Noce malizia e noce di San Martino PAT Campania

La noce “malizia” o “milizia” (in foto) è coltivata nel Napoletano e nell’Avellinese, soprattutto nelle zone del Vallo Lauro e dell’Acerrano Nolano. è un frutto di forma allungata, leggermente ellittica, dal guscio sottile, chiaro e poco rugoso; è di dimensioni medio grandi ed ha un gheriglio di colore biondo chiaro ed una polpa soda e chiara dal sapore ottimo. Viene normalmente coltivata in consociazione al noccioleto ed i suoi frutti vengono raccolti tramite bastonatura e poi essiccati. Anche la Malizia è afferente alla popolazione di ecotipi della Noce di Sorrento. In provincia di Avellino, in particolare nella zona del Vallo Lauro Baianese, nei comuni di Quindici e Moschiano si produce un’altra varietà di noce, simile alla Malizia, con frutto a pezzatura media, detta noce di San Martino, particolarmente apprezzata per le sue buone caratteristiche qualitative.

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Noce di Sorrento PAT Campania

L’antica presenza del noce in Campania è testimoniata dal ritrovamento negli scavi di Pompei di alberi di noce carbonizzati simili a quelli presenti oggi nella Regione. Il clima ed il fertile suolo campano, particolarmente favorevoli a tale coltura, ne hanno favorito l’ampia diffusione nelle aree pianeggianti e collinari. La varietà più pregiata è la “Sorrento”, originaria della Penisola Sorrentina, che col tempo ha dato vita a un’ampia gamma di biotipi tutti commercialmente noti come “noce di Sorrento” la cui produzione più pregiata è localizzata nel Napoletano, nella pianura Acerrana-Nolana, ma che è presente anche in altre aree come il Casertano, la Flegrea e i Picentini.

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Nocciola riccia di Talanico PAT Campania

Talanico è una piccola ed isolata frazione del comune di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, situata sulle propaggini nord-occidentali dell’imponente gruppo montuoso del Partenio. In questa zona, dove confluiscono i confini delle province di Caserta, Avellino e Benevento, si coltiva una varietà tipica di nocciola detta “Riccia di Talanico”. Dotata di ottime caratteristiche organolettiche, la Riccia ha un guscio sottile di colore fulvo chiaro, forma allungata e sezione abbastanza regolare. Il seme ha dimensioni mediopiccole ma buona resa alla sgusciatura, ottimo aroma e sapore molto gradevole. Le nocciole vengono consumate dopo l’essiccazione che avviene nei cosiddetti “soppigni”, le tipiche soffitte aperte lateralmente, oppure in appositi essiccatoi.

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Nocciola Mortarella PAT Campania

Il paesaggio di ampie zone delle Campania è fortemente caratterizzato dalla coltivazione del nocciolo, coltura di antichissimo insediamento in Campania e di solida tradizione. Una varietà tipica della Campania è la Mortarella, caratterizzata da un frutto medio-piccolo, subcilindrico e compresso lateralmente. Il guscio della nocciola mortarella è abbastanza sottile, di colore marrone chiaro, con lievi striature di colore più intenso e leggermente schiacciato nella parte inferiore. Il seme è molto aromatico, consistente, di colore bianco-avorio di ottimo sapore. La Mortarella è coltivata in quasi tutte le aree corilicole campane (ad eccezione del Giffonese) per le sue pregevoli caratteristiche di idoneità alla trasformazione

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Nocciola San Giovanni PAT Campania

La nocciola San Giovanni ha una forma allungata e lievemente compressa ai lati. Il guscio è color marrone chiaro ed è piuttosto sottile, il seme è medio piccolo ed è molto apprezzato per le sue buone caratteristiche organolettiche. La San Giovanni presenta un’alta produttività ed è coltivata nelle aree pianeggianti delle province di Napoli e Avellino soprattutto per la funzione impollinatrice della varietà Mortarella. Rispetto a quest’ultima ha un valore commerciale inferiore sia per la forma allungata del frutto e sia per la scarsa attitudine alla trasformazione.

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Nocciola camponica PAT Campania

La nocciola Camponica è coltivata soprattutto nelle aree collinari della provincia di Avellino. Il frutto ha forma subellissoidale, guscio resistente e seme grande a polpa soda, bianca, con perisperma che si stacca facilmente. Presenta ottime caratteristiche qualitative e i suoi frutti sono destinati soprattutto al consumo diretto. Difetta però nella produttività. è vocata in particolare per le aree ad altimetria più elevata, ai limiti della coltivazione redditizia del nocciolo.

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Melone napoletano PAT Campania

In tutto il Napoletano, con particolare concentrazione nell’agro Acerrano-Nolano, si coltivano da secoli due varietà di melone. Quello giallo, detto “capuaniello”, è, per l’appunto, di colore giallo ed è caratterizzato da un’elevata capacità di conservazione: pur raccogliendosi fra settembre ed ottobre, infatti, si consuma prevalentemente durante l’inverno ed in particolare nelle feste natalizie. L’altra varietà, il “rognoso” è verde e presenta frutti più grandi, con corteccia liscia o rugosa, di colore bianco, giallo o verde scuro e polpa bianca o verde chiaro. Entrambe le varietà sono particolarmente apprezzate per la loro dolcezza.

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Melone di Capua PAT Campania

Melone a maturazione estiva, con buccia interamente solcata da rughe con andamento irregolare, longitudinali; forma lievemente ovale, colore verde medio, polpa colore giallo paglierino molto chiaro, con riflessi verdi vicino alla buccia; consistenza della polpa pastosa, ricca di acqua, sapore dolce e fresco, ricca di semi centrali, di colore verde.

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Melone di Altavilla PAT Campania

Il melone prodotto nella zona pianeggiante del territorio del comune di Altavilla Silentina, nel Salernitano, è in realtà un’anguria di grandi dimensioni detta anche “Gigante di Altavilla” o, in dialetto, “mulunessa”, che può raggiungere i 25 chili di peso. Il melone di Altavilla è tondo e ricoperto da una spessa buccia verde scuro, a volte striata di bianco, che protegge una polpa saporita, di colore rosso acceso, dolce ed acquosa, che presenta numerosi semi neri.

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Melata di fichi del casertano PAT Campania

La mielata di fichi veniva usata al posto del miele già nel III secolo a.C. e nel II d.C. dalle classi romane meno abbienti. Resti di questo prodotto sono state scoperti in barattoli negli scavi di Ercolano e Pompei distrutte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Nei loro trattati ne parlano Apicio, Columella, Plinio il Vecchio e Seneca. Veniva usata soprattutto nelle preparazioni dolciarie.

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