Zafferano delle colline fiorentine PAT Toscana

Numerosi richiami storici attestano la presenza produttiva, la commercializzazione e l’alto riconoscimento dello zafferano delle Colline fiorentine che veniva denominato e apprezzato a livello internazionale come “zima di Firenze”. Lo stesso veniva utilizzato anche come valore di scambio di merci ed utilizzato come spezia per la preparazione di piatti e pietanze prelibate. Nel Medioevo a Firenze affluivano commercanti di tutta Europa per acquistare lo zafferano del contado fiorentino ed ai tempi del Da Uzzano (1440) lo zafferano transitante per Firenze era soggetto ad un dazio di transito di otto fiorini per soma, per differenziarlo dallo zafferano prodotto in loco. È noto, da precisi riferimenti storici, che Firenze era un centro di produzione dello zafferano e da alcuni brani frammentari di Baumgartner sembra che i dintorni della città fossero le migliori zone di produzione. Da diversi anni alcuni agricoltori hanno ripreso questa coltivazione nella zona con successo pari ai riconoscimenti ottenuti nel basso ed alto Medioevo

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Zafferano aretino PAT Toscana

Si narra che lo zafferano venisse coltivato, nelle case più “danarose”, già agli inizi del secolo, in vasi, allo stesso modo del basilico . La particolarità della coltivazione viene comunque annoverata al terreno affermando che i terreni renosi, friabili e che facciano defluire l’acqua in modo tale da non compromettere i bulbi ne conferiscano una ottimale riuscita producendo fiori più grandi delle misure solite che si vanno a raccogliere nelle piantagioni abruzzesi .

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Uva colombana di Peccioli PAT Toscana

L’uva colombana è una cultivar che per la sua consistenza e per il contenuto zuccherino si presta ad essere conservata fino all’inizio dell’inverno, in locali arieggiati tipici delle campagne della zona, dove i contadini erano soliti appendere, nei diversi periodi, oltre all’uva anche pomodorini “da serbo” e patate. In passato era conosciuta sui mercati nazionali di Firenze, Genova e Milano, ed esteri della Jugoslavia e dell’Inghilterra. La produzione si aggirava intorno ai 600 quintali l’anno. Agli inizi del secolo molte persone (soprattutto da Firenze) si recavano a Peccioli per una settimana, per effettuare “la cura dell’uva colombana” da settembre in poi, perché le erano attribuite proprietà disintossicanti e ricostituenti.

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Tartufo scorzone della Toscana PAT

Il tartufo scorzone (Tuber aestivum Vitt.), ha uno strato esterno grossolanamente verrucoso, colore nero con verruche grandi, piramidate e polpa dal giallastro al bronzeo, con numerose venature chiare e arborescenti che scompaiono con la cottura. Ha dimensioni variabili da quelle di una nocciola a quelle di una mela. Presenta un tenue e gradevole profumo, leggermente fungino.Meno esigente, rispetto al tartufo nero pregiato, per quanto riguarda le caratteristiche pedoclimatiche, ha di conseguenza una distribuzione più ampia, estesa in pratica a tutte le province della regione.

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Tartufo nero uncinato della Toscana PAT

Il tartufo uncinato della Toscana (Tuber uncinatum Chatin) ha uno strato esterno verrucoso, colore nero e polpa di color cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Questo tartufo è molto simile nell’aspetto al tartufo scorzone, anche se generalmente è di dimensioni più piccole e presenta profumo e sapore più intensi.

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Tartufo nero pregiato della Toscana PAT

Il tartufo nero pregiato della Toscana (Tuber melanosporum Vitt.) ha uno strato esterno nero rugoso con verruche minute, poligonali e gleba o polpa nero-violacea a maturazione, con venature bianche e fini che divengono un po’ rosseggianti all’aria e nere con la cottura. Può avere grandezza variabile da quella di una nocciola a quella di un’arancia. Emana un profumo delicato molto gradevole.

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Tartufo bianco della Toscana PAT

In Toscana la raccolta dei tartufi ha una tradizionalità piuttosto pronunciata; già alla fine degli anni trenta, infatti, era presente sul territorio una cultura della raccolta del tartufo. La presenza di otto associazioni di raccoglitori mostra chiaramente l’importanza di questo prodotto in Toscana e il suo profondo radicamento nel territorio. Il tartufo bianco si consuma fresco perché non è adatto alla cottura, che gli fa perdere gran parte delle qualità organolettiche.

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Tartufo bianchetto della Toscana PAT Toscana

Il tartufo bianchetto del litorale (Tuber albidum Pico) ha uno strato esterno liscio, di colore tendente al fulvo e una polpa chiara di colore variabile dal fulvo al violaceo-bruno, provvista di numerose venature. Le sue dimensioni sono abbastanza ridotte e di solito non superano quelle di un uovo di gallina. Ha un profumo simile a quello dell’aglio.

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Tabacco kentucky della Val Tiberina PAT Toscana

La pianta allo stadio maturo ha portamento assurgente, raggiunge un’altezza di circa 130 cm. Le foglie rappresentano l’obiettivo della coltivazione e possono raggiungere dimensioni anche di 100 cm. Si presentano, poco prima della raccolta, di un bel colore verde intenso ed assumono un colore dal giallo canarino virando gradualmente al marrone intenso con i processi di ingiallimento, fissazione del colore, essiccazione della lamina ed essiccazione della costola. Il prodotto essiccato viene confezionato in scatole dopo essere stato allestito, cioè diviso in classi merceologiche, pronto per essere utilizzato per la preparazione del famoso sigaro toscano.

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Susina Amoscina Nera di San Miniato PAT Toscana

La Susina Amoscina è di origine antichissima se, come indica Ottaviano Targioni Tozzetti nel suo prezioso dizionario botanico, essa può essere identificata con la Susina Damascena, introdotta secondo Plinio fra il III e il II secolo a.C. e ampiamente coltivata dai romani; nel tempo il nome sarebbe stato corrotto fino a divenire Moscina o Amoscina. Secondo Antonio Targioni Tozzetti, autore di una importnte opera sull’introduzione delle piante in Toscana, la Susina amoscina è da identificarsi con la Susina damaschina d’estate, ampiamente descritta da Giorgio Gallesio nella sua già citata “Pomona Italiana”. Per quanto Gallesio ritenga che essa non sia presente in Toscana, la susina damaschina d’estate è da considerarsi sinonima dell’Amoscina, e risulta essere coltivata e diffusa in Toscana da lungo tempo. La coltivazione della Susina Amoscina Nera nel Comune di San Miniato ha una lunga tradizione che risale ai primi anni del 900 quando la campagna sanminiatese costituiva il grande orto di Firenze e oltre al carciofo, al pomodoro ed a molti tipi di insalata venivano coltivati molti frutti fra cui la susina amoscina nera. Gli agricoltori anziani che la coltivano ancora sono soltanto due ed hanno fornito le piante ai giovani produttori che hanno iniziato a moltiplicarle.

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