Scamorzini del Matese PAT Campania

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Campania

Scamurzini ré Matese; Caciocavallini del Matese

Formaggio a pasta filata prodotto con latte di vacca intero di animali allevati nell’area di produzione. E’ un prodotto ottenuto con un procedimento analogo a quello del caciocavallo si differenzia da questo per la forma e per la stagionatura . La forma simile a quella del caciocavallo è molto più piccola e in alcuni casi si presenta come formato da due testine opposte strette dal legaccio che serve per appendere ad asciugare il prodotto. Il peso si aggira tra i 100g e non supera i 150 g Alla vista si presenta: il fresco con crosta liscia e bianca sodo al tatto, il semistagionato ha una crosta liscia quasi lucida di colore giallo paglierino. La pasta è omogenea e compatta bianco latte nella tipologia frasca, tendente al giallo paglierino nella versione stagionata più carico all’esterno e meno carico all’interno. Il sapore è piacevole, dolce e delicato fresco più pastoso e leggermente piccante semistagionato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, condizionamento, stagionatura

Il ciclo di produzione è praticamente identico a quello del caciocavallo del Matese. Il latte destinato alla produzione del caciocavallo del Matese proviene dalla mungitura di animali alimentati con pascolo di montagna integrato da cereali e foraggi del posto.

Dopo la mungitura che avviene al mattino e alla sera il latte intero viene coagulato ad una temperatura di 38° con l’aggiunta di caglio di vitello liquido e siero innesto preparato nella stessa struttura di trasformazione del latte.

Dopo circa 35 minuti si procede alla rottura della cagliata con la Remenatora (Bastone di legno di faggio a forma di spatola allungata di circa 90 – 100 cm) fino ad ottenere grani di pasta della grandezza di un’oliva. Si lascia quindi riposare la pasta per 15 minuti sotto siero quindi si procede, con l’ausilio di una tela alla raccolta della pasta dalla caldaia compattandola in una tinozza di legno di ciliegio. Inizia quindi la fase di maturazione della cagliata che si lascia così riposare con l’aggiunta di siero bollente dalle 2 alle 4 ore per permettere che avvenga la fermentazione lattica. La maturazione è completata quando la pasta è nelle condizioni di essere filata e questo si verifica prelevando una piccola porzione di pasta  che messa nell’acqua bollente se inizia a filare è pronta per la successiva lavorazione.

La pasta viene quindi scolata dal siero e fatta sgocciolare per circa 15 minuti (il siero viene conservato per essere utilizzato alla prossima cagliata) poi ritorna nella tinozza e viene tagliata a fette, si aggiunge acqua bollente e si lavora con la Remenatora al fine di formare, con movimenti energici, un lungo cordone di pasta liscia, senza pieghe e sfilature e senza vuoti all’interno. Il cordone viene quindi porzionato secondo le esigenze di produzione  i pezzi mano a mano che vengono tagliati molto velocemente sono ulteriormente lavorati a mano nell’acqua bollente per modellare la forma comprimendo la pasta fino a renderla liscia e lucida dandogli la classica forma a due teste.

Le forme così modellate vengono quindi immerse in acqua di raffreddamento e successivamente in salamoia. Tolte dalla salamoia le forme sono legate a gruppi anche di 100 scamorzini con legacci di raffia e sospesi a delle pertiche per l’asciugatura e la stagionatura.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive

Questo prodotto derivato dalla produzione del caciocavallo si è sviluppato negli anni sessanta. Il prodotto è ottenuto con lo stesso ciclo di produzione del caciocavallo del Matese, si differenzia da esso per le forme molto più piccole. è un adattamento alle esigenze di mercato che negli anni sessanta chiedevano un prodotto da acquistare e consumare subito in particolare durante il periodo estivo. Inoltre dagli anni ’60 per oltre 30 anni il territorio di San Gregorio Matese è stato rinomata meta turistica e i villeggianti, per lo più napoletani e romani, erano soliti ritornare alle rispettive dimore con i sani e genuini prodotti tipici del Matese che ora come allora erano essenzialmente i formaggi.

Territorio di produzione

Aree montane del Massiccio del Matese, nei Comuni di San Gregorio Matese e Castello del Matese; Matese beneventano

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