Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Sicilia
Descrizione sintetica del prodotto: Formaggio a pasta filata dalla crosta sottile di colore giallo paglierino tendente al giallo ambrato con l’avanzare della stagionatura. Ha un odore inconfondibile, la pasta è bianca tendente al paglierino, la consistenza è morbida e compatta. Il sapore è dolce e delicato, lievemente acidulo tendente al piccante. Pesa circa 3-4 Kg., si riscontrano comunque anche pesi superiori.
Territorio interessato alla produzione: Ucria, Montalbano Elicona, Basicò, Floresta, Tortorici, Patti, San Piero Patti, Librizzi, Galati Mamertino, Alcara Li Fusi, Roccella Valdemone, Tripi, Mirto, Longi, Castell’Umberto, S. Teodoro, Naso, S. Fratello, Caronia, Cesarò, Capizzi, Mistretta, Santa Domenica Vittoria, Raccuia.
Descrizione delle metodologie di lavorazione, conservazione e stagionatura: Il latte intero di vacca, a volte misto con quello di pecora e/o capra viene cagliato con l’aggiunta di presame di capretto o agnello. La rottura avviene dopo 45 minuti con l’aggiunta di acqua calda per innalzare la temperatura. Con questa
operazione la tuma viene frantumata fino alle dimensioni di un chicco di grano. Dalla cagliata, fatta precipitare sul fondo della tina, viene estratto il siero, quindi tagliata in quattro parti, si pone su un ripiano di legno provvisto di bordi rialzati e gocciolatoio, detto “Tavulieri o mastreddu”. Riposta nella tina viene scottata con il siero bollente residuato dalla preparazione della ricotta. Dopo la scottata la pasta avvolta in un panno viene appesa sopra un panno di legno. Dopo 12-24 ore, inizia la fermentazione acida, che si manifesta con occhiature. La pasta, matura, viene tagliata in strisce di 3-5 cm. di larghezza e 1 cm. di spessore, e riposta in un recipiente detto “Piddiaturi”, si copre con del siero bollente e si lascia rammollire per dieci minuti. Quindi con un grosso bastone a forma di remo, “Manuvedda”, si lavora fino a quando la pasta diventa filante. Tolta dalla tina si pone a cavallo della “Manuvedda”, ove subisce un’ulteriore lavorazione che consente nell’allungare la pasta e rivoltarla su se stessa più volte. Allorquando si raggiunge un determinato grado di “finezza” la pasta è tagliata in pezzi del peso voluto, rimessa nel “Piddiaturi”, e lavorata a mano per darle la tipica forma a pera “Incappulatura”. Non appena foggiate, le provole vengono prontamente immerse in acqua fredda per farle rassodare e quindi in salamoia per circa 24 ore per ogni Kg. di prodotto.
Successivamente le forme accoppiate e legate con cordicelle si dispongono a cavallo di pertiche e si appendono al soffitto. Dopo circa otto giorni assumono il colore gialliccio tipico di questo formaggio. Materiali e attrezzature specifiche utilizzate per la preparazione e il condizionamento: Tina di legno, bastone di legno “rotula” e/o brocca, recipiente di legno “cisca”, coltello di legno, canestro di giunco, graticcio di canne, bastone di legno “appizzatuma”, recipiente di legno “piddiaturi”, bastone di legno “manuvedda”, mestolo per togliere il siero dalla tina “buzinettu”, tavoliere di legno, caldaia di rame stagnato.
Locali di stagionatura: La stagionatura avviene in locali tradizionali dai muri spessi che li rendono molto freschi dove il formaggio viene appeso a “cavallo” di una pertica per tutto il periodo della stagionatura.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura: La maturazione avviene in locali “maaseni” freschi e ventilati, dove le forme vengono appese a coppie su pertiche di legno attaccate ai tetti.
Tradizionalità: La provola dei Nebrodi ha le sue origini nella zona di Floresta e si è successivamente diffusa nelle aree limitrofe. Lo storico Antonino Uccello nel suo libro “Bovari, pecorari e curatuli” ha personalmente raccolto testimonianze di vecchi casari sul mantenimento delle antiche tecniche di produzione di questo formaggio. Nella zona dei Nebrodi è usanza antica apportare una variante alla produzione della provola destinando la tuma alla produzione di caci figurati che fecero il loro ingresso ufficiale nella “Mostra etnografica siciliana” di Palermo nel 1892.
Riferimenti bibliografici:
- Rubino B. “Figurine di caciocavallo”, in Varietas, anno V, n. 54, Milano, 1908.
- Uccello Antonino “Bovari, pecorari, curatuli”. Cultura casearia in Sicilia, stass, Palermo, 1980.
- Istituto Nazionale Sociologia Rurale: “Atlante dei prodotti tipici: I formaggi”, Franco Angeli, 1990.
- C.N.R.: I prodotti caseari del Mezzogiorno, 1992.