L’area è ubicata a cavallo del confine tra le province di Ferrara e Ravenna, immediatamente a nord della foce del fiume Reno. Si estende tra le retrostanti Valli di Comacchio ed il mare, rappresentando un collegamento ecologico sia in senso nord-sud (durante le migrazioni) che in senso est-ovest, consentendo all’avifauna di spostarsi secondo le esigenze trofiche con le retrostanti Valli di Comacchio, dalle quali è separato dalla S.S. Romea ed è a queste collegata attraverso il Canale Bellocchio.
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Riserva Naturale Popolamento Animale Salina Di Cervia – Emilia Romagna
Salina di origine probabilmente etrusca, è situata in una vasta depressione a ridosso del cordone sublitoraneo percorso dalla S.S. Adriatica. La Salina è costituita da 97 vasche, di dimensioni e profondità varie, separate da una rete di bassi arginelli con vegetazione spiccatamente alofila. Le vasche presentano ampi specchi d’acqua a diversa salinità, dossi bassi e distese melmose. Sugli argini più elevati vi sono siepi di prugnolo Prunus spinosa e tamerice Tamarix gallica. Al centro della Salina vi sono alcuni appezzamenti coltivati e prati incolti. L’accesso e il deflusso delle acque marine sono regolati da canali artificiali in collegamento con il mare e da un canale circondariale che distribuisce le acque. L’alimentazione di acqua dal mare avviene tramite il canale del Pino (o Canalino di Milano Marittima), lo scolo attraverso il Canale della Bova che sfocia al Porto Canale di Cervia. L’estrazione del sale avviene in modo meccanizzato, anche se una piccola parte, di proprietà privata, viene sfruttata ancora in maniera artigianale, a scopo turistico-didattico.
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La Sacca di Goro è, da un punto di vista ambientale, molto importante perché residuo di una tipologia lagunare costiera molto diffusa prima delle grandi bonifiche effettuate negli ultimi 150 anni. Le peculiarità ecologiche di quest’ambiente permettono l’insediamento e la presenza di importanti comunità vegetali e animali. Il sito si estende dal ramo del Po di Goro, all’altezza dell’abitato di Mesola, fino alla sua foce, estendendosi entro tutta la laguna di Goro, localmente conosciuta con il nome di Sacca, caratterizzata dall’apporto di acque dolci provenienti oltre che dal Po di Goro, anche dal Po di Volano e dal Canal Bianco, e da scambi con il mare aperto che dipendono unicamente dai cicli di marea e sono fortemente influenzati da uno scanno sabbioso (parzialmente incluso nella Riserva Naturale) che delimita il confine meridionale della sacca. Lo scanno è in continua evoluzione morfologica, a causa degli apporti sabbiosi del Po, e tende ad estendersi progressivamente verso ovest riducendo di conseguenza gli scambi con il mare aperto. La Riserva delimita quindi il confine con il mare aperto: la bocca principale della laguna, tra il Lido di Volano e l’estremità occidentale dello scanno, mette in comunicazione la Sacca con il mare.
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La Riserva fu istituita nel 1980 per tutelare la freccia di foce in sabbia che emergeva, circa parallelamente all’attuale linea di riva, proseguendo la sponda destra del fiume Reno verso nord fino allo sfocio a mare. Successivamente, la sabbia emersa è stata completamente erosa e, attualmente, è completamente invasa dal mare, in quanto sottoposta a rapida ingressione marina a causa del progredire di concomitanti fattori di minaccia, quali il procedere dell’erosione costiera, la subsidenza dell’area, l’innalzamento del livello del mare, i cambiamenti climatici e l’alterazione a livello territoriale del ciclo dei sedimenti.
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L’area è ubicata a cavallo del confine tra le province di Ferrara e Ravenna, immediatamente a nord della foce del fiume Reno. Si estende tra le retrostanti Valli di Comacchio ed il mare, rappresentando un collegamento ecologico sia in senso nord-sud (durante le migrazioni) che in senso est-ovest, consentendo all’avifauna di spostarsi secondo le esigenze trofiche con le retrostanti Valli di Comacchio, dalle quali è separato dalla S.S. Romea ed è a queste collegata attraverso il Canale Bellocchio.
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La Riserva fu istituita nel 1981 per tutelare la parte terminale del corso del fiume Reno, all’epoca protetto sul lato mare dalla freccia di foce in sabbia (fino agli anni ’90 del secolo scorso rivolta verso nord e disposta circa parallelamente all’attuale linea di riva andando a costituire la R.N. “Destra foce fiume Reno”), che proseguiva la sponda destra del fiume Reno fino allo sbocco a mare. Successivamente, la sabbia emersa è stata completamente erosa e, attualmente, è completamente invasa dal mare. Tutta la costa è infatti sottoposta a rapida ingressione marina a causa del progredire di concomitanti fattori di minaccia quali il procedere dell’erosione costiera, la subsidenza dell’area, l’innalzamento del livello del mare, i cambiamenti climatici e l’alterazione a livello territoriale del ciclo dei sedimenti.
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Il termine “Guadine” deriva dal nome dell’omonimo Passo situato nella zona di crinale della Riserva e significa “zona di guado – passaggio”. Il nome “Pradaccio”, invece, trae le sue origini nel termine “Prataccio“, denominazione data ad un antico lago che ora è presente allo stadio di torbiera, la “torbiera del Prataccio” o “torbiera di Roccabiasca”. Il medesimo nome è stato poi dato al lago attualmente presente all’interno della Riserva: un invaso semi-artificiale realizzato per la pesca sportiva nel 1959. Il lago Pradaccio, situato alla quota di 1362 m s.l.m., ha una superficie di circa 3 ha e una profondità massima di 5 m; il suo emissario è denominato Torrente Parma delle Guadine o Parma di Francia (che insieme ai torrenti Parma di Badignana e Parma del Lago Santo dà origine, una volta confluiti tutti insieme, al torrente Parma).
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È uno dei siti con maggiore diversità ambientale in ambito litoraneo della Regione Emilia Romagna. In esso ricadono la foce del Torrente Bevano, ultimo estuario meandriforme dell’alto Adriatico libero di evolvere naturalmente, cinque chilometri di dune costiere attive con alle spalle la pineta litoranea a Pinus pinaster e il sistema di zone umide perifluviali salmastre dell’Ortazzino e dell’Ortazzo. Il sito comprende anche la fascia marina costiera per circa 300 metri di larghezza. La foce del Bevano vera e propria occupa un’area di circa 40 ettari e testimonia, con i suoi equilibri tra acque e sabbie mutevoli in base agli andamenti stagionali di maree e portate fluviali, come doveva essere l’intera fascia costiera regionale prima dei massicci interventi antropici.
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L’area è ubicata a cavallo del confine tra le province di Ferrara e Ravenna, immediatamente a nord della foce del fiume Reno. Si estende tra le retrostanti Valli di Comacchio ed il mare, rappresentando un collegamento ecologico sia in senso nord-sud (durante le migrazioni) che in senso est-ovest, consentendo all’avifauna di spostarsi secondo le esigenze trofiche con le retrostanti Valli di Comacchio, dalle quali è separato dalla S.S. Romea ed è a queste collegata attraverso il Canale Bellocchio. Dal punto di vista geomorfologico, si tratta di bassure retrodunali separate dal mare da ecosistemi di spiaggia e duna purtroppo in rapida erosione. Tali depressioni sono colme di sedimenti fini a formare un salicornieto nel caso della Riserva Sacca di Bellocchio.
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Si tratta di uno dei pochi residui lembi di duna stabilizzata dalla vegetazione situati tra la pineta demaniale litoranea (Riserva “Pineta di Ravenna”, sez. Staggioni) e le affollate spiagge romagnole. Le dune costiere sono strutture legate alla dinamica della vegetazione e del vento. Si alimentano dalle spiagge create dal trasporto lungo costa dei materiali forniti dalle foci fluviali, per effetto del moto ondoso e delle correnti litoranee. A Porto Corsini la spiaggia è ancora sufficientemente ampia, in quanto protetta dall’erosione dai lunghi moli (2,5 km) che proteggono il porto-canale di Ravenna. Questo limitato lembo di duna è stato così stabilizzato dalla vegetazione e può conservarsi.
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