una…
Tomino di San Giacomo di Boves PAT
Formaggio a latte vaccino crudo intero, eventualmente miscelato con una percentuale di latte di capra o pecora, da consumarsi fresco, ha una forma cilindrica con scalzo e piatti irregolari. Peso di circa 100 g. Crosta assente, di colore bianco. Pasta umida e morbida, compatta; talora con piccole occhiature. Sapore dolce di latte.
Salsiccia di riso PAT
La salsiccia di riso è detta anche salame bastardo o salame dei poveri. L’impasto contiene riso bollito, cotiche, pancetta, sale, aglio, vino e sangue di maiale.