Ferlengo o finferlo di Tarquinia PAT Lazio

Ferlengo è il nome con il quale nel Viterbese si identifica il Pleurotus eryngii, varietà pherulae, della famiglia delle Pleurotacee, genere Pleurotus, noto come “fungo della ferla”, perché cresce nelle ceppaie di ferula, piante spontanee diffuse nei campi incolti del territorio di Tarquinia e Monteromano, simili al finocchio selvatico. Il Ferlengo ha un cappello carnoso, liscio, a forma di ventaglio o di ostrica; un gambo non molto lungo, color bianco sporco, lamelle fortemente decorrenti sul gambo, mediamente fitte. Ha carne biancastra, odore trascurabile, sapore dolce.

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Favetta di Aquino PAT Lazio

Ad Aquino, il 2 novembre di ogni anno si svolge nella piazza di San Tommaso, una manifestazione che richiama numerose persone attratte dalla storia dell’evento. Il rito ha origini antiche e risale ad oltre 200 anni quando un’antica famiglia di Aquino i Pelagalli, preparava nella notte tra il 1 ed il 2 novembre, una minestra a base di fave. In merito al tempo trascorso, si riportano le riflessioni di Don Battista Colafrancesco, parroco di Aquino per molti anni: “Questa tradizione, purtroppo è scomparsa ed è durata anni ed anni: forse cento, forse duecento anni. Nessuno lo può dire; neppure i Pelagalli che di questa tradizione sono stati gli iniziatori!

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Fallacciano di Bellegra PAT Lazio

Nell’economia agricola bellegrana, per secoli, il fico secco è stato d’importanza fondamentale, infatti veniva prodotto ed utilizzato come merce di scambio con le popolazioni delle zone più interne fino a quasi tutta la metà del ‘900. A partire dagli anni ’40-’50 del XX secolo, invece si è manifestato un notevole
interesse economico per il fico come prodotto fresco, denominato “Fallacciano”, con una crescita esponenziale nella coltivazione e produzione fino agli anni ’80. Già dalla metà degli anni ’70 si svolsero le prime sagre del Fallacciano nel comune di Bellegra. Durante il periodo della raccolta, nell’ultimo fine settimana di luglio, che precede tra l’altro la festa del patrono del paese San Sisto II P.M., viene dedicata a questo dolce e pregiatissimo frutto la famosa e tradizionale “Sagra del Fallacciano” durante la quale, tra spettacoli popolari e folkloristici, è possibile degustare il gustoso fico in tutte le sue diverse modalità di preparazione.

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Fagiolone di Vallepietra fagiolo ciavattone PAT Lazio

Il Phaseolus coccineous è nettamente diverso dal Phaseolus vulgaris. Originariamente questa specie era coltivata solo a scopo ornamentale per il gran numero di fiori scarlatti che compaiono alla fioritura. Successivamente sono stati selezionati per il consumo umano i tipi a fiore bianco come, appunto, il ‘fasciolone’. Il nome deriva dalla forma del seme bianco, molto grosso, da cui la consuetudine di indicarlo con l’accrescitivo. Le notizie raccolte in loco, dai vecchi agricoltori, non hanno però consentito di definire né l’epoca di inizio della coltivazione di questo ecotipo, né la sua provenienza. Il seme è custodito da agricoltori anziani del posto che lo tramandano da generazioni.

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Fagiolo regina di Marano Equo PAT Lazio

Il Fagiolo Regina di Marano Equo è una varietà locale appartenente alla famiglia delle Papilionaceae, genere Phaseolus specie P. Vulgari L.. Si tratta di un ecotipo a sviluppo indeterminato; anche la fioritura termina con l’inizio della senescenza. La pianta, a portamento prostrato-rampicante, presenta foglie trilobate con foglioline cuoriformi di medie dimensioni e fiore papilionaceo, di colore rosa/viola con l’infiorescenza a racemo che porta solitamente dai 3 ai 5 fiori. Il frutto è un baccello di grandi dimensioni contenente da 5 a 8 semi; i semi sono reniformi ed il baccello è striato di rosso a maturazione cerosa ed i semi presentano un fondo nocciola e screziature che vanno dal rosso al marrone scuro.

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Confettura di uva Cesanese nero di Castelfranco PAT Lazio

Il nome “cesanese” deriva probabilmente da “cesarese” a significare appunto la sua millenaria presenza sul territorio laziale. Il Cesanese di Castelfranco è una variante tipica e autoctona delle colline che sormontano la Città di Rieti.

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Fagiolo di Sutri PAT Lazio

Sutri, situata su un colle tufaceo, tra due torrenti che scorrono in profondissimi valloni con pareti a strapiombo, è caratterizzata da terreni sciolti, di origine vulcanica, ricchi di elementi nutritivi, molto fertili lungo le vallate alluvionali, poste a circa 280 m di quota e datate di acqua per uso irriguo. L’acidità dei terreni della zona, carenti di calcare attivo, l’elevata umidità dell’aria e le temperature basse, tipiche delle piccole valli, costituiscono l’ambiente ideale per la coltivazione del Fagiolo di Sutri, detto anche “Regina”, appartenente alla tipologia borlotto. Si caratterizza per le dimensioni medio-grandi, colore bianco-crema con venature rosso scure e buccia tenera. La cottura è rapida; il Fagiolo di Sutri risulta particolarmente tenero al palato. Consumato fresco fino a settembre, continua la sua vita come prodotto secco o conservato per tutto il periodo invernale, mantenendo inalterate le sue caratteristiche nutritive.

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Fagiolo del purgatorio di Gradoli PAT Lazio

Particolare considerazione per i legumi mostrano, nel XIV secolo, gli Statuti di Gradoli, i quali dedicano un’apposita rubrica a “de pena colligentium cicera et alia legumina”. I fagioli prodotti in questo comune sono legati storicamente all’uso che se ne fa nel Pranzo del mercoledì delle Ceneri, organizzato dalla Confraternita del Purgatorio, reiterando un’antichissima tradizione.

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