È doveroso ricordare questo prodotto con quanto riportato dal celebre poeta dialettale veronese Berto Barbarani (1872 – 1945), che ha scritto una ricetta su come impiegare il sedano rapa: “Si prende una testa di sedano-rapa piuttosto grossa. Si monda bene e si taglia a fette dello spessore di uno scudo di vecchio conio. Per ogni due di queste s’insinua una fetta di prosciutto cotto e si salda con filo. Così preparate si adagiano nel tegame su di un soffritto di burro e cipolla che abbia già preso il biondore, e dopo averle ben rosolate si unisce sugo di pomodoro, mezzo bicchiere di Marsala vecchio, mezzo cucchiaio di farina. Giunto il tutto a lenta condensazione e cottura, si serve caldo con buon parmigiano abbondante”. Sono molteplici gli usi culinari di questo ortaggio: crudo si presta per squisite insalate, cotto può essere fatto ai ferri, o semplicemente bollito, ma anche per creare ottime minestre o puree.
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Sedano verde di Chioggia PAT Veneto
Nella zona di Chioggia quella del sedano è stata la prima coltura massicciamente impostasi nell’orticoltura locale. Ciò si è verificato tra gli anni ’50 e ’60, precedendo lo sviluppo della carota e del radicchio. Le linee produttive allora erano “aziendali”; ogni famiglia produceva il seme e si distingueva, o almeno tentava di farlo, per particolari caratteristiche merceologiche (volume del cespo, compattezza, colore…). Questo determinava un costante miglioramento dell’offerta complessiva della zona tipica. Per comprendere l’importanza che allora aveva il sedano nell’orticoltura della zona basti pensare che i dati statistici del Mercato Ortofrutticolo di Chioggia nell’anno 1975, nel riepilogo annuale, riportano un conferimento di ben 8.243 tonnellate di prodotto! Ben superiore, per intenderci, alla quantità di patate e cipolle allora commercializzata.
View More Sedano verde di Chioggia PAT VenetoSedano di Rubbio PAT Veneto
Rubbio si trova sulla strada che da Bassano sale all’Altopiano di Asiago: un minuscolo paese a 1057 metri s.l.m., di soli 300 abitanti, dove uno dei fiori all’occhiello della piccola comunità è la coltivazione del sedano, che viene praticata con successo dai primi del ‘900, grazie alla tipicità del suolo e al clima, che alterna ai rigori invernali estati asciutte e ventilate. In un articolo apparso su “Il Giornale di Vicenza” qualche anno fa, si leggeva “Gerla piena di sedano sulle spalle, uomini e donne di Rubbio da secoli scendevano a vendere la loro specialità a Breganze, Thiene, Marostica e Bassano. La fama dell’ortaggio era forte ma geograficamente compressa. Ci fu chi pensò, in occasione della trasferta a Vicenza per la festa della “Madona dei Oto” (l’8 settembre, festa della Natività della Vergine) di portarsi appresso anche del sedano da vendere, unendo così l’utile al dilettevole. La trovata si rivelò una cassa di risonanza formidabile e il sedano di Rubbio non conobbe più confini”. L’8 settembre, quindi, è diventata naturalmente anche la data della “Sagra del Sedano”, una delle manifestazioni più antiche dell’altopiano dei 7 Comuni, un appuntamento che abbina aspetti religiosi al divertimento e alla valorizzazione dei prodotti locali.
View More Sedano di Rubbio PAT VenetoScarola o insalata d’inverno di Bassano PAT Veneto
La scarola è una varietà di insalata originaria delle zone temperate dell’Europa. Apprezzata fin dall’antichità per le sue proprietà toniche, depurative e diuretiche, ha trovato nel territorio attorno a Bassano del Grappa dei terreni adatti alla sua coltivazione che vanta una tradizione centenaria; il microclima mite e ventilato della zona e i terreni dotati di buona permeabilità e presenza di sostanza organica hanno favorito la coltura di questo ortaggio a ciclo precoce.
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Nel libro“Le Abbadesse di Grumolo”, G. Ardinghi scrive “L’area di produzione denominata “Antico territorio delle Abbadesse” è situata a sud-est di Vicenza, fra Bacchiglione e Brenta e più precisamente tra i fiumi Tesina e Ceresone”. Nella pubblicazione “L’Italia dei Presìdi”, edita da Slow Food, si legge: “A Grumolo delle Abbadesse il riso, introdotto dalle monache dell’abbazia benedettina di San Pietro di Vicenza, si coltiva dal Cinquecento. Alle badesse si devono la bonifica dei terreni, il disboscamento e il prosciugamento delle paludi e degli acquitrini, e l’irrigazione con la costruzione di canali – parecchi dei quali tuttora utilizzati – “per condur a Grumolo acque per risara”, come citano documenti di archivio. La Moneghina, che attraversa il centro di Grumolo, in passato era la via principale per il trasporto di riso che avveniva per mezzo di barche e barconi trainati da cavalli lungo gli argini; il riso era poi stipato nel magazzino delle badesse in attesa della vendita”. Furono infatti le Abbadesse a sfruttare le loro proprietà per dare vita alla risicoltura nella zona, che però ha cominciato a declinare fin dagli inizi dell’Ottocento dopo la soppressione degli ordini religiosi ad opera di Napoleone.
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Il “radicio verdòn da cortèl” appartiene al grande gruppo delle cicorie o radicchi, famiglia Composite specie Cichorium intybus, il cui consumo risale a tempi remotissimi e le modalità di coltivazione sono state tramandate attraverso le generazioni nell’area di produzione. Le testimonianze scritte sull’utilizzo alimentare di questo ortaggio sono molto limitate. Va citata la notizia di un manuale agreste del 1600 circa, che ricorda un “radicchio scoltellato” quale alimento povero di gente misera.
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Il “radicchio variegato bianco di Bassano” è coltivato nella zona fin dall’Ottocento, e sembra derivare da una selezione attuata dagli agricoltori bassanesi della varietà “variegato di Castelfranco”. La particolarità del prodotto è determinata dal clima mite della zona, ventilato e asciutto che ostacola la formazione di muffe e di marcescenze, e dalle caratteristiche dei terreni, caratterizzati da una tessitura di tipo franco o franco-sabbiosa, con un sottosuolo ricco di ghiaia, con buona permeabilità e discreta presenza di sostanza organica. Questo radicchio è molto apprezzato, in particolar modo nei pranzi in occasione delle festività natalizie e di fine anno.
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La coltivazione del Pisello Verdone Nano di Colognola ai Colli è parte integrante della cultura agricola della zona. Questo legume è al centro di diverse feste e sagre locali, dove viene celebrato per il suo valore culinario e culturale. In particolare, la Sagra dei Bisi (dei Piselli) è un evento annuale che attira visitatori da tutta la regione per gustare i piatti tradizionali a base di piselli freschi.
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Secondo la maggioranza degli studiosi, è verosimile che tutte le varietà di radicchio attualmente coltivate derivino da individui a foglie rosse riconducibili al “Rosso di Treviso” che, introdotto in Europa intorno al XV secolo, ha iniziato ad interessare le zone tipiche del Veneto nel corso del secolo successivo. A partire da questa pianta, in seguito a interventi di miglioramento genetico operati dai produttori, si è riusciti ad ottenere i tipi oggigiorno conosciuti e coltivati. Il “radicchio bianco o variegato di Lusia” deriva da una selezione massale avvenuta negli anni quaranta del secolo scorso, del “variegato di Castelfranco”.
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Il radicchio appare in Italia nel XVI secolo in provincia di Treviso, ma se ne hanno notizie sicure solo a partire dalla seconda metà dell’800. La sua consacrazione si deve all’agronomo Giuseppe Benzi che diede vita alla prima mostra del radicchio il 20 dicembre 1900, nella centrale Loggia di piazza dei signori a Treviso. Il “radicchio bianco fior di Maserà” è in pratica il radicchio variegato di Castelfranco che viene sottoposto ad una tecnica particolare di imbianchimento, inventata negli anni venti dagli agricoltori della zona. La storia del prodotto va riportata all’evoluzione di una tipica cultura rurale comune alla zona di produzione.
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