Prodotto Agroalimentare Tradizionale dell’Emilia Romagna
Il tortellino artigianale di Bologna è il matrimonio fra pasta sfoglia tirata a mano, tagliata a piccoli quadratini di dimensioni variabili dai cm 2,7 ai 3,8, farciti con un ripieno a base di carni varie, ripiegato a metà per formare un triangolinoper poi essere attorcigliato attorno al dito per conferirgli la tipica forma ad “ombelico”.
La pasta sfoglia (farina di grano tenero tipo 0 con aggiunta minima di farina di grano duro e uova), con la quale si procede alla preparazione del Tortellino di Bologna, deve essere fatta amano e “tirata” con il matterello in legno. Il ripieno carneo deve essere preparato mescolando i seguenti ingredienti: carne fresca di maiale, compresi tagli detti “Fondello” o “Culatello”; carne fresca di vitello, mortadella, prosciutto, spezie, parmigiano-reggiano. La percentuale carnea del ripieno (carne più salumi) deve essere di circa il 70% dell’insieme dell’impasto. L’uso di una o più delle carni e dei salumi sopra elencati dipende dalle singole ricette dei produttori.
Tradizionalità
Dal 1500 la storia ha i suoi testimoni: nel diario del Senato di Bologna si riporta che a 16 Tribuni della Plebe riuniti a pranzo fu servita una “minestra de torteleti” mentre nel 1570 un cuoco bolognese (forse Bartolomeo Scappi, cuoco di Pio V) fece stampare un migliaio di ricette tra cui presenziava quella dei tortellini.
Nell’anno 1664 Vincenzo Tanara, ne “L’economia del cittadino in Villa”, parla di “tortellini cotti nel burro.” E quasi due secoli più tardi, nel 1842, il viaggiatore e bibliografo francese Antoine-Claude Pasquin, detto Valery, riporta di un “ripieno di sego di bue macinato, tuorli d’uovo e parmigiano” che si potrebbe leggere come un antenato meno raffinato dell’attuale ripieno.
Il tortellino va rigorosamente consumato cotto in un corposo brodo di carne.
Sulla composizione del ripieno e sull’utilizzo delle diverse carni che lo compongono, esistono diverse versioni. Una di queste è depositata presso la Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Bologna dal dicembre 1974. La seconda è contemplata nel “disciplinare di produzione” predisposto dalla CNA.
Curiosità
Bologna e Modena si contendono da secoli, giocosamente, il diritto di fregiarsi del merito dell’invenzione del tortellino e proprio per metterle d’accordo, una pubblicazione umoristica del secolo scorso pose i suoi natali sul confine delle due province, nel paese di Castelfranco Emilia ove, dice la leggenda, in tempi remoti il locandiere della “Dogana” sbirciando in una serratura, intravide l’ombelico di una nobildonna sua ospite, estasiato volle dare vita ad un piatto che gli rimembrasse quella bella visione anche a tavola.
Ma la verità potrebbe essere molto più terra terra perché responsabili di tale forma non è escluso siano state l’esperienza e la saggezza della “rezdora” la massaia della casa che avrebbe deciso di dare tale forma ai tortellini per evitare che durante la cottura il ripieno si “perdesse” nel brodo, ma restasse ben legato al suo involucro di sfoglia.
Va anche ricordato come il rito della preparazione dei tortellini venisse celebrato alcuni giorni prima della festa, in casa di una o dell’altra massaia dove si ritrovavano le “rezdore” insieme per aiutarsi a vicenda e questa era una valida scusa per conversare e raccontarsi gli ultimi avvenimenti.
Referenze bibliografiche
- Alessandro Cervellati, Umbilichi sacri. Storia aneddotica del tortellino nella sua Bologna, Sezione arti grafice Istituto Aldini Valeriani, Bologna, 1966.
- Buon appetito Emilia-Romagna, La cucina Emiliano-Romagnola in 100 ricette delle scuole alberghiere, Script, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna, 2012.
- Elena Bergonzoni, Due testi medievali di cucina nel manoscritto 158 della biblioteca dell’Università di Bologna, CLUEB, 2006, ISBN 88-491-2690-5.
- Scappi Bartolomeo, Opera di M. Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di Papa Pio V, Michele Tramezzino, Venezia, 1570.
- Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, 1891;
- Vincenzo Tanara, L’economia del cittadino in villa, Monti, Bologna, 1644.
Territorio di produzione
Intera provincia di Bologna
Latte in piedi PAT Emilia Romagna
Latte in piedi. In campagna, invece della buccia di limone, al fine di dare un certo sapore, si mettevano 2 o 3 profumate foglie dell’erba “Santa Maria” (Tanacetum balsamita), che però venivano tolte prima di versare il composto nello stampo.