Prodotto dolciario a base di farina, zucchero, trito di mandorle, noci e nocciole, vino bianco ed olio extravergine d’oliva. Prima della cottura, che avviene in forno a 220°C circa, i Pacchiarotti vengono spennellati con vino e zucchero. Presentano forma di bastoncini irregolari, sapore dolce e colore marrone chiaro. La ricetta, di origini locali, viene tramandata oralmente da generazioni. Si tratta di una specialità della pasticceria secca di Anagni. Sono biscotti da meditazione, ideali per accompagnare i vini da dessert.
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Murzitti PAT Lazio
I Murzitti presentano colore dorato scuro e sapore dolce di noci e miele. Su una sfoglia preparata
con farina, uova, zucchero e olio extravergine di oliva si dispone un impasto ben amalgamato di noci macinate, uvetta, vermuth, zucchero e miele. Si arrotola e si taglia a strisce. La cottura avviene in forno a legna. Si tratta di una preparazione domestica legata alla tradizione delle feste natalizie. La ricetta è tramandata oralmente e si ha notizia di un dolce natalizio molto simile realizzato in provincia dell’Aquila, territorio confinante con la provincia reatina che fino al 1927 era amministrativamente legata all’Abruzzo.
Pagnottelle di Salatuoro di Sezze PAT Lazio
Le Pagnottelle di salatuoro di Sezze legano la loro produzione ad una antica tradizione, ossia la benedizione del pane nel giorno dell’Assunta. Si tratta di un rito pagano, passato ed adattato alla ritualità cristiana. Durante l’impero di Augusto, infatti, nel giorno delle idi a lui dedicate, venne istituita una festa per celebrare il pane prodotto dal nuovo raccolto di grano. Il rito venne ripetuto per molti secoli fino ad arrivare al Seicento, quando la Chiesa Cattolica trasformò la festa pagana nel rito cristiano dell’Assunta. A Sezze la pagnotta di pane portata sull’ara sacrale si trasformò presto in un dolce che prese il nome di “pagnottella”. Il dolce veniva esposto dalle famiglie lungo il percorso della processione e poi consumato in casa o nelle scampagnate fuori città per la festa di Ferragosto. Oggi la produzione è occasionale, dalla primavera fino all’autunno, mentre è costante ad agosto, specie in corrispondenza della festa dell’Assunta.
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Con la realizzazione di questi dolci di ottima serbevolezza, in un momento di ricchezza di produzione (l’estate) si riusciva a far fronte ai fabbisogni dei periodi di carenza di produzione (l’inverno) con le poche risorse disponibili, e quindi, a soddisfare l’esigenza alimentare con un prodotto nutriente e zuccherino. Questo tipo di trasformazione è classica in tutte le isole del Mediterraneo, per le quali il ruolo dell’autoconsumo è stato storicamente decisivo nel consolidare la presenza dell’uomo in contesti spesso isolati fin da epoche remote. Nel caso di Ponza vi è dotazione certa della colonia borbonica sull’isola del XVIII secolo, cui viene fatta risalire la preparazione.
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Detti anche Mostazzoli, Mustaccioli, Mustazzola in calabrese, Is mustazzolus in sardo o Mustazzoli, sembra proprio che siano biscotti comuni a tutte le regioni dell’Italia peninsulare. Sono dolcetti molto antichi il cui nome sembra derivi dal latino mustaceum che indicava una focaccia dolce con mosto d’uva cotto e formaggio, che veniva cotta sulle foglie di alloro. Qualcuno fa risalire l’origine dei Mostaccioli a un dolce introdotto dagli arabi. Nel Lazio i Mostaccioli sono dolci tradizionali natalizi.
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I Maltagliati o Fregnacce sono un tipo di pasta fresca ideale per la preparazione di piatti per lo più poveri, come la minestra di fagioli. Il nome deriva dal fatto che la sfoglia, preparata con la farina di grano duro e acqua, viene tagliata a mano in modo irregolare e disomogeneo. L’aspetto dei Maltagliati è farinoso.
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I maccheroni con le noci di Vejano sono un tipico dolce natalizio la cui preparazione è molto diffusa nei comuni dell’Alta Tuscia. La particolarità di questo dolce è che uno degli ingredienti fondamentali è la pasta alimentare del tipo reginette con un formato lungo a nastro e il bordo un po’ arricciato. Questo tipo di pasta è stato scelto fra i vari tipi presenti in commercio perché predilige il dolce condimento con le noci tostate e macinate, il cioccolato fondente macinato, lo zucchero, la cannella e la noce moscata: tutti ingredienti che la pasta reginetta sa evidenziare nella ricchezza e l’armonia di sapori. A preparazione completata i Maccheroni con le noci di Vejano si presentano come una torta da tagliare a fette direttamente dentro la ciotola, e più le fette riescono compatte, migliore è la riuscita del piatto.
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I maccheroni a matassa sono dei grossi spaghetti irregolari lunghi e spessi, tirati a mano, del diametro di 4-6 mm, realizzati con un semplice impasto di acqua, farina di grano tenero e sale. Dall’impasto si ricavano “ciambelle” che vengono piano piano allargate con le mani, fino a ricavare una matassa ,da cui vengono tagliati i Maccheroni.
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I Maccheroni alla gavignanese, in dialetto maccaruni, sono una delle più antiche ricette culinarie del Lazio centrale. I documenti più antichi a riguardo risalgono alla metà del ‘500. In Italia sono molti i piatti che portano il medesimo nome, ma i maccaruni gavignanesi hanno una peculiarità che li distingue: il “taglio” molto sottile. I primi dati certi su questo prodotto si possono evincere da un documento datato fine 600 e conservato nell’archivio Aldobrandini di Frascati (di cui una copia è presente nel Museo della Civiltà Contadina di Gavignano) relativo all’inventario degli oggetti presenti nella cucina del Palazzo Baronale, (acquistato dalla famiglia Aldobrandini). Nel documento si menziona proprio una cucchiara degli maccaruni.
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I Maccheroni alla gavignanese, in dialetto maccaruni, sono una delle più antiche ricette culinarie del Lazio centrale. I documenti più antichi a riguardo risalgono alla metà del ‘500. In Italia sono molti i piatti che portano il medesimo nome, ma i maccaruni gavignanesi hanno una peculiarità che li distingue: il “taglio” molto sottile. I primi dati certi su questo prodotto si possono evincere da un documento datato fine 600 e conservato nell’archivio Aldobrandini di Frascati (di cui una copia è presente nel Museo della Civiltà Contadina di Gavignano) relativo all’inventario degli oggetti presenti nella cucina del Palazzo Baronale, (acquistato dalla famiglia Aldobrandini). Nel documento si menziona proprio una cucchiara degli maccaruni.
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