Pianta resistente e rustica, ha spiga compatta con lemmi aristati e due file di spighette unite al rachide. L’altezza della pianta è mediamente 130 cm. La cariosside ha una dimensione simile a quella di un chicco di grano, forma ovoidale, a frattura bianca farinosa e rivestita da glume e glumelle che, essendo aderenti, rendono necessaria l’operazione di brillatura. Rispetto al frumento viene seminato più fitto e per la sua rusticità necessita di minori trattamenti chimici. La raccolta è leggermente più tardiva del frumento, normalmente a fine giugno. Il farro subisce la decorticatura e, se richiesto, la perlatura e la macinatura.
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Farina dolce di Granaglione, farina d’ castaggne PAT Emilia Romagna
Il castagno, fornitore di un alimento di primaria importanza, diventa “albero del pane” destinato a sfamare intere popolazioni dell’Appennino e non solo. Anche nell’Alta Valle del Reno si diffonde la coltivazione della “Castanea Sativa”. La storia degli insediamenti dei castagneti in questi territori non è certa, si può desumere sia stato introdotto da centinaia d’anni come ci insegna anche lo sviluppo di alcune piante pluricentenarie che ancora sopravvivono alla campagna del tannino. Attorno al 1920, infatti, nella zona fu insediata una fabbrica per la produzione di tanninoricavati dalla distillazione del legno dei castagni.
View More Farina dolce di Granaglione, farina d’ castaggne PAT Emilia RomagnaDoppio concentrato di pomodoro PAT Emilia Romagna
Il doppio concentrato di pomodoro affonda le proprie radici agli inizi del ‘900 in Emilia Romagna, dove le aziende conserviere iniziarono a produrre i primi concentrati di pomodoro. Questo tipo di produzione nasceva da un’esigenza tutta italiana: quella di conservare inalterato nel tempo un prodotto deperibile come il pomodoro.
View More Doppio concentrato di pomodoro PAT Emilia RomagnaCorniola, cornina, cornuzza, barzizza, curnèna, curnòzza PAT Emilia Romagna
Questa varietà di ciliegia è piuttosto antica. Già nel 1665 l’agronomo bolognese Vincenzo Tanara, nel suo scritto “L’economia del cittadino in villa”, cita un autore latino minore, Servio, che testimonia che, le ciliegie “Cornee” erano presenti ancor prima che Plinio nel primo secolo avanti Cristo ne attestasse l’esistenza. Tra il Settecento e l’Ottocento è questa varietà di ciliegia la si può riconoscere negli acquerelli del Majoli, ove appaiono frutti simili all’ attuale corniola. Il nome corniola probabilmente è dato dalla somiglianza nella consistenza della polpa e nella forma con il frutto del corniolo (Cornus mas).
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Nel trattato di agricoltura di Piero De Crescenzi, traslato nella favella fiorentina, edito a Firenze nel 1478, si parla del cocomero come di un’erba selvatica nota, dal cui sugo si ricava un lassativo più o meno dolce, ma si ricorda anche l’utilità per gli sciatici, artritici e podagrici. Nel corso teorico pratico di agricoltura di Carlo Berti Pichat (Torino, 1866, vol. V), si definiscono i frutti del cocomero nel modo seguente: “sono graditissimi al popolo il quale si disseta e rinfresca nei calori estivi, mangiandone la polpa acquea, sugosa e dolce”.
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Leguminosa da granella simile alla pianta dei ceci. Si semina in primavera. Al momento della raccolta (fine luglio-agosto) la pianta viene tagliata, lasciata ad essiccare poi trebbiata. Si procede alla pulitura dei semi quindi il prodotto viene confezionato con l’aggiunta di una foglia di alloro e alcuni grani di pepe per garantire una conservazione naturale del prodotto.
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I piatti a base di “cucciaroli”- castagne secche- sono alla base di molte ricette, dettate dalle materie prime disponibili ma soprattutto dalla fantasia di chi doveva sfamare la famiglia. Fra le varie ricette ricordiamo: Cucciaroli con pane e Sapa/Saba: aggiungere nell’acqua di cottura dei cucciaroli, pane abbrustolito e un po’ di sapa e servire questo composto coi cucciaroli lessati in tavola. Cucciaroli dolci al vino rosso: mettere 4 etti di castagne secche a bagno in acqua tiepida il giorno prima. Pulite dalle pellicine e lavatele. Poi mettetele in un tegame con 6 cucchiai di zucchero, mezzo litro di vino rosso e fatele cuocere lentamente per 3 ore aggiungendo altro vino se sono troppo asciutte. Devono diventare morbide e caramellate. Ottime accompagnate con panna montata.
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Il castagno, fornitore di un alimento di primaria importanza, diventa “albero del pane” destinato a sfamare intere popolazioni dell’Appennino e non solo. Anche nell’Alta Valle del Reno si diffonde la coltivazione della “Castanea Sativa”. La storia degli insediamenti dei castagneti in questi territori non è certa, si può desumere sia stato introdotto da centinaia d’anni come ci insegna anche lo sviluppo di alcune piante pluricentenarie che ancora sopravvivono alla campagna del tannino. Attorno al 1920, infatti, nella zona fu insediata una fabbrica per la produzione di tanninoricavati dalla distillazione del legno dei castagni.
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E’ una preparazione tipicamente campagnola. Nelle sere invernale era facile trovare la famiglia di contadini accanto al fuoco del camino che gustava queste castagne profumate al vino. Nelle sere di veglia, quando il freddo si faceva maggiormente sentire, i contadini prendevano le castagne bollenti, le mettevano in una scodella e le ricoprivano di vino rosso “brusco”, lasciato intiepidire accanto al fuoco.
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I frutti della castagna reggiana sono utilizzati per la produzione di farina e solo occasionalmente per il consumo fresco a causa della difficile eliminazione dell’”episperma”. La coltivazione di castagne è diffusa in Emilia-Romagna,ed in particolare nella provincia di Reggio Emilia. La castagna reggiana si riferisce a varietà locali coltivate nella zona o a prodotti derivati da castagne coltivate nella regione.
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