Tra le novità più rilevanti del regolamento – e di maggiore impatto sull’agricoltura biologica italiana – vanno segnalati:
Il passaggio, per quanto riguarda gli scambi con Paesi terzi, da un regime di equivalenza a un regime di conformità, con l’intento di garantire condizioni di parità a tutti i produttori e assicurare ai consumatori livelli qualitativi analoghi per i prodotti UE ed extra-UE.
A tal proposito, è stato da più parti rilevato, in sede di analisi del provvedimento, come il suo eventuale beneficio economico potrà essere osservato solamente nel lungo periodo: in primo luogo perché sarà necessario del tempo affinché gli organismi di controllo esteri possano comprendere ed adattarsi al nuovo regolamento;
in secondo luogo perché la disposizione prevede un periodo transitorio fino al 2025 durante il quale potrebbe verificarsi un’intensificazione delle importazioni allo scopo di eludere le disposizioni della futura normativa;
CERTIFICAZIONE DI GRUPPO
L’introduzione della certificazione di gruppo, attualmente riservata esclusivamente ai produttori dei paesi in via di sviluppo, con l’obiettivo di rendere più accessibile l’onerosa certificazione biologica per tutte le aziende di dimensioni ridotte e spesso collocate in aree marginali. Per accedere a queste agevolazioni sarà necessario rispondere a requisiti economici o di superficie.
I parametri di superficie prevedono la dimensione massima di 5 ettari di superficie, 0,5 nel caso di serre e 15 nel caso di prati pascoli; i parametri economici prevedono un fatturato di produzione biologica non superiore ai 25.000 euro, output di produzione non superiori ai 15.000 euro o un costo della certificazione che gravi per oltre il 2% del fatturato;
La possibilità di controlli biennali piuttosto che annuali per quelle aziende che hanno rispettato tutti gli standard di produzione nel triennio precedente e dunque presentano una bassa possibilità di non conformità. Questa norma potrebbe comportare una riduzione dei costi legati alla certificazione, ma sicuramente non implicherà riduzioni del carico burocratico a cui sono sottoposte le aziende;
Il riconoscimento della connessione suolo-pianta come principio fondamentale per il mantenimento della fertilità e della biodiversità del suolo. Su questo punto il nuovo regolamento, dopo l’insorgere di forti contrasti tra gli Stati del Nord Europa e gli Stati della zona mediterranea, non ha riconosciuto il metodo di produzione fuori suolo come compatibile con il metodo di produzione biologica.
Tuttavia, agli Stati membri che hanno già autorizzato questa pratica (Danimarca, Svezia e Finlandia) sarà concesso un ulteriore periodo di dieci anni per poter avvalersi di questo metodo, senza possibilità di aggiungere nuove superfici a quelle già certificate come biologiche entro il 28 giugno 2017.
La deroga per l’utilizzo di questo sistema è frutto delle forti pressioni esercitate dai Paesi nordici, caratterizzati da un clima rigido, impossibilitati nella coltivazione di determinate colture e perciò tagliati fuori da una fetta di mercato;