Tirà PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

La Tirá è un dolce caratteristico del Comune di Rocchetta Tanaro (AT) e dei suoi dintorni. Nasce come dolce legato al rito della chiamata alla leva obbligatoria, quando si diceva che un giovane era stato “tirato” alla leva. Attualmente la forma più comune di questo dolce, preparato da artigiani della zona per la vendita, ma tuttora preparato in casa, è quella di ciambella, ma tradizionalmente era anche preparato come una specie di pagnotta oblunga di grande formato. Una ulteriore variazione dalla ricetta tradizionale, ormai comunemente accettata, consiste nel profumare la torta con scorza di limone grattugiata.

È a tutti gli effetti un dolce, relativamente povero, che deve il suo sapore notevole alla successioni di lievitazione in più stadi a cui e sottoposto. La lunga lievitazione si può evitare, usando sistemi più rapidi ma con risultati un po’ più modesti, sia sotto il profilo del sapore che della consistenza. Si presenta come una grande torta cosparsa di zucchero parzialmente caramellato, o con una spolveratura di zucchero a velo, con una crosta soffice. È da mangiarsi a fette tal quale o accompagnata da qualche crema o confettura. È ottima se fatta a fette e poi tostata.

Tradizionalmente si usava consumare la Tirá accompagnata dal vino, e alcuni, secondo la tradizione orale, inzuppavano direttamente il dolce nel moscato

Caratteristiche

  • Consistenza: morbida appena prodotta, alveolatura media e irregolare. Superficie spolverata di zucchero parzialmente caramellato, diventa secco poco dopo la produzione.
  • Odore: gradevole di prodotto da forno, forte sentore di limone.
  • Colore: esternamente dorato, imbrunito dallo zucchero parzialmente caramellato, interno di colore giallo molto chiaro del pane dolce.
  • Sapore: dolce moderato, limone, più o meno caramellato e finale lungo di burro
  • Dimensioni: forma circolare di 20-25 cm di diametro, ma anche di più, spessore da 5 a 7 cm, formati da 500 a 1000 g.

Metodiche di lavorazione

Per preparare una Tirà grande, o a scelta due più piccole, si può seguire il seguente procedimento: utilizzare 500 g di farina, 130 g di zucchero, 120 g di latte, 120 g di burro, 3 tuorli d’uovo, 6 g di lievito di birra ed un pizzico di sale; è consuetudine aggiungere la buccia di un limone grattugiata. Allo zucchero bisogna aggiungere quello usato per ricoprire la Tirà.

Occorre, innanzitutto stemperare il lievito in poca acqua, aggiungere 30 g di farina formando, così un primo nucleo di pasta morbida. Tale impasto deve essere lasciato lievitare per 2 ore in un contenitore coperto da una tela ed in un luogo tiepido. Si unisce questa prima “bighetta” con 40 g di farina e poca acqua tiepida, si impasta e si lievita con le stesse modalità.

Dopo almeno due ore si uniscono alla seconda “biga” 180 g di farina, 50 g di zucchero e 50 g di burro e una piccola parte del latte (che non deve essere freddo). L’impasto ottenuto si depone in un recipiente foderato con una tela infarinata e si fa lievitare per 3 ore a almeno 30 °C. A lievitazione ultimata si impastano tutti gli ingredienti rimasti, compreso finalmente il sale, ottenendo un impasto molto elastico. Questo impasto può essere diviso in due parti per preparare due Tirà di circa 500 g l’una, oppure un’unica da 1 kg. In ogni caso l’impasto si pone su carta da forno, e volendo si dà la forma di ciambella, senza però utilizzare uno stampo.

Quando il prodotto raddoppia di volume si inforna, ma dopo aver spennellato con bianco d’uovo e cosparso di zucchero. Si possono anche operare tagli decorativi sulla superficie, Una variante comune è quella di rotolare l’impasto nello zucchero prima di dargli forma, cosicché nel forno la superficie della Tirà caramelli e si screpoli, con un effetto estetico maggiore.

La cottura dura fino a colorazione superficiale quasi bruna, a circa 200 °C, quindi circa 40 minuti. Una variante più veloce consiste nel preparare direttamente l’impasto e usare lievito chimico in bustina. Si perdono così molti dei profumi caratteristici di questo tipo di prodotto. Dopo cottura la Tirà si può consumare senz’altro.

ZONA DI PRODUZIONE

La Tirà si produce a Rocchetta Tanaro (AT), ma la produzione casalinga è estesa a tutta la zona
circostante, soprattutto verso sud, fino ai paesi di Castelnuovo Calcea, Montegrosso, ecc….

TRADIZIONALITÀ

La Tirà, torta ormai tipica del Comune di Rocchetta Tanaro (AT), vanta una tradizione familiare ultra centenaria. La documentazione è scarsa, ma la tradizione orale la attribuisce senza dubbio al momento della scelta del corpo in cui svolgere il servizio militare, scelta che avveniva, almeno in teoria, secondo criteri di casualità, con una vera e propria “estrazione a sorte”, in piemontese tirage. Il Regno Sardo Piemontese, prima, e successivamente il Regno d’Italia, con la legge sull’ordinamento del servizio Militare del 1871 e fino al 1926, provvedevano al reclutamento della maggior parte degli uomini attraverso la Coscrizione.

Il contingente annuale dei giovani “coscritti” al compimento del 21° anno di età era selezionato e ripartito tra i vari corpi in base al sorteggio di un numero. Andare a “tirare il numero” era, quindi, evento che segnava un momento che poteva essere determinante e drammatico in caso di guerra, ma comunque importante e solenne nella civiltà contadina, fortemente maschilista, dove la famiglia guardava con orgoglio il giovane ritenuto abile al servizio militare. La ferma obbligatorio quasi sempre coincideva con l’ingresso ufficiale nel mondo adulto, con il primo vero distacco dalla famiglia.

All’evento si accompagnavano, in quasi tutto il Piemonte, festeggiamenti molto sentiti che duravano parecchi giorni e coinvolgevano tutta la comunità. “I tirági” o “Al tiráj” erano le feste dei giovani di leva che andavano a “tirare” il numero. Fino agli anni 1930/40 erano ancora di uso corrente le frasi “mio figlio tira” o “la leva tira”. Durante la festa, un dolce di famiglia particolarmente diffuso ed importante, che diventò sinonimo dell’evento era la Tirà.

La “Tirá” era preparata in abbondanza, con la materia prima del pane quotidiano, arricchita da ingredienti contadini, cosparsa di zucchero ed era consumata con il vino migliore, prodotto nell’anno di nascita del figlio, messo da parte imbottigliato per essere stappato con gli amici nel giorno della festa di leva “l’ Tiragi”. Se questo etimo sembra troppo articolato, ne esiste uno più semplice, che lega il nome “Tirá” al verbo piemontese “tirare”, per cui la Tirà sarebbe il pezzo di pasta allungato (tirato) prima della cottura.

Bibliografia

  • Mario Busso, Carlo Vischi, Dolce & Piemonte, Edizione Associazione Vignaioli Piemontesi, Gribaudo Cavallermaggiore, 2000, p. 72.
  • Giovanni Goria, La Cucina Del Piemonte Collinare e Vignaiolo, Franco Muzzio Editore 2002

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