Speck d’oca PAT Friuli Venezia Giulia

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Friuli Venezia Giulia

Il petto d’oca singolo viene salato a secco stagionato per circa tre mesi e affumicato a freddo usando legno di faggio e di quercia, bacche di ginepro e foglie di alloro.  Di forma rettangolare, risulta piatto lungo circa 20/25 cm pesa 350/400 g. Si tratta di un petto intero d’oca stagionato ed affumicato.

La tecnica di produzione è simile a quella dello speck. Il petto d’oca singolo viene salato a secco operazione che viene fatta ancora oggi completamente a mano per rispettare la tradizione, si dispone in vasche d’acciaio e si cosparge di sale fino a totale copertura per poi continuare fino a riempimento; una volta le vasche erano in pietra ma oggi, per dettami comunitari e per garantire un maggior igiene al prodotto si impiega l’acciaio. Viene poi asciugato all’aria, affumicato e stagionato per circa tre mesi in ambienti climatizzati a 14°C come si usava nelle cantine dei nostri nonni. L’affumicatura, eseguita a freddo viene svolta secondo il metodo tradizionale, bruciando legno di faggio e di quercia, bacche di ginepro e foglie di alloro.

Tradizionalità

E’ curioso notare che dopo essersi affermato sul mercato lo speck d’oca, non essendo mai stato registrato come marchio, è divenuto termine generalmente riconosciuto dai consumatori per identificare il petto d’oca affumicato in baffa sia esso di produzione francese che italiana visto l’impiego di codesto nome anche da parte di altri produttori.

L’oca è un animale che sa d’antico. L’episodio delle oche del campidoglio, sacre a Giunone, salvatrici di Roma in grazia dell’allarme dato all’arrivo di galli, è ricordato in tutti i libri di scuola. Sui modi di allevarla, di nutrirla, sul suo habitat, sui metodi d’ingrasso, forniscono consigli anche Catone, Varrone, Celso, Palladio.

Uno dei luoghi ideali per l’allevamento era l’agro acquileiese. Lo storico Strabone accenna ai guardiani-ingrassatori di oche acquileiesi, gli ‘anserarii’, richiesti per la loro bravura perfino a Roma dove scendevano accompagnando sterminati branchi.

La parte più ricercata dell’oca per i latini era il grosso fegato chiamato “ficatum”: aggettivo che attraverso trasformazione fonetiche prenderà il posto di jecor, fegato appunto. Le fortune dell’oca proseguiranno nell’economia rurale del medioevo fino ai giorni nostri.

“Nella Civica Biblioteca Joppi di Udine si conserva, in un manoscritto del XIV secolo, un disegno a inchiostro con la rappresentazione di una scena di vita quotidiana medioevale: un prelato Martino è colto nell’atto di offrire due oche al patriarca Raimondo della Torre…” tratto da “L’oca” di Germano Pontoni, (Bibliotheca Culinaria,1997).

“Nella pianura friulana l’oca deve essere da molto tempo allevata ed è molto apprezzata per la sua piuma, il grasso, la carne è più gustosa se messa in conserva che mangiata fresca; tuttavia si prepara anche arrostita ed in umido’’: frase tratta da “Mangiare e bere friulano” di Giuseppina Peressini Antonini, (Franco Angeli Editore, 1988, 8a edizione).

Le prime piccole produzioni della famiglia Pessot nascono nel 1973, presso la azienda agricola Hausbrandt in Chiopris Viscone. Testimoni oltre ai vecchi collaboratori, diversi clienti privati ed alcuni ristoranti della zona. Tra le testimonianze più vecchie ritrovate una foto di lavorazione con il sig. Luciano Curiel del 1976. Negli anni la tecnica di produzione si è affinata ma l’artigianalità del tutto manuale del prodotto è rimasta immutata.

Territorio: Comuni di Chiopris Viscone, Aiello del Friuli e Palmanova.

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