Già la Bibbia (storia di Giacobbe) riporta notizie sul tartufo, citato anche in epoca romana nel trattato “De re coquinaria” di Marco Gavio Apicio ma apprezzato difusamente in cucina solo dall’800. Nel comune di Saracinesco si comincia a raccogliere il Tartufo dagli anni cinquanta del ‘900 ed ancora oggi la popolazione locale si dedica alla sua raccolta
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Tartufo di Cervara PAT Lazio
Situata nel Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, Cervara è il paese più alto della provincia di Roma, dopo Guadagnolo. Il verde delle sue faggete, il paesaggio mozzafiato sulla sottostante Valle dell’Aniene e sui monti limitrofi colpiscono il visitatore e lo inducono ad apprezzare questo ambiente unico e suggestivo. Fin dal passato il paese di Cervara che si raggiungeva solo cavalcando un mulo, è rinomata per il suo Tartufo, raccolto, secondo le testimonianze orali, da oltre 25 anni e celebrato dal 1999,
nel mese di settembre, con l’omonima Sagra.
Tartufo dei Monti Lepini PAT Lazio
La raccolta del Tartufo dei Monti Lepini viene effettuata da molti anni sia da raccoglitori professionisti che amatoriali. Alcune informazioni storiche si possono attingere dagli Annali del cardinale Pietro Aldobrandini, della fine del XVI secolo, e da documenti archiviati presso il comune di Carpineto Romano in cui si fa riferimento ai pranzi, le cui pietanze erano proprio a base di tartufo raccolto sul posto. Il nero di Carpineto Romano dicono che sia uno dei tartufi più profumati d’Europa. Ne era convinto persino Domenico Bigioni, presidente della Federazione europea tartufai. I Monti Lepini ne sono stati sempre territorio elettivo anche se soltanto negli ultimi anni si è incominciato a raccoglierli e valorizzarli.
View More Tartufo dei Monti Lepini PAT LazioTartufo di Campoli Appennino PAT Lazio
Il Tartufo di Campoli Appennino è un fungo ipogeo a forma di tubero irregolare, appartenente alla famiglia delle Tuberaceae, classe degli Ascomiceti, che cresce spontaneamente in simbiosi con le radici di alcuni alberi e arbusti: quercia, cerro, leccio, tiglio, nocciolo, carpino, pioppo. Di colore bianco e nero si caratterizza per un profumo intenso, sapore di fungo acerbo, massa carnosa della “gleba” (o polpa), rivestita da una corteccia chiamata “peridio”.
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La produzione di Aglio Rosso, nell’antico centro di Proceno, risale agli Etruschi che lo preferivano alla cipolla e impararono a concimarlo con la cenere. Non è altrettanto noto, invece, a quando risalga l’uso di consumare gli scapi fiorali di questo aglio, conservati sott’olio. A detta dei più anziani agricoltori locali, tale operazione, chiamata starlatura (da cui Tallo) o smarchiatura (da cui Marchio) è da sempre praticata, tanto che ricordano come un tempo, una parte del prodotto raccolto venisse consumato in casa, bollito e condito con olio
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Gli antichi romani sono tra i primi estimatori di tartufi. Considerato, insieme al farro, un importante corroborante in tempi di guerra e di pace. Nella provincia di Viterbo, da Tarquinia a Blera attraverso Monteromano e Vetralla si crea l’ambiente adatto per la proliferazione di questi tuberi. Il territorio, infatti, presenta terreni di medio impasto, con buona dotazione di calcio ed un regime pluviometrico umido. Le specie boschive, sotto le quali lo Scorsone viene cercato, sono, in genere, la quercia ed il cerro, presso cui, un tempo, si portavano al pascolo i maiali che, oltre alle ghiande, trovavano questi tuberi particolarmente gradevoli.
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Si tratta di un “ortaggio da radice” chiamato scorzobianca o in gergo zagarolese “sarzefine”. Molto più conosciute in passato, quando erano utilizzate come alimento invernale perché ricco in sali minerali e vitamine. Con il passare del tempo la coltivazione delle sarzefine è stata un po’ abbandonata, ma oggi, grazie a qualche temerario coltivatore locale, questo ortaggio non è andato del tutto estinto. A Zagarolo la “sarzefina” ha origini antichissime. Nessuno sa bene perché si sia diffusa proprio in questa zona, rimanendo sconosciuta se ci si sposta appena di un chilometro.
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La roncoletta labicana è una varietà di pisello che si caratterizza per la forma particolarmente incurvata del baccello che viene coltivata nella zona di Labico. Nella prima metà del Novecento la produzione della roncoletta godeva di una grande notorietà, tanto che durante gli anni Trenta (in pieno regime fascista) l’area fu destinata a zona sperimentale per accrescere la produttività di questo legume. Inoltre, negli stessi anni venne istituita la tradizionale Sagra dei Piselli che si svolge all’inizio del mese di giugno: si preparava una sfilata di carri decorati per l’occasione e ci partecipava tutta la popolazione di Labico. Dopo gli anni del boom economico, venendo a mancare la tradizione contadina si abbandonò anche la coltivazione della roncoletta.
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Il Pomodoro Perino di Sperlonga appartenete alla famiglia delle Solanaceae, specie Lycopersicon esculentum (L.), presenta un frutto piccolo con una forma caratteristica; stratta all’apice e arrotondata alla base, leggermente allungata “a pera”. L’epicarpo, di è di colore rosso intenso uniforme e risulta essere particolarmente spesso tanto da favorire una notevole resistenza alle avversità ed alla serbevolezza; è molto consistente e ha un’ottima tolleranza alle spaccature. Il frutto, pieno di polpa, presenta il caratteristico sapore dolce e leggermente acidulo.
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“Triste è quella rapa che d’agosto non è nata”. Così recita un antico proverbio del Frusinate, che viene tramandato anche a Roccasecca, caratteristico centro dall’aspetto medievale, della provincia di Frosinone, posizionato a 245 m. slm. Il paese prende il nome dal suo castello “Rocca Sicca”, fatto costruire nel 994 dall’abate di Montecassino Mansone, per cautelarsi dalle invadenze dei conti d’Aquino. Roccasecca è la patria di coltivazione di un particolare broccoletto che, da sempre i roccaseccani ed in particolare modo gli agricoltori, chiamano rapa catalogna.
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