Riso di tre varietà diverse (Carnaroli, Arborio e Thaibonnet) coltivato nel territorio della Maremma Grossetana, unico esempio di risicoltura toscana. Dopo la preparazione del terreno, a fine inverno, e l’immissione in risaia delle acque del fiume Ombrone, si procede alla semina delle tre varietà utilizzate (tarda primavera). Per evitare la presenza di risi selvatici e di altre infestanti, che ostacolerebbero lo sviluppo delle plantule di riso, viene effettuata la mondatura manuale. Dopo la raccolta, il riso viene sottoposto alle operazioni di decorticazione e lavorato con tecnologie d’avanguardia, che operano in modo estremamente naturale. Come il riso genuino di una volta, riposto nel sacco di carta, si conservava integro in modo naturale e, per questo, ha una data di scadenza più breve degli altri risi.
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Rapo del Valdarno PAT Toscana
Ortiva tipica della cucina invernale, si consuma abbinata al maiale o alle preparazioni in umido dopo averla lessata. Seminato a spaglio a luglio o a settembre dopo il grano, nei primi mesi produce broccoletti, poi le piante vengono a poco a poco diradate fino a lasciarne una ogni metro, affinché possano formare una bella infiorescenza. Nel rapo nostrale, a differenza di quello convenzionale, l’infiorescenza si sviluppa già prima dell’inverno se è stato seminato a luglio. Con la semina di settembre l’infiorescenza si forma la primavera successiva. Oltre ai broccoletti vengono utilizzate anche le foglie; le piante lasciate troppo fitte producono poco. Pianta molto rustica, non necessita di irrigazione nemmeno dopo la semina e non viene attaccata da parassiti animali. Alcuni agricoltori usano trapiantare per la riproduzione le piante più belle in una zona isolata oppure in vasi, per evitare incroci. Per l’essiccazione delle silique le piante vengono tagliate sopra il colletto e appese all’aria, capovolte, in zone ombreggiate.
View More Rapo del Valdarno PAT ToscanaRapino di Bergiola Foscalino PAT Toscana
Ortiva tipica della cucina invernale. La radice è tozza, di colore bianco-verde e di sapore dolciastro; è più lunga e sottile del comune rapino. Viene seminato ad agosto, in pieno campo, con seme ottenuto da piante autoctone. La raccolta è effettuata generalmente a mano.
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La radicchia di Lucca è una varietà di indivia scarola molto resistente al freddo. Si semina a metà settembre e si trapianta a fine ottobre. Presenta foglie di un colore verde intenso a margine seghettato, di forma allungata con apice di forma rotondeggiante. Si raccoglie fino ad aprile. Si trova coltivata solo sporadicamente. Anche se si adatta, sia in pianura che in collina, a tutte le tipologie di tessitura del terreno, sono preferibili terreni mediamente fertili e drenati. Nonostante venga utilizzata la concimazione organica, la radicchia di Lucca non è particolarmente esigente in tal senso; pure le esigenze idriche sono modeste. L’epoca di raccolta va da febbraio ad aprile.
View More Radicchia di Lucca PAT ToscanaPomodoro stella PAT Toscana
La tradizionalità del prodotto è costituita dalla particolarità della cultivar: il pomodoro stella è famoso per la consistenza, per la forma originale e per il sapore ricco; si presta ad essere consumato fresco sul pane. Ottimo anche per le conserve, non perde in acqua e il profumo è persistente. Una volta, dopo la raccolta, si usava imballare i pomodori in ceste di vimini e stoccarli in stalle sulla paglia. A Pescia erano appoggiati sui cannicci. La gelosa autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Viene consumato nel brodo, nei minestroni e in insalata.
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Questa varietà di pomodoro, ottima per la preparazione delle conserve, pur essendo ricordata da tutti gli agricoltori, purtroppo è stata conservata solo da pochi ed è limitata al circuito del consumo familiare.
Sembra che il nome “quarantino” nella zona di Cavriglia sia utilizzato come sinonimo di fiorentino, ma esso non è costoluto-grinzoso come il primo. O forse sta ad indicare che si tratta del vecchio pomodoro nostrale detto appunto “Pomodoro antico nostrale”. Questa varietà è inserita nell’elenco per la tutela e la valorizzazione delle razze e varietà locali (L.R. n°64/04).
Pomodoro pisanello PAT Toscana
La tradizionalità del prodotto è costituita sia dalla particolarità della cultivar sia dalla tecnica di produzione. Il pomodoro pendentino è noto per la consistenza, la forma particolare e per il sapore. Per conservare il pomodoro fino all’inverno veniva appeso ai travi o steso sui cannicci; i cannicci vanno immaginati come delle scaffalature sui cui ripiani c’era appunto un incannicciato sul quale venivano messi i pomodori o l’uva. I cannicci si trovavano all’ultimo piano delle case contadine, in stanze con retini alle finestre (le finestre rimanevano aperte o spesso non c’erano proprio). I pomodori venivano spolverati direttamente con polvere di zolfo per aumentarne la conservazione. L’attenta autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Il pendentino ben si presta ad essere consumato fresco con pane e olio , ma anche nel brodo, nei minestroni e in insalata, e spesso in padella con l’uovo.
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La tradizionalità del prodotto è costituita sia dalla particolarità della cultivar sia dalla tecnica di produzione. Il pomodoro pendentino è noto per la consistenza, la forma particolare e per il sapore. Per conservare il pomodoro fino all’inverno veniva appeso ai travi o steso sui cannicci; i cannicci vanno immaginati come delle scaffalature sui cui ripiani c’era appunto un incannicciato sul quale venivano messi i pomodori o l’uva. I cannicci si trovavano all’ultimo piano delle case contadine, in stanze con retini alle finestre (le finestre rimanevano aperte o spesso non c’erano proprio). I pomodori venivano spolverati direttamente con polvere di zolfo per aumentarne la conservazione. L’attenta autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Il pendentino ben si presta ad essere consumato fresco con pane e olio , ma anche nel brodo, nei minestroni e in insalata, e spesso in padella con l’uovo.
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La tradizionalità del pomodoro pallino risiede sia nella particolarità della cultivar, sia nella tecnica di conservazione: si presta ad essere conservato a lungo, fino ai mesi invernali. Nel livornese è frequente vedere le “filze”, ovvero i grappoli di questi pomodori piccoli, rossi e tondi appesi sotto le tettoie delle case di campagna, i cosiddetti “ciglieri”. Soprattutto in passato questo tipico metodo di conservazione costituiva un simbolo caratteristico del paesaggio rurale, frequentemente fotografato o dipinto per l’armonia dei colori e delle forme. Il pomodoro pallino era molto usato nell’alimentazione dei contadini, che lo strofinavano sul pane in inverno; si dice che i medici consigliassero le “freghe” (fette di pane con pomodoro “da serbo”), come ricostituenti per pazienti debilitati. Oggi è coltivato solo per autoconsumo o per la vendita nei mercati locali.
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Il pomodoro marmande è una cultivar che dà frutti di colore rosso intenso, schiacciati e di forma irregolare. Pianta ad accrescimento semideterminato, il pomodoro marmande si coltiva in pianura ed è adatto a differenti tessiture di terreno; non richiede terreni particolarmente fertili e drenati.
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