Uva catalanesca PAT Campania

Questo frutto deve il suo nome alla sua origine geografica: fu importata qui dalla Catalogna, da Alfonso I d’Aragona nel XV secolo, e impiantato sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzigno. Su questi fertili terreni vulcanici l’uva fu presto sfruttata per vinificare dai contadini vesuviani negli imponenti cellai delle masserie, dove ancora oggi è possibile trovare torchi che risalgono al ‘600. Solo il prodotto eccedente veniva utilizzato come uva da tavola.

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Torzella PAT Campania

La torzella è uno dei più antichi tipi di cavolo che si sono sviluppati nel bacino del mediterraneo, infatti è detta anche “cavolo greco”, oltre che “torza riccia”. Oggi è una pianta presente soprattutto nella zona dell’Acerrano Nolano, in provincia di Napoli. Presenta foglie carnose ricce, di colore verde scuro, ed è molto e resistente al freddo. I germogli vengono raccolti per essere consumati sia allo stato fresco che cucinati in appetitose ministre della cucina tradizionale napoletana. In estate, ad esempio, il particolare sapore si sposa, dopo una breve cottura, con il pomodoro San Marzano, ma viene anche utilizzato crudo in insalate o per guarnire pietanze in combinazione con frutti di mare. D’inverno rappresenta un ingrediente immancabile della tradizionale minestra maritata.

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Timo delle coste del Mutria PAT Campania

Nell’area considerata si rinvengono spontanee due specie del genere Thymus; in particolare si utilizzano, per tisane o per condire minestre ed arrosti, le foglioline e le infiorescenze essiccate di una particolare varietà di Thymus vulgaris che cresce spontanea soprattutto nei terreni aridi e sassosi fino ad un’altitudine di 1.500 m s.l.m.; è una pianta arbustiva perenne alta fino a 40-50 cm con fiori bianchi riuniti a grappolo, fusto legnoso nella parte inferiore e molto ramificato che forma dei cespugli molto compatti, con rami non striscianti; viene invece utilizzata per “conciare” formaggi e ricotta essiccata un’altra specie, Thymus serpillum, comunemente conosciuta in zona con il nome improprio di “pimpinella”, dai fusti più lunghi, striscianti e le foglie più piccole, verde scuro lucido con sfumature violacee e fiori normalmente rosa lilla.

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Tartufo nero di Bagnoli Irpino PAT Campania

Le testimonianze sulla presenza del tartufo nero del Matese sono essenzialmente verbali; nel “Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani, dedicato a Sua maestà Ferdinando IV Re delle Due Sicilie Tomo I, 1797” è riportato “… nelle sue parti montuose (riferite al territorio di Ailano, facente parte del massiccio del Matese) verso settentrione vi è piantaggione di alberi…. Vi si trovano similmente de’ buoni e saporosi tartufi”. E’ presumibile che l’area matesina, ben conosciuta dai Borbone, approvvigionasse la Real Casa di tale prodotto, che era all’epoca molto gradito al Re ed alla sua corte.

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Tartufo nero del matese PAT Campania

Le testimonianze sulla presenza del tartufo nero del Matese sono essenzialmente verbali; nel “Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani, dedicato a Sua maestà Ferdinando IV Re delle Due Sicilie Tomo I, 1797” è riportato “… nelle sue parti montuose (riferite al territorio di Ailano, facente parte del massiccio del Matese) verso settentrione vi è piantaggione di alberi…. Vi si trovano similmente de’ buoni e saporosi tartufi”. E’ presumibile che l’area matesina, ben conosciuta dai Borbone, approvvigionasse la Real Casa di tale prodotto, che era all’epoca molto gradito al Re ed alla sua corte.

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Tartufo di Colliano PAT Campania

La tartufaia naturale è l’appezzamento di terreno, l’argine e il bosco in cui si trovano i corpi fruttiferi del fungo. Le aree di vegetazione del Tuber Aestivum Var. uncinatum Chatin nel comprensorio “Alto Sele” sono ubicate nei boschi di faggio, carpino, quercia e nocciolo a quote che vanno dai 200 ai 1500 metri sul livello del mare

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Tartufo di Ceppaloni PAT Campania

Il tartufo di Ceppaloni non è stato sempre apprezzato e conosciuto. Infatti si racconta di patate puzzolenti che i contadini cavavano nei loro campi e buttavano via con disgusto. I preziosi tartufi erano infatti considerati amare sorprese di una terra che non premiava adeguatamente il duro lavoro quotidiano. La storia di questo tartufo di intreccia inequivocabilmente con la leggenda delle streghe che si riunivano nello Stretto di Barba, località del Comune di Ceppaloni, per celebrare sotto il millenario noce il Sabba. Queste donne conoscevano il potere e le proprietà delle erbe ma soprattutto il potere afrodisiaco di queste “papate puzzolenti” di cui si cibavano.

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