Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia
Quataru ti lu pescatore, Quatàra alla cisàrola
Tipologia di zuppa di pesce – originariamente preparata con pesci di scarto – che prende il nome dalla caldaia di rame (quatàra) originariamente impiegata per la sua preparazione.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
La preparazione è rimasta sostanzialmente invariata dai tempi in cui costituiva il piatto unico dei pescatori durante le loro sortite di più giorni. Costoro, durante le ore più calde della giornata sbarcavano in qualche caletta della costa; lì approntavano un piccolo fuoco con della ramaglia prelevata in loco, vi ponevano sopra – stabilmente accomodata fra tre pietre – la “quatara” (caldaietta di rame stagnata internamente) ove facevano riscaldare dell’olio di oliva con una grossa cipolla tritata. Appena questa accennava ad imbiondire vi univano una bottiglia di salsa (oppure una manciata di pomodorini ben maturi, privati dei semi e tagliuzzati). Lasciavano insaporire per un po’ e vi versavano qualche litro d’acqua (metà marina, metà di sorgente).
Seguendo un preciso ordine calavano prima i molluschi (quali le immacabili seppie) , poi i crostacei (granchi e cicale) e infine i pesci, iniziando da quelli con le carni più sode (tracine, pesci prete, pesci bianchi, tranci di grongo e di murena, scorfani) per finire con quelli dalle carni più tenere (ghiozzi, tordi e triglie). Una decina di minuti dopo aver calato gli ultimi pesci, il quataro veniva servito.
Ad esaltare il sapore di questa zuppa concorrevano tutta una serie di espedienti – e di altri fattori – tra cui l’uso dei pesci chiattisciati ovvero di quei pesci che, essendo capitati per primi nelle reti, morivano e venivano in parte divorati dai chiatti (piccoli organismi marini detti pulci di mare) oppure da voraci anellidi (i vermi cane). Questi pesci, durante la loro permanenza in acqua con le carni dilaniate, subivano un lento e totale dissanguamento (ma anche una sorta di marinatura) che rendeva le loro carni particolarmente saporite. Talvolta concorrevano a dare sapore anche le sacche ovariche e le interiora di grossi pesci.
Elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Il piatto è citato da Luigi Sada in Buon appetito a Leverano (1979) pag. 257. Questo piatto è tuttora molto apprezzato ma, ovviamente, si prepara con tutti i comfort delle moderne cucine casalinghe o professionali. E’ piatto principale in occasione di sagre e manifestazioni gastronomiche, fra cui l’ormai storica “Sagra del Pesce” di Porto Cesareo, una delle più datate e interessanti sagre del Salento.
Territorio
Porto Cesareo e Leverano (LE).
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