Tomata Maresa PAT Sardegna

Tomata Maresa E’ una coltivazione tradizionale della zona di Maracalagonis praticata con tecniche di coltivazione pressochè invariate. La tradizionalità è documentabile attraverso foto e interviste ai quasi centenari del paese . Attualmente alla coltivazione di questi ecotipi autoctoni non ibridi, per la limitata resistenza ai patogeni, sono state affiancate varietà ibride F1, caratterizzate da una maggiore resistenza, uniformità di produzione, regolarità di allegagione, consistenza e serbevolezza della bacca e adattamento alle diverse condizioni pedoclimatiche.

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Tardivo di San Vito PAT Sardegna

A fine ottocento primi novecento grazie all’attività della colonia penale di Castiadas compaiono, nella zona del Sarrabus, le prime piante di agrumi, come da testimonianze raccolte nel paese. Alcune piante avevano una maturazione più tardiva che bene si adattò al territorio e al clima. Grazie alla lungimiranza degli innestatori la particolare varietà è ancora presente sul territorio. La zona vocata alla produzione, ovvero la valle del Rio Picocca e comuni limitrofi, ha avuto una sostanziale riforma agraria dalla metà degli anni ’50 promossa dall’ l’ETFAS – Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna. Alcune testimonianze di anziani raccolte nella biblioteca regionale digitale “Sardegna Digital Library” testimoniano la presenza di una varietà locale di arancia bionda assimilabile al “Tardivo di San Vito”. Questa varietà di specie arborea da frutta è inoltre descritta nel testo “Vecchie varietà della Sardegna” (Mario Agabbio, editore Carlo Delfino 1994) e nel “Trattato di agrumicoltura”(Edagricole, 1985).

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Tamatiga de appasibis PAT Sardegna

Questa tipologia di pomodoro è costituita da vari ecotipi con caratteristiche molto rustiche, resistenti alla siccità e alle fitopatie e recanti la produzione a grappolo. Si tratta di un prodotto legato alla tradizione rurale dell’alta Marmilla. Ogni famiglia contadina, al momento dell’impianto dell’orto familiare, metteva a dimora la semente derivante dalle bacche delle piante migliori dell’annata precedente. Il materiale di propagazione, pertanto, deriva da una rudimentale selezione massale, che ha in tal modo prodotto alcuni ecotipi locali.

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Sindria Call’e Boi PAT Sardegna

L’ anguria “Call’e Boi” è caratterizzata da una pianta molto rustica dotata di elevata vigoria, apparato radicale molto esteso, foglie di dimensione medio grossa che garantiscono una buona copertura dei frutti, ciclo produttivo medio- tardivo. I frutti sono caratterizzati da una forma ovale-allungata che ricorda il rumine bovino da cui prende spunto il nome “Call’e Boi” letteralmente” stomaco di bue”. La buccia è di colore verde mediamente intenso, molto sottile e di particolare fragilità al taglio, infatti al contatto con la lama si manifesta la formazione di una o più fenditure nel frutto accompagnata da un rumore caratteristico.

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Sapa di arancia PAT Sardegna

La sapa di arancia era ed è un prodotto sostitutivo della sapa di mosto d’uva. Un tempo, era preparata solo dai proprietari degli aranceti che recuperavano le arance cadute a terra per effetto del maestrale sferzante. In tal modo, per tutto l’anno, si potevano realizzare i dolci tradizionali, in particolare Su Pan’ e Saba, dove Saba indica il composto, come ingrediente di base. E’ un prodotto che si conosce da almeno 80 anni, secondo le testimonianze di persone molto anziane che ne hanno tramandato la memoria, preservandone la ricetta e tutto il loro sapere

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Riso prodotto e lavorato in Sardegna PAT

La coltivazione del riso in Sardegna risale al 1927, quando fu attuata in via sperimentale nei terreni di bonifica del Sassu (Arborea) per accelerare il processo di lisciviazione. Nei decenni successivi la coltivazione si estese fino a raggiungere circa 1000 ha, interessando buana parte dei terreni prima occupati dalle acque dello Stagno Sassu. Ultimate le opere di bonifica e modificati gli ordinamenti colturali, la coltivazione del riso si è diffusa nelle vocate aree circostanti dei comuni di Oristano, Palmas Arborea, Cabras, Simaxis, ecc… ed attualmente, come agevolmente rilevabile dagli Annali di Statistica Agraria (ISTAT) interessa una superficie di 3.500 ha

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Ravanello lungo PAT Sardegna

Il seme, auto prodotto nelle aziende orticole, è tramandato di generazione in generazione nella maggior parte delle famiglie di orticoltori sestesi. Le tecniche di coltivazione sono rimaste pressoché immutate nel tempo e sono improntate ai seguenti principi: limitate lavorazioni; assenza di trattamenti antiparassitari; ridotte concimazioni minerali; diserbo manuale; raccolta manuale. Questa particolare tipologia di ravanello è stata progressivamente soppiantata da varietà tonde, selezionate dalle industrie sementiere, dalle caratteristiche organolettiche meno marcate. Difficile stabilire il periodo di introduzione della coltivazione di questo ravanello nell’Isola e stabilire quindi se si tratta di una specie autoctona o introdotta nei secoli passati. Dai documenti, depositati presso l’organizzazione di produttori “Ortosestu”, si apprende che fin dagli anni ’70 esso veniva venduto al mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Cagliari con la denominazione di ravanello lungo.

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Prezzemolo PAT Sardegna

Gli anziani del paese sostengono che nel comprensorio di Sestu la coltivazione del prezzemolo sia tradizione antica. La sopravvivenza di questa tipologia di prezzemolo fino ai nostri giorni si deve principalmente all’usanza delle donne sarde di predisporre piccoli appezzamenti dedicati alle coltivazioni di erbe aromatiche nei quali il prezzemolo non mancava mai. Nel Comune di Sestu questa aromatica ha assunto, nel corso del tempo, una importante valenza economica tanto da guadagnarsi l’appellativo di “oro degli ortolani”, in virtù della sua capacità di garantire un reddito costante durante tutto l’arco dell’anno. Il seme, autoprodotto nelle aziende orticole, era tramandato di generazione in generazione nella maggior parte delle famiglie di orticoltori sestesi.

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Pomodoro secco PAT Sardegna

Le prime testimonianze certe sull’essicazione del pomodoro e della sua conservazione risalgono alla prima metà del 700, sicuramente retaggio di una tradizione di origine spagnola. Altre notizie sul commercio del prodotto riportano alla seconda metà dell’800, dove era usanza delle donne preparare i pomodori essiccati per poi venderli nei mercati locali. E’ tuttora diffusa la preparazione casalinga per l’autoconsumo.

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