Pastin PAT Veneto

Il pastin rappresenta un’importante tradizione della cultura gastronomica della Provincia di Belluno. Il pastin nasce negli anni in cui la macellazione del maiale era un momento di festa, ma anche di necessità, per le comunità contadine che abitavano i paesi della Provincia; anni in cui la cucina era basata su un’alimentazione semplice e “povera”.

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Parsuto de Montagnana PAT Veneto

Già in epoca remota, era tradizionale l’uso tra gli agricoltori di “far su” il maiale, vendendo le cosce, da sempre la parte più redditizia del suino, ai “casolini” (i locali salumieri) che le stagionavano in casa per poi poterle vendere, affettandole, nelle proprie botteghe. Il carattere artigianale della produzione del prosciutto di Montagnana non ha limitato l’espansione del bacino dei suoi estimatori che ne elogiavano, anche fuori dai confi ni geografi ci di provenienza, le qualità organolettiche. È sull’onda di questo rico noscimento che verso la fi ne dell’800 sorgono le prime strutture di stagionatura in grado di sostenere i mercati sempre più ampi. La tecnologia, oggi, dà indubbiamente una mano, ma le metodologie di produzione e il risultato delle stesse sul prodotto sono quelle di un tempo. Nella conservazione di un prosciutto (il cui nome deriva dal latino “per xuctus” che significa prosciugato) non vi è nulla di particolarmente innovativo, dato il metodo assolutamente naturale di stagionatura.

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Panzéta co l’ossocòlo del basso vicentino PAT Veneto

La pancetta con il capocollo è un prodotto tipico della zona del basso vicentino dove “qualcuno metteva l’ossocòlo nella panzéta anziché nelle soprésse”. Si tratta di una vera prelibatezza sia per la gustosa carne del capocollo, sia perché non se ne possono avere più di due per animale. Di solito le pancette con il capocollo si mangiavano per ultime, con parsimonia.

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Panzéta col tòco del basso vicentino PAT Veneto

La pancetta col filetto ha forma cilindrica, lunghezza di 30-40 cm e diametro di 14-15 cm, viene insaccata nel budello cieco della cavità appendicolare del cavallo o della vacca, chiamato “mànega” (manica) e caratterizzato da una maggior capienza (14/15 cm) rispetto ai budelli da salami, preventivamente lavato e messo sotto sale. L’insaccato contiene la pancetta, cioè lo strato di lardo venato di parti carnose che copre l’addome, e il filetto, cioè la massa muscolare situata all’interno, lungo la colonna vertebrale all’altezza dei reni del maiale.

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Coppa di maiale PAT Veneto

La coppa di maiale, localmente chiamata “osocol”, è uno dei più pregiati prodotti del maiale assieme al prosciutto e allo schienale. Già nel 1632 il canonico Giovanbattista Barpo menziona il confezionamento di “prosciutti e soppressate”, tra le quali l’osocol, nel suo volume “Le delizie dell’Agricoltura e della Villa”.

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Oca in onto dei berici PAT Veneto

È ottenuto da carne di oca sezionata, disossata e salata, secondo le abitudini di ogni famiglia, e conservata nel grasso dell’oca stessa. Il grasso si può ricavare in fase di frazionamento dell’animale, oppure facendolo colare cuocendo della carne. Il lardo fuso (ònto, colà) del maiale viene aggiunto se il grasso dell’oca non è sufficiente; viene utilizzato anche l’olio di vinacciolo. “L’oco in onto dei Berici” ha un sapore intenso e particolarmente aromatico.

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Oca in onto padovana PAT Veneto

L’oca in onto è carne di oca disossata, salata e conservata nel grasso dell’oca stessa, o del maiale o nell’olio. Ha un sapore molto particolare, intenso e particolarmente aromatico. Dopo l’uccisione degli animali si procede al processo di conservazione in “onto” delle carni, secondo due modalità differenti. Il primo metodo consiste nel togliere il grasso dalla carne dell’animale e riporre la stessa, tagliata in quarti, sotto sale per 8-10 giorni. Una volta fuso a fuoco lento per un’ora il grasso, si ripongono le carni in olle di terracotta o in vasi di vetro e ricoperte col grasso fuso stesso, integrato qualora non sia sufficiente, con olio d’oliva o lardo di maiale fuso.

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Oca di corte padovana PAT Veneto

L’oca di corte padovana, o oca grigia, era un tempo molto diffusa nelle aree meridionali del Veneto caratterizzate da ambienti umidi e molto ricchi di paludi e corsi d’acqua. La colorazione del suo piumaggio lascia intendere la diretta discendenza dalle oche selvatiche che un tempo sostavano inabbondanza lungo i litorali veneti nelle stagioni delle migrazioni. Allevata soprattutto per la produzione dell’oca “in onto”, rappresentava una riserva alimentare che integrava la scorta invernale di carne fornita dal maiale. Di quest’oca padovana parla persino Dante nella Divina Commedia che nel XVII canto, verso 63, prima di occuparsi degli Scrovegni cita “un’oca bianca più che burro”. Oggi questa razza è allevata per lo più nella provincia di Padova per produzioni di nicchia.

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Nervetti di bovino PAT Veneto

I nervetti sono alimenti semplici, sani e contrariamente a quanto si crede, contengono pochissimi grassi. Si prestano a preparazioni non molto elaborate proprio per la loro semplicità. Considerati da sempre come un sottoprodotto della macellazione dei bovini, tanto da essere defi niti il “quinto quarto”, i nervetti erano il cibo destinato ai poveri. Quella dei nervetti è una ricetta di antica tradizione padovana, anche se essa probabilmente è stata ripresa e rielaborata da una ricetta lombarda dei “gnervitt”, secondo i gusti e utilizzando ingredienti locali. I nervetti sono, tuttora, uno dei piatti serviti nelle osterie per accompagnare la mescita al banco.

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