L’elevato grado di naturalità che caratterizza ancora questa isola offre la possibilità di imbattersi in molte specie cosiddette “selvatiche” ovvero specie imparentate con quelle coltivate, sulle quali si stanno concentrando crescenti interessi di ricerca per lo studio della biodiversità frutticola da salvaguardare. Si è ritenuto opportuno pertanto dedicare questo spazio alla vite selvatica, poco nota, essendo l’uomo legato da secoli alla vite coltivata.
Della vite europea (Vitis vinifera L.) esistono una forma sativa e una sfuggita all’addomesticazione, che continua a sopravvivere nelle zone boschive dell’Asia e dell’Europa, e va interpretata come sottospecie della Vitis vinifera ssp. sylvestris. Altra cosa è la vite selvatica comunemente intesa, frutto invece di inselvatichimento (subspontaneizzazione) di piante coltivate avvenuto in tempi remoti.
Il processo di inselvatichimento, essendo appunto remoto, ha creato problemi nella distinzione dei due tipi, risolti solo di recente, poiché la specie selvatica vera ha subìto una rapida rarefazione e contrazione del suo areale dovuto alla distruzione sia di esemplari sia del loro habitat. I progenitori selvatici della vite coltivata sono oggi a rischio di estinzione, quindi da tutelare e studiare per i rapporti tra questa e la vite coltivata. Ricerche condotte dall’Università di Milano hanno censito, descritto e recuperato in varie regioni, soprattutto nella parte centrale della Penisola, numerosi esemplari di vite selvatica.
La letteratura classica più volte fa riferimento a una vite selvatica, a dimostrazione che era già conosciuta quale elemento della flora spontanea italiana ed europea; la si trova citata da Teofrasto (IV-III sec. a.C.) che la chiama Agria ampelos; con lo stesso termine è distinta da Dioscoride (I secolo a.C.). Virgilio (Bucoliche) e Plinio il Vecchio (Naturalis historia) la individuano invece con il nome di Lambrusca.
Nell’estate del 2006 sono stati rilevati esemplari di vite selvatica nel Comune di Villacidro. La Sardegna è infatti una delle zone italiane dove è ancora diffusa. La vite selvatica è stata segnalata in tempi più o meno recenti in tutte le aree temperate d’Europa, dalla Spagna alla Bulgaria, ma in zone limitate e circoscritte, come isole fluviali (Sardegna) e più raramente altrove (sponde dei fiumi, zone boschive integre). La specie è ben radicata nella tradizione contadina e ogni comunità sarda la riconosce con nomi specifici: Saramentu Burdu (Villacidro), Sarmentu, Axina, Sarmenta, Spurra.
Le piante campionate si trovavano lungo il letto di un torrente nei pressi di Villacidro ai margini del Parco Regionale del Monte Linas-Oridda-Marganai. Sorprendente il portamento lianoso della specie, avviluppata a lecci e carpini con fusti imponenti (20/25 cm di diametro) che si sviluppano fino a 10- 15 metri di altezza. Per molti individui, dalla dimensione, si suppone un’età superiore ai 100 anni; si tratta infatti di una specie longeva che può superare anche i 300 anni.
Altrettanto sorprendenti sono la forma dei grappoli cilindrici, spargoli, di dimensioni relativamente piccole; la buccia dagli acini nerissimi; il colore del succo particolarmente rosso e intenso. Lungo tutto il ricco reticolo idrografico dell’isola la specie probabilmente è presente, perché predilige ambienti freschi, caratteristici di fiumi e torrenti; comunque non disdegna anche aree soleggiate.
Inoltre, ama i terreni neutri o calcarei e si associa pertanto ai boschi di leccio, roverella, nocciolo, carpino e orniello. La specie, caducifoglia, è dioica, contrariamente a quella coltivata. La dioicia si manifesta con piante a fiori maschili a ovario abortito, oppure con piante a fiori femminili con stami sterili. Chi produce i grappoli sono gli individui ermafroditi; nelle popolazioni dioiche sono invece solo quelli femminili.
La Sardegna si è rivelata un fertile terreno d’indagine per la vite selvatica: sono state censite e campionate diverse popolazioni (Facoltà di Agraria di Milano, 2003 e 2004), al fine della loro tutela. Era interessante capire fino in fondo il contributo delle forme della vite selvatica nell’evoluzione e nell’affermazione dei vitigni dei nostri giorni. Infatti, confrontando campioni selvatici con vitigni sardi si è riscontrata molta affinità genetica per cui è facile dedurre che i vitigni sardi sono il risultato dell’addomesticamento di quelli selvatici. E’ dunque una prima testimonianza di nuovi centri d’origine della vite coltivata, aprendo nuovi capitoli a quella consolidata verità storica che lega il processo di addomesticazione della vite alla Mezzaluna fertile.
Referente: Nello Biscotti (nellobiscotti@fastwebnet.it)
Fonte @ISPRA Quaderni Natura e Biodiversità – Frutti dimenticati e biodiversità recupera
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La frutta antica è anche argomento di numerosi progetti didattici maturati in ambito scolastico, nonché di molti convegni sulla biodiversità tanto che, non mancano occasioni per sollevare il problema della salvaguardia di questo prezioso materiale genetico attraverso mostre mercato.
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PIEMONTE Castagno di Mindino – ViVi Green
LOMBARDIA Fico brianzolo bianco – ViVi Green
LIGURIA Olivo di Sanremo – ViVi Green
Questo olivo antichissimo si trova in provincia di Imperia nel comune di Sanremo in località il Poggio, presso Villa Minerva. Si tratta di un esemplare unico sia per le sue grandi dimensioni che per l’età; è fra i più vecchi della Liguria ed è caratterizzato da un’antica ceppaia da cui si dipartono due grandi tronchi.
VALLE d’AOSTA Vite di Farys – ViVi Green
Trentino Alto Adige Vite di Prissiano – ViVi Green
FRIULI VENEZIA GIULIA Pero da Sidro – ViVi Green
Varietà di pera molto antica, prodotta da grandi alberi dalla chioma voluminosa, coltivati vicino alle case dei contadini friulani, ove ancor oggi se ne possono trovare diversi esemplari. Presso la stazione ferroviaria di Camporosso, in provincia di Udine, la strada è fiancheggiata da peri secolari di dimensioni ragguardevoli che ne fanno un bellissimo viale
VENETO Pero festaro – ViVi Green
TOSCANA Uva Vecchia – ViVi Green
UMBRIA Olivo di Trevi – ViVi Green
Olivo millenario che vegeta nel comune di Trevi in provincia di Perugia, località Bovara. Questa pianta è conosciuta anche come Olivo del Vescovo od Olivo di Sant’Emiliano, a memoria del martire che la leggenda racconta sia stato legato al suo tronco e poi ucciso, nel 303 d.C..
MARCHE Mela Uncino – ViVi Green
ABRUZZO Pera trentatré – ViVi Green
MOLISE Mela Limoncella – ViVi Green
In questa regione si può raccogliere una testimonianza della diversità della melicoltura storica italiana e in particolare di quella che caratterizzava le aree interne dalle Marche alla Puglia. La mela in questione è la Limoncella tipica del Molise.
LAZIO Uva pergolese di Tivoli – ViVi Green
CAMPANIA Pera Lardara – ViVi Green
BASILICATA Arancia staccia – ViVi Green
CALABRIA Arancia di Trebisacce – ViVi Green
SICILIA Uva di Corinto – ViVi Green
Il frutto antico, degno di nota, è un vitigno conosciuto come uva di Corinto. È un vitigno bianco, legato alla provincia di Catania e in particolare al comune di Belpasso, dove è stato ritrovato dal ricercatore Alfio Bruno, membro dell’Associazione Patriarchi della Natura. Si tratta di un’uva antichissima ritenuta estinta dagli esperti già da secoli.