Riserva Naturale Biogenetica di Abetone – Toscana

Fonte @Raggruppamento Carabinieri Biodiversità

La Riserva Naturale Biogenetica di Abetone si distingue per la presenza di storici impianti di abete bianco, risultato di una mirabile attività colturale protratta per secoli. Da studi di pollini fossili prelevati dalle torbe del lago Baccioli (m. 1295), del lago del Greppo (m. 1442), del Lago Nero (m. 1730), il Prof. A. Chiarugi (1936) stabilì che nella foresta dell’Abetone l’abete bianco ha avuto il massimo della sua diffusione intorno a seimila anni a.C. e che successivamente ha incominciato a regredire, sia pure secondo un ritmo irregolare, cedendo sempre più di fronte all’avanzata del faggio.  Dopo il 1000 a.C. il faggio cominciò a prevalere rendendo l’abete specie subordinata e secondaria nella consociazione. Le analisi polliniche del Chiarugi dimostrano inoltre che l’abete rosso era in questa foresta molto diffuso. Intorno ai 4000 anni a.C. l’abete rosdo era molto rappresentato e poi avrebbe subito un graduale regresso fino a restare oggi allo stato spontaneo solo in una piccola area nell’alta valle del Sestaione.

Altri  autori (Pavari e Susmel), pur condividendo nelle linee generali la teoria del Chiarugi, ritengono che nella graduale estinzione dell’abete in questi ultimi secoli non sarebbe stata determinante l’influenza del clima, quanto l’azione dell’uomo il quale, con tagli indiscriminati effettuati a carico dell’abete per motivi di tornaconto economico, avrebbe creato condizioni propizie alla diffusione del faggio dopo avere alterato la biologia della fitocenosi naturale che nel consorzio misto abete-faggio aveva raggiunto un assetto equilibrato relativamente stabile.

Si può comunque affermare che l’abete bianco continua a trovare all’Abetone condizioni ecologiche molto favorevoli; infatti, se noi rivolgiamo la nostra indagine a periodi storici molto più recenti, troviamo che nella foresta fin da 400-500 anni fa era certamente esistente allo stato spontaneo associato al faggio e all’abete rosso, sia nell’alta valle della Lima che nell’alto bacino del Sestaione, pur essendo subordinato alle latifoglie. Fanno fede dell’esistenza dell’abete bianco in tal epoca la presenza di ceppaie gigantesche di piante di abete bianco, che furono tagliate nell’anno 1794 per l’apertura della strada statale dell’Abetone e del Brennero (SS 12), progettata da Padre Ximenes  attraverso il Passo delle Piramidi, e che facevano contare più di 400 anni di età. Sarebbe stata proprio la presenza di questi grossi esemplari a dare alla foresta la denominazione di “Abetone”. È anche vero che, nonostante l’ambiente molto propizio, l’abete, nella seconda metà del 1700 feino al 1825 circa, subì un notevole regresso a causa delle intense utilizzazioni effettuate in tutta la foresta. Dopo l’apertura della strada del Brennero, si volle dare una maggiore estensione alla coltura dell’abete bianco, in sostituzione del faggio, con impianti artificiali che, in prossimità della rotabile, furono iniziati proprio da Padre Ximenes.

Il Registro Storico della Foresta, conservato presso il Reparto CC Biodiversità di Pistoia, è fonte di preziose informazioni in questo senso. Dalla lettura di questo documento rileviamo infatti che i due indirizzi gestionali fondamentali che hanno caratterizzato il trattamento della Foresta dell’Abetone dal 1825 al 1870, apportandovi un sensibile miglioramento qualitativo, sono stati la diffusione dell’abete bianco nell’area della faggeta e la progressiva conversione dei cedui di faggio ad alto fusto. Con l’annessione della Toscana al Regno d’Italia, la Foresta dell’Abetone, per effetto della legge 20 giugno 1871, passò al Corpo Forestale dello Stato che ne prese possesso nel 1873.

Dopo tale data, i criteri selvicolturali di ricostituzione del patrimonio forestale furono seguiti con più impegno e continuità e la nuova Amministrazione dette maggiore impulso alla conversione dei cedui di faggio all’alto fusto. Si dette anche corso al rimboschimento di terreni nudi che in precedenza, per favorire la produzione di foraggio ed il pascolo, non era stato mai curato. Dal 1892 la Foresta dell’Abetone è stata regolarmente gestita attraverso appositi piani di assestamento forestale, il cui ultimo è satto redatto dai Proff. G. Bernetti e M. Cantiani ed è valido fino al 1985.

La Riserva si colloca a nord nel bacino del Torrente Lima, che si origina da una serie di fossi disposti a semicerchio con rilievi dolci e modellati; la porzione a sud invece è compresa nel bacino del torrente Sestaione, caratterizzato da uno stretto semicerchio di montagne, limitato a settentrione dal Monte Gomito (1890 m), a occidente dall’Alpe delle Tre Potenze (1935 m), a sud dalla Foce di Campolino (1839 m) E’ situata ad una altitudine che va dai 1060 m ai 1560 m s.l.m., in un paesaggio montano appenninico con boschi di conifere, faggete, boschi misti mesofili, praterie di crinale, brughiere montane e vasti affioramenti rocciosi.

La Riserva si sviluppa intorno al centro abitato di Abetone, nota località di villeggiatura sia estiva che invernale, centro principale del comprensorio sciistico omonimo, tra i più importanti dell’Appennino settentrionale, con circa 50 km di piste, per un totale di circa 30 tracciati serviti da 22 impianti di risalita. Solo una piccola parte del comprensorio sciistico è compreso nel territorio della Riserva. In Abetone, presso la loc. Le Regine, è nato il campione di sci Zeno Colò e numerosi sono stati gli atleti prevenienti dalla Val Sestaione che hanno conseguito importanti traguardi in campo sciistico.

Habitat (Direttiva Habitat 92/43/CEE)
  • 3160: Laghi e stagni distrofici naturali
  • 6430: Bordure planiziali, montane e alpine di megaforbie idrofile
  • 7140: Torbiere di transizione e instabili
  • 8130: Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili
  • 9110: Faggeti del Luzulo-Fagetum
  • 9130: Faggeti dell’Asperulo-Fagetum
  • 91E0*: Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae)
Flora

La superficie della Riserva è quasi interamente boscata, con predominanza di fustaie pure di abete bianco (Abies alba) e faggio (Fagus sylvatica) e boschi misti delle due specie. Tra le specie erbacee dalle fioriture più appariscenti, si citano l’aquilegia comune (Aquilegia vulgaris), la genziana minore (Gentiana asclepiadea), il giglio martagone (Lilium martagon), il caprifoglio nero (Lonicera nigra) e la polmonaria chiazzata (Pulmonaria picta).

Fauna

Per quanto riguarda la fauna, tra i mammiferi sono presenti il lupo (Canis lupus), il capriolo (Capreolus capreolus), la martora (Martes martes), la faina (Martes foina), lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), il moscardino (Muscardinus avellanarius), la marmotta (Marmota marmota). Recenti studi hanno individuato 10 specie di chirotteri, alcuni assai rari e vulnerabili come il vespertilio mustacchino (Myotis mystacinus), il vespertilio di Natterer (Myotis nattereri), la nottola comune (Nyctalus noctula) e il barbastello (Barbastella barbastellus), tutte protette dalla Direttiva UE Habitat, così come il lupo.

Fra i rapaci si ricorda l’aquila reale (Aquila chrysaetos), che utilizza spesso i crinali superiori della Riserva come territorio di caccia, il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) e lo sparviero (Accipiter nisus); le aree boscate sono invece frequentate dal rampichino alpestre (Certhia familiaris), luì verde (Phylloscopus sibilatrix), regolo (Regulus regulus), ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula). Tra le specie di anfibi e rettili di interesse naturalistico si ricordano il colubro liscio (Coronella austriaca), l’orbettino (Anguis fragilis) e la rana alpina o montana (Rana temporaria). Nei torrenti vivono diversi pesci tra i quali lo scazzone o brocciolo (Cottus gobio).

Per ulteriori informazioni riguardo le norme di fruizione della riserva, il centro visita e le attività in corso visita

rgpbio.it Riserva naturale biogenetica di Abetone. Toscana

Vedi Classificazione Aree Naturali Protette

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