Ciliegie dei Colli Euganei PAT Veneto

In Veneto, una delle regioni italiane con la maggiore produzione di ciliegie, se ne conoscono di diverse qualità, che vanno dalle durone di Cazzano a quelle di Marostica, da quelle dei Colli Asolani e Veronesi a quelle dei Colli Euganei. Queste ultime sono prodotte nella zona di origine da secoli. Fino a circa 30 anni fa esistevano ben due importanti mercati di ciliegie, uno ubicato a Zovon di Vò e l’altro a Boccon di Vò, specializzati rispettivamente per le varietà precoci e per le varietà tardive. Cessata l’attività dei mercati, i produttori locali hanno iniziato a promuovere una serie di manifestazioni che attualmente passano sotto il nome di “Festa della ciliegia” che si tiene ogni anno nel mese di giugno.

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Ciliegia delle colline veronesi PAT Veneto

La provincia di Verona è la prima nel Veneto e la terza in Italia per la produzione di ciliegie, la cui qualità si distingue per consistenza, colore e gusto dai prodotti di altre località. La presenza rilevante della coltura del ciliegio nel veronese è testimoniata da riferimenti bibliografici datati 1503 (“Fioretto de le antiche croniche di Verona e de tutti i soi confini e de le reliquie che se trovano dentro in ditta citade” di Francesco Corna da Soncino) che evidenziano, fra le specificità, il fatto di poter trovare le ciliegie da aprile fino a settembre. Nell’ottocento, negli “Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria” (vol. V, tomo I, 1882), si sottolinea la rilevanza delle ciliegie veronesi che “vengono ora coi vagoni refrigeranti trasportate in Germania e persino in Russia”. Nella monografia “La provincia di Verona” (1904), curata da L. Sormano-Moretti, è posta in risalto l’importanza quantitativa e la diversificazione qualitativa della produzione cerasicola veronese alla fine del XIX secolo. Feste delle ciliegie si svolgono in giugno a Cazzano di Tramigna, a Montecchia di Crosara, a San Giovanni Ilarione, a Brognoligo (frazione di Monteforte d’Alpone) e a Gargagnago di Sant’Ambrogio di Valpolicella.

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Ciliegia dei Colli Asolani PAT Veneto

Varrone fu il primo a descrivere dettagliatamente il processo di innesto del ciliegio, poi, Plinio il Vecchio, nella sua “Naturalis Historia”, trattò della diffusione delle ciliegie nella penisola Italica a testimonianza di quanto antica sia questa coltura nel nostro paese. Oggigiorno l’Italia è uno dei maggiori produttori al mondo di questo frutto, coltivato in moltissime varietà diverse tra loro per dimensione, gusto e colore. La fioritura del ciliegio avviene in primavera contemporaneamente alla comparsa delle foglie. Uno spettacolo della natura per la densità floreale di colore bianco, che dona alla chioma degli alberi un fiabesco candore. Nel territorio di Asolo e Marostica la coltivazione del ciliegio risale all’epoca medievale, come attestano parecchi bandi pubblicati dal Podestà di Asolo, Andrea Cornaro, per tenere sotto controllo il prezzo delle ciliegie. Tra fine maggio ed inizio di giugno si svolgono le feste delle ciliegie ad Asolo e Maser.

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Cicoria catalogna gigante di Chioggia PAT Veneto

La cicoria è una pianta spontanea che cresce nei prati, ai margini delle strade, nei terreni argillosi; la si trova nelle zone temperate di Europa, Africa ed Asia. Ne esistono numerose varietà, che si differenziano per aspetto e proprietà organolettiche. Viene usata sin dall’antichità come alimento e come medicinale. I romani usavano molto questo ortaggio durante le loro famose abbuffate luculliane. Anche i medici la usavano moltissimo, e con essa curavano parecchie malattie dell’addome: Galeno, nel secondo secolo d.C., in riferimento alla cicoria scriveva: “… amica del fegato e non contraria allo stomaco”. Durante il medioevo si è proceduto alla selezione delle varietà maggiormente apprezzate ed alla differenziazione di coltivazione nelle varie aree della penisola. Nella zona di Chioggia questa orticola è presente negli orti delle famiglie da tempi immemori ed è presente, da decenni, negli elenchi ufficiali delle ditte specializzate nella produzione di sementi da orto.

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Cavolo dell’Adige PAT Veneto

Le origini di questa brassicacea, ampiamente diffusa in tutta la penisola, sono antichissime. Per questo il cavolo è entrato nei proverbi radicati nella cultura locale e nazionale. Testimonianze storiche citano l’importanza di questa verdura nella antica cultura romana usata prima dei banchetti per aiutare l’organismo ad assorbire l’alcool, per il suo potere di scacciare la malinconia e la tristezza e rafforzare lo stato complessivo di salute. Nella zona di produzione dell’Adige il cavolo ha trovato un’organizzazione produttiva particolarmente significativa intorno agli anni ’70 del secolo scorso.

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Cavolo cappuccio di Vìnigo di Cadore PAT Veneto

La provincia di Belluno è un territorio adatto alla coltivazione e alla successiva preparazione del cavolo cappuccio. Le testimonianze più antiche sono le note del Canonico Giovanbattista Barpo che, nel suo trattato intitolato “Le delizie e i frutti dell’Agricoltura e della Villa” (1632), a proposito dei cavoli cappucci, così scriveva: «Alcuni li ripongono in cantina con della terra al piede, e servono per loro uso quotidiano; altri li tagliano minutissimi con un coltello ben affi lato e li calcano in un mastello ben pulito, alti tre dita, con una mano di sale; poi mettono un’altra mano di cappucci e un’altra di sale e così via, fin che il contenitore è ben pieno; poi li coprono con una tavola zavorrata con qualche peso di sopra e, d’inverno, se li mangiano in minestra con del buon brodo di vaccina o di porco».

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Castagne e marroni dei Colli Euganei PAT Veneto

Il castagno fu introdotto nei Colli Euganei, quale coltura arborea utile e redditizia, dai Romani e attecchì molto come riferisce Plinio riguardo un certo Corellio, cavaliere romano nato a Este e trasferitosi a Napoli, dove ottenne, mediante un innesto con un germoglio portato dalla sua terra, una qualità prelibata di castagne che poi fu detta corelliana. Per gli abitanti dei Colli il frutto ha costituito un riferimento importante, innanzitutto nell’alimentazione: ce ne dà una testimonianza l’abate Barbieri che all’inizio dell’800 nel suo rifugio di Torreglia descrive i popolani intenti a mangiare le “molli castagne” nelle lunghe serate d’inverno, “quando assisi al cantuccio de’ lor focolari, bevono a josa, e contano favole”.

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Castagne del Baldo PAT Veneto

La presenza del castagno nel veronese, in particolare nella zona d’interesse delle “castagne del Baldo” è antica e lo testimoniano sia la documentazione storica sia la presenza di alberi secolari. Nel 1566 Francesco Calzolari, studioso ed erborista, nel suo “Viaggio di Monte Baldo della magnifica città di Verona” scriveva: “…delle antiche et frondute selve di faggi, elce e quercie, alcune di castagne sole, altre di pini ed abeti”. Giuseppe Solitro, a fine dell’Ottocento, riportava nel suo volumetto “Benaco” (Salò 1897): “col noce confuso, e più alto ancora, sulla cima già ardua, cresce gigante il castagno, col nocchiuto pedale e le tortuose radici che lo tengono saldamente confitto a terra.

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Carota di Chioggia PAT Veneto

Conosciuta già dai Greci e dai Romani, la carota ha trovato, durante il periodo della Serenissima, terreni adeguati alla sua coltura nella zona meridionale della laguna veneziana, dove è stata a lungo coltivata per autoconsumo negli orti domestici o per essere commercializzata nei mercati della città di Venezia. È solo negli anni sessanta del secolo scorso che questo ortaggio comincia ad avere un’importanza economica e diventa velocemente la produzione dominante e trainante di tutto il comparto orticolo della zona. È la particolare stagionalità e qualità della produzione a permettere la conquista di una larga quota di mercato nel Nord Italia e, negli anni successivi, nei mercati di tutta l’Europa. Tale è l’importanza della carota a Chioggia negli anni sessanta che Venezia viene indicata per prima in un elenco delle province nazionali in cui la coltivazione del prodotto è maggiormente praticata.

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Carciofo violetto di S. Erasmo PAT Veneto

Il carciofo è un antico prodotto orticolo, tipicamente mediterraneo, presente allo stato spontaneo nelle zone più calde. Veniva mangiato comunemente sin dal tempo degli Egizi ed era molto apprezzato anche dai Romani. Notizie certe sulla sua coltivazione nella penisola italica si hanno dal XV secolo, quando dalla zona di Napoli la coltura del carciofo si estese prima in Toscana e poi in altre zone dal clima favorevole. Essa infatti esige un clima mite, buona disponibilità idrica ma senza ristagni, terreni sostanzialmente sciolti. La laguna veneziana costituisce quindi l’unica possibilità produttiva nell’Italia del Nord Est, una opportunità ambientale e una naturale predisposizione culturale che la tradizionale sensibilità della Serenissima nei confronti dell’area “mediterranea” non poteva ignorare. I primi elementi documentali segnalano il carciofo a Venezia già nel 1500 e gli atti del catasto austriaco di inizio Ottocento ci danno conferma dell’esistenza di questa coltura rinomata e importante.

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