Anguilla del lago di Bolsena PAT Lazio

L’Anguilla del Lago di Bolsena è già nota ai Romani per la sua bontà, tanto che Columella, agronomo romano del 50 d.C., autore del De Re Rustica, riferisce che nei laghi di Bolsena e Cimino (oggi Lago di Vico) si allevavano, tra i vari pesci, anche le anguille. Ma questo pesce raggiunge il massimo della notorietà nel Medioevo, tanto da essere citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Purgatorio, XXIV, 20-24): “… e quella faccia di là da lui più che l’altre trapunta ebbe la santa Chiesa in le sue braccia: dal Torso fu e purga per digiuno l’anguille di Bolsena e la vernaccia”. Questi versi si riferiscono ad un voracissimo papa, ghiotto di anguille: Martino IV, al secolo Simon de Brion, nato nel 1220, passato alla storia più per l’appetito che per l’impegno pastorale, e molti commentatori dell’epoca sembrano concordare con Dante sulla sua personalità. Per esempio, Iacopo della Lana, nel ‘300, riprendendo Dante, lo dipinge così: “Fu molto vizioso della gola e per le altre ghiottonerie nel mangiare ch’elli usava, faceva tòrre l’anguille dal lago di Bolsena e quelle faceva annegare e morire nel vino alla vernaccia…”. Nell’Ottocento Niccolò Tommaseo, commentando il verso dantesco, cita anche un epitafo in latino che, scolpito sulla tomba di Martino IV, così recitava: “Gioiscono le anguille perché giace qui morto colui che, quasi fossero colpevoli di morte, le scorticava”. Ancora oggi a Bolsena i pescatori impiegano le barche da pesca dal tipico scafo piatto, ampio e di forma triangolare: sono imbarcazioni di origine etrusca lunghe circa 6 metri, un tempo costruite con legno di cerro e olivo.

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Alici sotto sale del Golfo di Gaeta PAT Lazio

Il pescato del tratto di Mar Tirreno compreso tra le Isole di Ponza e Ventotene e la costa era considerato di grande pregio fin dall’antichità: trasportato nottetempo da corrieri a cavallo sull’Appia, apriva l’asta del pesce nella Roma imperiale. È tuttora rinomato grazie ad una cucina tipica legata al mare che è una delle principali attrattive del litorale pontino. La tecnica di conservazione sotto sale delle alici risale ai Romani che, grazie alla salatura, conservavano il pesce per tutto l’inverno in caratteristici cocci, nei quali il prodotto, delicato, veniva disposto a raggiera e compattato.

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Alici marinate PAT Lazio

Ricordata negli antichi Statuti della città di Gaeta, la preparazione delle Alici marinate trova conferma in un lavoro del 1890, di Domenico Giordano, dal titolo “Ittiologia del Golfo di Gaeta” in cui si parla di “alice in bianco” riconducibile al colore che la carne di alici assume col passaggio in aceto e sale. La tecnica di conservazione in esame è molto antica e risale ai tempi dei Greci che ricorrevano alla marinatura e alla salatura del pesce per conservare il prodotto più a lungo.

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Trota reatina PAT Lazio

La forte presenza di sorgenti, fiumi, torrenti e laghi fa di Rieti la provincia laziale più ricca di acque. Questo ha segnato profondamente, nel corso dei secoli, la sua economia, basti pensare alla pesca e all’acquacoltura, all’importanza delle sorgenti del Peschiera, di S. Susanna e delle Capore. La pesca della trota, in particolare, ha esercitato, sin dall’antichità, un ruolo determinante.

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Quatara di Porto Cesareo PAT

Il piatto è citato da Luigi Sada in Buon appetito a Leverano (1979) pag. 257. Questo piatto è tuttora molto apprezzato ma, ovviamente, si prepara con tutti i comfort delle moderne cucine casalinghe o professionali. E’ piatto principale in occasione di sagre e manifestazioni gastronomiche, fra cui l’ormai storica “Sagra del Pesce” di Porto Cesareo, una delle più datate e interessanti sagre del Salento.

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Polpo crudo arricciato PAT

Il polpo (Octopus vulgaris) viene consumato crudo come antipasto o aperitivo. È una delle pietanze che costituisce il cosiddetto “crudo di mare”. A Bari il crudo di mare viene definito la “colazione dei pescatori” e si compone di allievi, polpi, ostriche, noci, cozze nere, cozze pelose, ricci e tagliatelle di mare: tutto rigorosamente crudo. I polpi da mangiare crudi sono quelli di scoglio, pescati dalle barchette. Vengono arricciati con una tecnica unica al mondo che si perpetua da secoli.

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Polpo alla pignatta PAT

Il polpo anche grazie alla sua cospicua diffusione in tutte le acque che bagnano il Salento, è da sempre un assiduo frequentatore delle tavole dei salentini. Già il Galateo scriveva di uomini che nelle fredde notti invernali senza luna, ignudi e muniti di grosse torce costituite da sarmenti di edera secca e di rudimentali arpioni, si dedicavano proficuamente alla pesca di questi cefalopodi.

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Monacelle PAT

Varie le possibili utilizzazioni gastronomiche di questo mollusco, ricercato e considerato prelibato in tutto il Salento. Una delle varianti più comuni è la seguente: Si lavano le chiocciole, si privano dell’opercolo e si lasciano a bagno in acqua. Si pone in una casseruola, abbondante cipolla affettata, si spolverizza di sale e si lascia appassire con dell’ottimo olio d’oliva. Si uniscono le chiocciole ben sgocciolate, qualche foglia d’alloro e si  continua la cottura a fiamma allegra. Si regola ancora di sale e quando comincia ad affiorare nuovamente l’olio, si versa un bicchiere di vino (particolarmente indicato il Rosato del Salento) che si lascia evaporare. Quindi si serve ben caldo.

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