Il Fagiolo Regina di Marano Equo è una varietà locale appartenente alla famiglia delle Papilionaceae, genere Phaseolus specie P. Vulgari L.. Si tratta di un ecotipo a sviluppo indeterminato; anche la fioritura termina con l’inizio della senescenza. La pianta, a portamento prostrato-rampicante, presenta foglie trilobate con foglioline cuoriformi di medie dimensioni e fiore papilionaceo, di colore rosa/viola con l’infiorescenza a racemo che porta solitamente dai 3 ai 5 fiori. Il frutto è un baccello di grandi dimensioni contenente da 5 a 8 semi; i semi sono reniformi ed il baccello è striato di rosso a maturazione cerosa ed i semi presentano un fondo nocciola e screziature che vanno dal rosso al marrone scuro.
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Confettura di uva Cesanese nero di Castelfranco PAT Lazio
Il nome “cesanese” deriva probabilmente da “cesarese” a significare appunto la sua millenaria presenza sul territorio laziale. Il Cesanese di Castelfranco è una variante tipica e autoctona delle colline che sormontano la Città di Rieti.
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Sutri, situata su un colle tufaceo, tra due torrenti che scorrono in profondissimi valloni con pareti a strapiombo, è caratterizzata da terreni sciolti, di origine vulcanica, ricchi di elementi nutritivi, molto fertili lungo le vallate alluvionali, poste a circa 280 m di quota e datate di acqua per uso irriguo. L’acidità dei terreni della zona, carenti di calcare attivo, l’elevata umidità dell’aria e le temperature basse, tipiche delle piccole valli, costituiscono l’ambiente ideale per la coltivazione del Fagiolo di Sutri, detto anche “Regina”, appartenente alla tipologia borlotto. Si caratterizza per le dimensioni medio-grandi, colore bianco-crema con venature rosso scure e buccia tenera. La cottura è rapida; il Fagiolo di Sutri risulta particolarmente tenero al palato. Consumato fresco fino a settembre, continua la sua vita come prodotto secco o conservato per tutto il periodo invernale, mantenendo inalterate le sue caratteristiche nutritive.
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Particolare considerazione per i legumi mostrano, nel XIV secolo, gli Statuti di Gradoli, i quali dedicano un’apposita rubrica a “de pena colligentium cicera et alia legumina”. I fagioli prodotti in questo comune sono legati storicamente all’uso che se ne fa nel Pranzo del mercoledì delle Ceneri, organizzato dalla Confraternita del Purgatorio, reiterando un’antichissima tradizione.
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Il Fagiolo Cioncone è un ecotipo locale appartenente alla famiglia delle Papilionaceae, genere Phaseolus, specie P. Vulgari. Il seme del Fagiolo Cioncone presenta forma ovale, colore beige e calibro da 8 a 10 mm. Il contenuto proteico è intorno al 23%. Attualmente la coltivazione del Fagiolo cioncone avviene prevalentemente in orti a conduzione familiare pertanto con forte orientamento all’autoconsumo.
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Fagiolo giallo
Fagiolo solfarino
Fagiolo Verdolino PAT Lazio
I fagioli diffusi nella provincia di Viterbo rappresentano antiche varietà locali i cui semi sono stati gelosamente custoditi per anni e riprodotti per uso personale da anziani agricoltori della zona. Le loro particolari caratteristiche organolettiche e nutrizionali sono determinate dalle condizioni climatiche e dalla composizione dei suoli in cui crescono. La coltivazione avviene su terreni vulcanici caratterizzati da una forte presenza di potassio totale e assimilabile, assenza di fosforo, una granulometria ottimale, una buona presenza di sostanza organica, assenza di calcio.
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Fagiolo solfarino
Fagiolo Verdolino PAT Lazio
Cipolla prossedana PAT Lazio
Cipolla prossedana PAT Lazio
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Il territorio interessato alla produzione del Fagiolo Cappellette di Vallepietra si trova all’interno del territorio del Parco Regionale dei Monti Simbruini e della Comunità Montana dell’Aniene, alle pendici del monte Autore (1855 m slm) e a valle del centro abitato, lungo la stretta lingua di terreno formatasi in seguito all’azione del fiume Simbrivio ove vengono coltivati i diversi ecotipi di Fagiolo originari di Vallepietra. In questi terreni di origine carsica, ricchi di scheletro, tendenzialmente sciolti, anche se con buona dotazione di sostanza organica, la coltivazione del fagiolo viene praticata da lungo tempo. Lungo le sponde del fiume, si possono osservare una serie di microaziende che costituiscono parte integrante del paesaggio, nelle quali la popolazione locale coltiva le ortive utilizzando tecniche tradizionali.
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La coltivazione del fagiolo, connessa a tutte le economie povere, ha trovato nel territorio di Borbona (da cui prende il nome) il luogo ideale, grazie alla composizione e alla giacitura dei terreni e all’attaccamento a tradizioni familiari di un’economia montana di sopravvivenza, che ha portato ad una selezione naturale della varietà, destinata esclusivamente all’autoconsumo. L’esigua quantità di prodotto è determinata dal fatto che non si utilizzano mezzi meccanici per la produzione, ma tutte le fasi di lavorazione del terreno vengono eseguite con attrezzi e metodiche tradizionali. È escluso anche l’uso di concimi chimici a cui si preferisce il letame animale, ancora facilmente reperibile grazie ai numerosi allevatori della zona. Tradizionalmente la semina avviene in prossimità del 27 maggio, giorno dedicato ai festeggiamenti in onore di Santa Restituta, protettrice del paese. Legata alla tradizione è anche l’asciugatura dei baccelli non ancora sgranati che vengono posti ad asciugare al sole. Il paese coltiva questo prodotto da lungo tempo, come attestano le numerose testimonianze orali raccolte. Dal 1980, ogni anno, la terza domenica di ottobre, si svolge la Sagra del Fagiolo borbontino che richiama numerosi visitatori
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Nei comuni di Paliano (FR), in cui ricade la Riserva Naturale de La Selva, e di San Vito Romano (RM) viene coltivato da sempre una specie di legume che localmente viene chiamato “fagiolo a suricchio” il cui nome deriva dalla forma a falce del baccello. Fino a circa 50-60 anni fa il seme del fagiolo a suricchio rappresentava merce di scambio fra gli agricoltori e le signore del posto, ognuna con il proprio orticello che lo coltivavano e lo vendevano direttamente presso la propria abitazione o presso la piazza del paese. Molte sono le testimonianze orali che raccontano di questo fagiolo, che per secoli ha rappresentato un’importante risorsa alimentare per il periodo invernale, ma che era anche fonte di guadagno.
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