Uva fragola PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

L’uva fragola è una specie rustica, poco esigente dal punto di vista della pratica colturale e degli interventi di difesa. Solo in alcuni casi si ricorre alla concimazione (i risultati migliori si ottengono con l’impiego di letame bovino) e all’irrigazione. L’uva fragola di Borgo d’Ale è un’uva nera da tavola dal sapore intensamente dolce e aromatico – con note di fragola e incontra il gusto di parecchi consumatori dei mercati dell’area lombarda e della vicina Svizzera.

La raccolta è manuale e i grappoli vengono confezionati direttamente in azienda all’interno di cestini da 1 kg. L’uva fragola del Novarese è un’uva nera da tavola dal sapore intensamente dolce e aromatico con tipiche note di fragola. Non se ne conosce con precisione l’origine, ma si ipotizza possa essersi selezionata negli Stati Uniti orientali come incrocio spontaneo tra Vitis labrusca L. e Vitis vinifera L.). L’introduzione e il successo, in Europa come nel Nord Italia, sono stati favoriti dalla sua resistenza al freddo e alle patologie fungine (peronospora e oidio).

Sul territorio della provincia di Novara sono presenti due distinte varietà di uva da tavola, identificate – in base al periodo di maturazione – come precoce e tardiva. Le due varietà si differenziano, oltre che per l’epoca di maturazione, per le caratteristiche ampelografiche e per il diverso e solo in parte sovrapponibile areale di distribuzione.

La varietà “precoce” è presente soprattutto nei Comuni di Suno e Mezzomerico; matura ad agosto, il che consente di offrire il prodotto sui mercati già alla metà del mese, ma presenta minori durabilità e conservazione nel tempo rispetto alla tardiva.

La varietà “tardiva” era originariamente caratteristica della pianura ad Est del fiume Sesia. Presenta una maggiore possibilità di conservazione nel tempo rispetto alla ”precoce”; inoltre la maturazione settembrina consente ai viticoltori di essere presenti sul mercato quando la commercializzazione della varietà precoce (pronta già ad agosto) è ormai terminata.

Le forme di allevamento sono molto diversificate: le più antiche (“ad alteno”), in consociazione con gelso o ciliegio, sono ormai poco più di una curiosità storica in via di scomparsa. Le potature molto lunghe consentivano in questi impianti produzioni elevate, anche nell’ordine di 20 t/ha. In epoca successiva è progressivamente aumentata la diffusione dell’allevamento a tendone e a filare, che costituiscono attualmente le principali forme di allevamento. I sesti di impianto sono molto variabili, ma sempre molto ampi – in genere oscillano fra 3,5×8 m, 5×5 m e 3,6×10 m. In media si stima una densità di 370-400 ceppi/ha. La coltura richiede interventi di natura fitosanitaria piuttosto contenuti. Alcune aziende produttrici aderiscono al protocollo di coltivazione biologica.. La raccolta è manuale e i grappoli vengono confezionati direttamente in azienda, perlopiù all’interno di cestini da 1 kg.

ZONA DI PRODUZIONE

Viene coltivata un po’ in tutto il Piemonte, ma l’area maggiormente vocata per la coltura dell’uva fragola viene individuata in provincia di Vercelli nel territorio del comune di Borgo d’Ale e di alcuni comuni limitrofi, quali Alice Castello, Cigliano, Moncrivello e Maglione. La zona di produzione dell’uva “precoce” in provincia di Novara è costituita da un’area più ampia all’interno dei Comuni di Mezzomerico, Suno e – in minima parte – Oleggio e Marano Ticino e da un nucleo più piccolo, ma comunque significativo a Landiona. La varietà “tardiva” è diffusa soprattutto lungo la pianura ad Est del fiume Sesia (Carpignano Sesia e Landiona), e – con superfici minori – sulla zona collinare Ovest-Ticino da Suno a Mezzomerico e in piccolissima parte tra Oleggio e Marano Ticino.

TRADIZIONALITÀ

Nel 1984, in occasione del Convegno Peschicolo regionale tenutosi a Borgo d’Ale il 29 luglio, Pier Antonio Citta affermava: “Il territorio del Comune di Borgo d’Ale e parte dei comuni circonvicini ha acquisito, da quasi trent’anni, una marcata specializzazione frutticola. Le caratteristiche pedoclimatiche della zona e la dimensione delle aziende, a conduzione tipicamente familiare, hanno concorso a determinare scelte colturali di tipo intensivo. Ne è conseguito che i produttori hanno potuto impiegare al meglio la forza lavoro aziendale, realizzando dalla coltivazione dei terreni un valore aggiunto maggiore rispetto ad altri indirizzi colturali”. La struttura di riferimento per la commercializzazione era rappresentata dal centro mercato, attivo dal 1967. Il centro mercato riusciva a concentrare pressoché interamente la produzione ortofrutticola, tanto esser considerato un importante punto di riferimento per gli operatori agricoli e per quelli commerciali delle grandi aree metropolitane dell’Italia Settentrionale.

Sul mercato di Borgo d’Ale confluiva anche la produzione ortofrutticola dei comuni vicini. La prima testimonianza di un vigneto a Carpignano risale al 1703, quando si cita un manso con sedime e viti. Alla fine del XIX secolo l’unica vite coltivata in Europa (la Vitis vinifera) fu aggredita dalla fillossera che ne minacciò la completa distruzione. La soluzione fu ricercata nell’importazione come portinnesti dei vitigni americani divenuti resistenti al parassita alcuni puri, altri ibridi di specie americane e, successivamente, altri ibridi di specie americane con specie europee. Questa vasta operazione di sostituzione dei vigneti portò anche alla diffusione dell’uva fragola in alcune aree del Novarese.

“L’agricoltore novarese, non soddisfatto dell’abbondanza dei tralci da stendere, né dell’abbondanza dei rami, fa scorrere i tralci anche sugli alberi …” (da Il Vino di Ghemme, Stoppa A.L., 1976). La forma di vigneto più diffusa a quel tempo nel Novarese e nel Vercellese era già nota a Celti ed Etruschi e viene oggi indicata come coltivazione ad alteno, con un termine diffusosi nel Medioevo, o pianta di alberi vitati. Pergamene medievali testimoniano una continuazione della tecnica di allevamento promiscua (con cereali e piante da frutto) unitamente a quella specializzata (di sola vite). Dopo il mille, per far fronte all’incremento demografico, gli alteni si diffusero notevolmente, soprattutto perché garantivano in ogni caso un raccolto in attesa che la vigna fruttificasse; l’alteno inoltre forniva una certa protezione alle colture promiscue dalle gelate primaverili e dalla grandine.

L’uva fragola viene dunque coltivata in Provincia di Novara da oltre un secolo. Inizialmente in consociazione con altre specie legnose da frutto, la coltivazione è gradualmente evoluta verso forme di allevamento più moderne e razionali. L’adozione dell’Uva Isabella a Carpignano fu assai precoce presumibilmente perché si prestava bene alla tradizionale coltivazione della vite ad alteno sia per la sua naturale forza vegetativa (che consente di allungarne i tralci senza particolari problemi ottenendone lo stesso buone rese), sia per la possibilità di avere un vino immediatamente pronto per il consumo e in grande quantità. Anche la propagazione è molto semplice in quanto può essere ottenuta per talea. Alla sua diffusione contribuì la crisi cerealicola che colpì l’Europa intorno al 1885. I dati del 1919 mostrano come l’uva americana rappresentasse all’epoca ormai il 60% dell’intera produzione.

Bibliografia:

  • Francioni G., 1882. Rivista di viticoltura ed enologia italiana, VI: p. 436.
  • C.L., 1934. Vendita collettiva dell’uva fragola di Carpignano Sesia, in “Agricoltura e cooperazione”,anno XVII, n. 44 (3 novembre 1934).
  • Lettera del Mercato Ortofrutticolo di Milano dell’8 Settembre 1952.
  • Caizzi A., 1969. Terra, vigneto e uomini nelle colline novaresi durante l’ultimo secolo, Torino: p. 25.
  • Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, 1976, pp. 128-131.
  • Stoppa A.L., Il Vino di Ghemme, Novara, 1976, pag. 45.
  • G. Donna d’Oldenico, 1978. La civiltà dello Spanna da Lessona a Gattinara. Annotazioni storiche e viticole sui grandi vini tra Cervo e Sesia, Torino: p. 35.
  • Zucco A., 1991. Fonti inedite per la storia del capitolo di S. Maria in Novara nel Tardo Medioevo, in Novarien, n. 21: p. 41.
  • Fiori S., 1997. Le origini, in Carpignano Sesia, Novara 1997, p. 56.
  • Mossotti M., 2005. L’uva americana di Carpignano Sesia. Studio per l’I.T.A.S. Bonfantini, a.s. 2004- 2005.
  • Monferrini S., 2006. L’uva Americana di Carpignano Sesia e l’antichissima coltivazione ad alteno. Novara: pp. 126.

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