E’ un salume che si ottiene dalla lombata (o carré) del maiale. La lombata di maiale viene disossata e rifilata per ottenere un “filone” di carne magra. Viene quindi massaggiata con una concia di sale, pepe ed erbe e lasciata riposare in luogo fresco per 24 ore, affinché il sale penetri in profondità. Trascorso tale periodo, ripulita dal sale in eccesso, viene appesa nell’affumicatoio dove resta per 3-4 giorni, esposta ad un fumo controllato di legna di faggio (vengono aggiunti rami di ginepro per conferire il caratteristico profumo).
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Crafus PAT Friuli Venezia Giulia
Si utilizza il fegato del maiale macinato, avvolto nel mesentere. Il prodotto (crafut) si presenta sotto forma di piccola polpetta. Il “crafut” si ricava macinando, a grana fine, il fegato del maiale con l’aggiunta di pane grattugiato, uva sultanina, scorza di limone, scorza di arancia, mele a cubetti. Il tutto viene salato e mescolato manualmente dai norcini con l’aggiunta di pepe e spezie. Il prodotto, dopo la macinatura, viene porzionato nella misura voluta e quindi avvolto nel mesentere dello stesso maiale. Si consuma, entro 10 giorni dalla preparazione, previa cottura nello strutto del medesimo suino.
View More Crafus PAT Friuli Venezia GiuliaCotto d’Oca PAT Friuli Venezia Giulia
“Nella pianura friulana l’oca deve essere da molto tempo allevata ed è molto apprezzata per la sua piuma, il grasso, la carne è più gustosa se messa in conserva che mangiata fresca; tuttavia si prepara anche arrostita ed in umido’’: frase tratta da “Mangiare e bere friulano” di Giuseppina Peressini Antonini, (Franco Angeli Editore, 1988, 8a edizione).
View More Cotto d’Oca PAT Friuli Venezia GiuliaCoppa di testa PAT Friuli Venezia Giulia
Testa di suino completa bollita ed insaccata, in friulano Cope.
View More Coppa di testa PAT Friuli Venezia GiuliaCicines PAT Friuli Venezia Giulia
Cicines Prodotti con il lardo del maiale sono una preparazione che nel passato utilizzava i residui degli insaccati per essere utilizzati come ingredienti per il pane. Vengono anche chiamati Fricis o Ciccioli.
View More Cicines PAT Friuli Venezia GiuliaCappone friulano PAT Friuli Venezia Giulia
Il galletto castrato o cappone rappresenta una pluri secolare ghiottoneria gastronomica a disposizione dell’uomo anche se, nel passato, quasi mai questa carne pregiatissima costituiva il cibo di chi allevava e produceva il cappone. Si trattava infatti di un alimento prelibato che finiva il suo tragitto merceologico sui deschi e sulle tavole delle classi sociali più elevate e benestanti. Infatti sono famose le storie che fin dal tempo dei Conti, Marchesi, ecc., gli agricoltori friulani facevano dono di queste carni prelibate ai loro padroni.
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Strisce sottili di carne secca affumicata, chiamate anche pindulis che vengono consumate al naturale, come antipasto o fuoripasto in accompagnamento ad un aperitivo.
View More Brusaula PAT Friuli Venezia GiuliaBondiola PAT Friuli Venezia Giulia
Misto di carne insaccata di forma sferica, detto anche Saûc, nell’impasto del quale alla solita miscela di carne e cotenna per il cotechino sono aggiunti muscoletti di maiale e pezzetti di lingua. Nell’impasto usuale del cotechino (carne magra e cotiche macinate) vengono aggiunti muscoletti interni del maiale, pure macinati, e la lingua a piccoli pezzetti. Il tutto viene insaccato in grossi budelli (in particolare nel budello gentile) in modo che assuma la caratteristica forma sferoidale.
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Si tratta di un metodo tradizionale ampliamente radicato di stagionatura e conservazione di un prodotto usato anche per il condimento di certe pietanze. Si trova riferimento della consuetudine di preparare e consumare l’Argjel nel libro di Cossar, “La carne suina nell’alimentazione tradizionale friulana. Il folklore italiano”, pubblicato nel 1929.
View More Argjel PAT Friuli Venezia GiuliaStracotto alla piacentina PAT Emilia Romagna
Si tratta di un’antica ricetta e consiste in un stufato di carne di manzo che prevede una lunga cottura; da qui il nome di “stracotto”. La realizzazione avveniva un tempo sulla cucina a legna o sul camino, in quest’ultimo caso affondando il recipiente di cottura nelle braci ricoprendole con la cenere calda fino all’orlo. Si utilizzava un classico recipiente in terracotta, detto stuvon, dotato di un coperchio concavo, “il piatto”, sul quale veniva posto del vino rosso con chiodi di garofano e cannella. Questo serviva ad evitare un’eccessiva evaporazione del liquido interno. Lo stesso scopo sarebbe stato raggiunto utilizzando l’acqua, ma l’antica tradizione prevede il vino che, evaporando insieme alle spezie, emana nelle cucine un profumo caratteristico ben conosciuto dai piacentini.
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