I benefici della Biophilia
Fonte Manuale e linee guida ISPRA
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- 1 DEFINIZIONE DI “VERDE PENSILE”
- 2 FINALITÀ DELLE PRESENTI LINEE GUIDA
- 3 LA NORMA UNI 11235:2007
- 3.1. Esempi di stratigrafia
- 3.2. Perché è necessaria la norma UNI 11235:2007 sul verde pensile
- 4. PROPRIETA’ DEI SISTEMI PIÙ COMUNI IN ITALIA ED EUROPA
- 4.1. Proprietà tecniche principali
- 4.1.1. Spessore
- 4.1.2. Peso
- 4.1.3. Coefficiente di deflusso
- 4.1.4. Manutenzione
- 4.1.5. Fabbisogno idrico
- 4.1.6. Fruibilità
- 4.1.7. Isolamento termico
- 4.1.8. Abbattimento inquinanti
- 4.1.9. Tasso di concimazione
- 4.2. Tipologie
- 4.2.1. Prato fruibile
- 4.2.2. Tappeto di Sedum
- 4.2.3. Prato naturale
- 4.2.4. Tappeto di erbacee perenni
- 4.2.5. Arbusti tappezzanti e suffrutici
- 4.2.6. Orto
- 4.2.7. Alberi e siepi
- 4.3. Tabella riassuntiva: proprietà dei sistemi più comuni in Italia ed in Europa
- 4.1. Proprietà tecniche principali
- 5. PROGETTARE IL VERDE PENSILE IN MODO FUNZIONALE
- 6. VANTAGGI E PRESTAZIONI TECNICHE DI SISTEMI PROFESSIONALI
- 6.1. Risparmio energetico e gestione delle temperature
- 6.1.1. Risparmio energetico in periodo invernale
- 6.1.2. Risparmio energetico e controllo delle temperature in periodo estivo
- 6.2. Risparmio idrico
- 6.2.1 Vegetazione
- 6.2.2 Volume di acqua disponibile VD
- 6.2.3 Accumulo di acqua in pannelli
- 6.2.4 Serbatoi di accumulo
- 6.2.5 Irrigazione con sensore pioggia
- 6.2.6 Irrigazione con sensore di contenuto volumetrico
- 6.2.7 Irrigazione con sensori di potenziale idrico
- 6.3. Gestione delle acque piovane
- 6.3.1 Dimensionamento degli scarichi
- 6.3.2 Verifica dell’elemento drenante
- 6.3.3 Dimensionamento dei serbatoi di accumulo dell’acqua piovana
- 6.3.4 Dimensionamento delle vasche di laminazione
- 6.3.5 Precauzioni riguardo i nodi tecnici
- 6.4. Ottimizzazione della cantieristica
- 6.5. Valore ecologico
- 6.5.1. Raccomandazioni generali
- 6.5.2. Suddivisione percentuale della copertura
- 6.5.3. Livello manutentivo
- 6.5.4. Analisi e progetto botanico
- 6.5.5. Analisi e progetto faunistico
- 6.1. Risparmio energetico e gestione delle temperature
- 7. CAMPI D’APPLICAZIONE
- 7.1. Infrastrutture
- 7.2. Terrazze private
- 7.3. Coperture di condomini
- 7.4. Piazze, aree verdi pubbliche e garage interrati
- 7.5. Capannoni industriali
- 7.6. Cantine vitivinicole
- 7.7. Scuole ed edifici pubblici
- 8. GLOSSARIO
- 9. TESTI DI RIFERIMENTO
1. DEFINIZIONE DI “VERDE PENSILE”
Si parla di verde pensile qualora si voglia realizzare un impianto vegetale su uno strato di supporto strutturale impermeabile, come ad esempio solette di calcestruzzo, solai, coperture in legno, coperture metalliche e in tutti quei casi in cui non vi sia continuità ecologica tra il verde ed il sottosuolo fino alla roccia madre. Il verde verticale potrebbe essere considerato un ramo del verde pensile. Tuttavia, le tecniche utilizzate per coperture piane o inclinate e quelle per ricoprire pareti verticali, si sono progressivamente separate e distinte a tal punto sotto il profilo delle tecniche realizzative, delle finalità e delle prestazioni, che attualmente possono essere considerate due applicazioni completamente distinte. Nella presente linea guida si prenderanno in considerazione solo le tecniche riferite a coperture piane o inclinate. Le coperture a verde si differenziano da tutte le altre tipologie di copertura perché il materiale di “finitura” a vista, anziché essere costituito da materiali inerti, è costituito da organismi viventi, rappresentati da individui di diverse specie vegetali. Va precisato che in relazione agli interventi di verde pensile viene utilizzato comunemente il termine biodiversità. Si intende, in generale, il valore ambientale che un certo intervento può acquisire dal punto di vista naturalistico; in tal senso si può parlare anche di valore ambientale o ecologico. Requisiti fondamentali per incrementare il valore ambientale di un intervento edilizio, sono la conoscenza degli aspetti ecologici e il rispetto della coerenza floristica delle specie vegetali da utilizzare. Seguendo tali criteri, queste opere possono determinare aumento non solo del valore percettivo, ma anche del valore ecologico e ambientale dell’area edificata. Infatti, se correttamente progettati e realizzati, sono in grado di attivare processi “a favore della biodiversità”, dando spazio a molte specie animali e vegetali spontanee anche in contesti costruiti e dunque ambientalmente impoveriti. Caratteristica delle coperture a verde, quindi, è quella di mantenere tutto il contenuto tecnologico e costruttivo tipico di una copertura tradizionale riproducendo, in più, le prestazioni tipiche di un suolo naturale ricoperto di vegetazione, in misura completa o in parte limitata. Può essere quindi considerato uno strumento di compensazione e mitigazione degli impatti generati dall’inserimento di nuove opere nel territorio, adeguato ad innescare la formazione di ecosistemi prossimo-naturali in aree densamente edificate. Seguendo la definizione sopra indicata, qualsiasi riporto di terreno con vegetazione su superficie impermeabile si può considerare verde pensile. Tuttavia la necessità di ottenere un risultato soddisfacente e la più attuale esigenza di attribuire al verde pensile precise funzioni tecniche e di mitigazione ambientale, oltre che di massimizzare i benefici economici e costruttivi, hanno spinto la comunità scientifica e l’industria a ideare sistemi moderni costituiti da elementi tecnologici abbinati a substrati tecnogenici. Oggi si parla di veri e propri sistemi con caratteristiche tecniche ben definite, sviluppati al fine di consentire al progettista di utilizzare il verde pensile non solo come elemento di arredo, ma come elemento funzionale alle specifiche esigenze progettuali. Questi sistemi fanno riferimento alla norma UNI 11235:2007 “istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di coperture a verde”. La linea guida fa parte di una serie prodotta da ISPRA in collaborazione e con il supporto tecnico del Coordinamento delle Associazioni Tecnico-Scientifiche Ambiente e Paesaggio (CATAP)”
2. FINALITÀ DELLE PRESENTI LINEE GUIDA
Pur essendo un punto di riferimento imprescindibile, la esistente norma UNI 11235:2007 non è sufficiente a completare il quadro di riferimento tecnico per una corretta progettazione. La norma UNI 11235:2007 si concentra prevalentemente sulle caratteristiche dei singoli elementi o strati, mentre fornisce solo poche e fugaci indicazioni sulle prestazioni dei sistemi e sugli aspetti botanici. Se da un lato rappresenta un punto di base per la possibilità di individuare e verificare le caratteristiche principali dei singoli elementi, nonché costituire il riferimento per il collaudo dell’opera, dall’altro non aiuta dal punto di vista progettuale, dove è necessario conoscere le prestazioni di tutta la stratigrafia nel suo insieme e le funzioni a questa richieste. A supporto del progettista, al fine di colmare questa lacuna, sono state elaborate le presenti linee guida, idealmente suddivise in due sezioni: nei primi capitoli vengono descritte le tipologie di uso più frequente con relative proprietà, nella seconda parte si analizzano più nel dettaglio le prestazioni del sistema e come queste possono guidare la progettazione del verde e dell’edificio. A questo proposito si cerca anche di delineare il rapporto che può intercorrere tra verde pensile e campi d’applicazione, sulla base delle funzioni che il primo può svolgere. In questa sezione si invita a prestare particolare attenzione alle funzioni connesse alle infrastrutture ed al valore ecologico che questi interventi possono assumere. Per comodità d’uso le due sezioni fanno capo a due tabelle riepilogative (tabella 4.1 e tabella 5.1):
- 4.1 proprietà dei sistemi più comuni in Italia ed in Europa
- 5.1 obiettivi funzionali in base al campo di applicazione
L’obiettivo che si vuole perseguire è quello di incentivare i progettisti a descrivere il verde pensile nei capitolati d’appalto non solo sulla base di parametri poco significativi come l’elenco dei materiali o la quantità di acqua massima trattenuta, ma sulla base di prestazioni tecniche dell’intero sistema, come i coefficienti di deflusso, il contenuto di acqua disponibile, le specie vegetali da utilizzare, le strategie di gestione dell’irrigazione, le caratteristiche termodinamiche, in modo armonico con la funzionalità del complesso edificato.
3. LA NORMA UNI 11235:2007
Nel 2007 l’istituto UNI ha pubblicato la norma 11235, “La progettazione, l’esecuzione, il controllo e la manutenzione delle coperture a verde pensile”. Essa è un vero codice di buona pratica e rappresenta la regola dell’arte in Italia. La norma considera il verde pensile un “sistema tetto” in tutta la sua completezza: vengono presi in considerazione tutti gli elementi che possono comporre una stratigrafia e ne vengono definiti i requisiti minimi. Tra questi elementi i seguenti, definiti primari, devono sempre essere presenti:
- Elemento portante
- Elemento di tenuta all’acqua
- Elemento di protezione all’azione delle radici (integrato o meno)
- Elemento di protezione meccanica
- Elemento di accumulo idrico
- Elemento drenante
- Elemento filtrante
- Strato colturale
- Strato di vegetazione
Per ognuno di questi elementi vengono descritte le tipologie comunemente diffuse allo stato dell’arte e le prestazioni che devono soddisfare. Il valore di ogni caratteristica viene espresso in funzione di una norma di riferimento, che a sua volta definisce le procedure per la determinazione della caratteristica stessa. Un elemento può svolgere più di una funzione, ad esempio un manto impermeabile idoneo può svolgere sia la funzione di tenuta all’acqua che quella di barriera alla penetrazione delle radici. Nella parte iniziale della norma vengono definiti i criteri progettuali di cui nel seguito si riporta una sintesi.
a. Generalità. Obiettivi e funzioni di una copertura a verde
- Fruibilità della copertura. Si deve prendere in considerazione il tipo di attività ed i carichi agenti sulla vegetazione, in funzione anche degli oneri manutentivi.
- Fruibilità visiva
- Influenza sulle prestazioni interne dell’edificio, con particolare attenzione all’isolamento termico ed in certa misura quello acustico
- Influenza sulle prestazioni esterne dell’edificio: mitigare l’isola di calore, regimare le acque piovane ed assorbire polveri sottili.
- Compensazione ambientale: capacità della copertura e del sistema architettonico in cui è inserita di “restituire integralmente o parzialmente le valenze che il sistema ambientale originario conferiva al contesto”. Uno dei benefici importanti di una copertura a verde può essere quello legato al possibile valore ecologico che può assumere.
b. Analisi del contesto
- “Il contesto è analizzato dal punto di vista climatico e territoriale, in relazione alla definizione dello schema funzionale della copertura e della tipologia vegetativa”.
- La scelta della vegetazione deve tener conto del contesto climatico e delle caratteristiche del sito, per un periodo di ritorno di almeno 20 anni. Per esempio deve considerare:
- 1. Radiazione solare
- 2. Idrometeore
- 3. Atmosfera
c. Agenti e requisiti. Gli agenti interferenti sul sistema copertura a verde di cui il progettista deve tenere maggiormente conto sono i seguenti
Agenti
- 1. idrici
- 2. biologici
- 3. chimici
- 4. carichi permanenti e sovraccarichi variabili
- 5. termici, connessi alla tipologia costruttiva
- 6. radiativi
Requisiti
- 1. capacità agronomica (es. capacità di scambio cationico)
- 2. capacità drenante
- 3. capacità di aerazione dello strato drenante
- 4. capacità di accumulo idrico
- 5. capacità di aerazione dello strato colturale
- 6. resistenza agli attacchi biologici
d. elementi, strati ed impianti componenti il sistema
- elementi primari
- elementi secondari ed impianti complementari
- elementi accessori
e. progettazione degli elementi o strati
- progettazione dell’elemento portante
- progettazione dello strato termoisolante
- progettazione dell’elemento di tenuta all’acqua
- progettazione dell’elemento di protezione all’azione delle radici
- 1. barriera meccanica
- 2. barriera chimica
- progettazione dell’elemento di protezione meccanica
- progettazione dell’elemento drenante
- 1. in aggregati naturali
- 2. in prefabbricati plastici
- progettazione dell’elemento di accumulo idrico
- progettazione dell’elemento filtrante
- 1. in aggregato naturale
- 2. in geosintetico
- progettazione dell’elemento di ancoraggio della vegetazione
- progettazione dello strato antierosione
- progettazione dello strato colturale
- progettazione dello strato di vegetazione
- progettazione dell’impianto di irrigazione
3.1. Esempi di stratigrafia
Per chiarezza nella trattazione, si riportano di seguito alcuni esempi di stratigrafie di sistemi a verde pensile. Per un’analisi di dettaglio su proprietà degli elementi del sistema e sui dettagli esecutivi si rimanda alla norma UNI 11235 ed alle altre normative di settore.
COPERTURE PIANE
1. Strato di vegetazione 2. Strato colturale 3. Elemento filtrante 4. Strato drenante e di accumulo idrico, in materiale granulare 5. Elemento di protezione meccanica 6. Elemento impermeabile e antiradice 7. Elemento portante | 1. Strato di vegetazione 2. Strato colturale 3. Elemento filtrante 4. Elemento drenante e di accumulo idrico, in elementi prefabbricati 5. Elemento di protezione meccanica 6. Elemento impermeabile e antiradice 7. Elemento portante |
COPERTURA INCLINATA | DETTAGLIO DI SCARICO |
1. Strato di vegetazione 2. Strato antierosione 3. Strato colturale 4. Elemento filtrante, drenante, di accumulo idrico e trattenimento dello strato colturale 5. Elemento di protezione meccanica 6. Elemento impermeabile e antiradice 7. Elemento portante | 1. Elemento portante 2. Strato di barriera a vapore 3. Strato termoisolante 4. Elemento impermeabile e antiradice 5. Elemento drenante e di accumulo idrico 6. Elemento filtrante 7. Fascia di ghiaia 8. pozzetto di ispezione dello scarico 9. Strato colturale 10. Strato di vegetazione |
3.2. Perché è necessaria la norma UNI 11235:2007 sul verde pensile
In senso generale la norma rappresenta la regola dell’arte e quindi costituisce un equo riferimento tecnico per tutti i progettisti, realizzatori e collaudatori. E’ altresì il riferimento giuridico per eventuali controversie.
In pratica se non vi fosse una norma di riferimento tecnico ogni lavoro potrebbe essere considerato accettabile ed il solo parametro di valutazione sarebbe il buon senso.
Ciò determina uno scenario soggettivo che spesso conduce ineluttabilmente a risultati poco soddisfacenti ed a contestazioni. Agli aspetti operativi si associa una superficialità purtroppo diffusa nell’assimilare pedissequamente tecniche provenienti da altri Paesi. Nel caso specifico delle coperture a verde pensile molte tecnologie messe a punto per il clima continentale non trovano una corretta applicazione nel clima mediterraneo, completamente diverso da quello del centro Europa. (vedi scheda criticità tipiche)
Riportiamo nel seguito alcune criticità tipiche che si possono riscontrare nei cantieri italiani.
L’impermeabilizzazione non viene eseguita correttamente, con cattive saldature tra manti, erronea sovrapposizione tra questi o con prodotti non idonei. Lo strato di tenuta all’acqua deve essere infatti resistente alle radici secondo la norma UNI EN 13948. | |
Spesso non viene rispettata la regola di eseguire un risvolto verticale dello strato di tenuta per almeno 15 cm sopra al livello del substrato di coltivazione. Questo risvolto dovrebbe essere poi protetto meccanicamente. | |
Lo strato di tenuta viene spesso danneggiato dalla zavorra a causa della cattiva progettazione ed installazione dello strato di protezione meccanica. Questo strato deve essere inoltre dimensionato coerentemente con la destinazione d’uso | |
Il posizionamento degli scarichi non viene valutato correttamente per lo smaltimento dell’acqua comportando la formazione di ristagni di entità rilevante, con sovraccarichi sulla struttura e rischio di sollevamento e danneggiamento della stratigrafia a verde pensile. | |
Il numero di scarichi, la portata dello strato di drenaggio, la permeabilità del filtro o del substrato non sono adeguati a consentire un rapido smaltimento delle acque piovane, ciò può causare asfissia radicale e deperimento della vegetazione. | |
La mancanza di fissaggi meccanici in corrispondenza di tutti i risvolti verticali lascia libertà di movimento al manto che con il tempo si tende, con il rischio di rotture ed esposizione diretta agli agenti meteorici in seguito al sollevamento della zavorra. | |
Un sistema a verde pensile non può avere la capacità d’accumulo idrico di un giardino in piena terra. È pertanto necessario predisporre un’irrigazione di soccorso. Nella foto accanto la parte secca è un pensile senza irrigazione. La fascia verde sullo sfondo è invece in piena terra. | |
I sistemi utilizzati o per mancato rispetto delle prescrizioni della norma o per mancata manutenzione, risultano privi della copertura vegetale minima accettabile (anche dopo un congruo periodo di tempo) o invasi rapidamente da piante infestanti. | |
Nei perimetri delle coperture non viene considerata la forza erosiva del vento, particolarmente violenta ai perimetri. La mancanza di una zavorratura ben dimensionata (tipicamente si effettua con fasce di ghiaia di 50 cm di larghezza) causa sollevamento della stratigrafia e danneggiamento dell’impermeabilizzazione. | |
Nelle coperture non viene applicato il regime di manutenzione periodica richiesto. Nella foto si può vedere infatti la diffusione del trifoglio all’interno del prato. Nella foto inoltre è ben visibile l’utilizzo di piante del genere Miscanthus, appartenente alla lista delle specie pericolose per l’irrigazione. |
A titolo esemplificativo si riporta la foto di un lavoro eseguito con cura dei dettagli: si può notare il risvolto dell’impermeabilizzazione di altezza 15 cm, protetto da un profilo metallico. Lungo tutto il perimetro si nota il cordolo di ghiaia di protezione dalle turbolenze del vento e attorno ai pozzetti di ispezione un’altra fascia di ghiaia per mantenere gli apparati radicali lontani da questi nodi tecnici. La vegetazione è ancora alle prime fasi dopo l’impianto.
4. PROPRIETA’ DEI SISTEMI PIÙ COMUNI IN ITALIA ED EUROPA
4.1. Proprietà tecniche principali
4.1.1. Spessore La norma UNI 11235:2007 definisce lo spessore minimo raccomandato dello strato colturale in funzione della struttura della vegetazione da impiegare come da tabella seguente.
Tabella 4.1.: Spessore minimo dello strato colturale in funzione della vegetazione da impiegare (Norma UNI 11235:2007)
Gli spessori indicati devono essere però valutati in funzione delle condizioni contingenti, esposizione, inclinazione del solaio, vento, età delle piante ecc. Potrebbe quindi essere necessario variare leggermente gli spessori sopra indicati.
Per ragioni di costi e sostenibilità si cercherà di utilizzare sempre gli spessori minimi, sono quindi da evitare piante mature di dimensioni elevate con zolle che vincolano ad alti spessori di substrato. Sono preferibili piante giovani anche perchè sulle coperture vi sono delle condizioni sempre più critiche di quelle a terra, per cui è necessario che la pianta si adatti gradualmente. Quindi nelle coperture a verde è da evitare il perseguimento del cosiddetto “pronto effetto”
4.1.2. Peso
Per la determinazione del peso del sistema è necessario operare la sommatoria di tutti gli elementi presenti. Il peso è un dato di input fondamentale per la determinazione della portata del solaio. In questo caso dovrà essere considerato il peso a massima saturazione dei singoli elementi.
Per quanto riguarda i geosintetici non vi è ancora una norma specifica che disciplina il test da eseguire, si può però fare riferimento a norme utilizzate in altri settori.
Molti pannelli drenanti svolgono anche la funzione di accumulo idrico, per cui nel calcolo del peso dovrà essere considerato il contenuto d’acqua relativo.
Per quanto riguarda gli elementi drenanti in aggregati naturali ed il substrato si considera il peso a capacità di campo (pF1), cioè con tutta l’acqua che possono contenere, al netto dell’acqua persa per gravità. In questo caso si fa riferimento alla procedura UNI EN 13041.
Nelle coperture di basso spessore si deve tener conto dell’azione di risucchio ed erosione da parte del vento. In questo caso il peso da considerare è quello del sistema asciutto, che data l’elevatissima capacità di ritenzione idrica dei sistemi a verde pensile, risulterà molto inferiore allo stesso in condizioni sature.
4.1.3. Coefficiente di deflusso
Il coefficiente di deflusso è il parametro più semplice da determinare sul sistema nel suo insieme. Sostanzialmente è la percentuale di acqua che fuoriesce da un sistema rispetto a quella ricevuta, il tutto in un arco di tempo definito e in condizioni critiche per intensità di pioggia e saturazione di acqua del sistema. Fintantoché non venga elaborata una norma italiana si può fare riferimento a quanto indicato nella norma tedesca DIN 4095, in cui viene considerata una durata critica di 15 minuti con una intensità di pioggia pari a 300 l/(s*ha). Lo strumento di prova è costituito da una vasca di pioggia in cui viene installato il sistema da testare. Non è prevista la presenza della vegetazione.
Il test così descritto è ampiamente cautelativo perché valuta solo l’effetto della detenzione idrica, ma è auspicabile che venga calibrato in funzione delle condizioni climatiche del territorio italiano.
Il coefficiente di deflusso, se certificato, può venir utilizzato per definire il grado di vicinanza funzionale tra un sistema artificiale a verde pensile (con coefficienti di deflusso variabili) ed un sistema naturale (con coefficiente di deflusso tipicamente pari a 0,1). Nella normativa tedesca viene anche utilizzato (sempre purché sia certificato) per verifiche idrauliche volte a dimensionare i sistemi drenanti, il numero e la dimensione degli scarichi ed eventualmente i serbatoi di recupero delle acque piovane. In questo modo la copertura a verde può rientrare nel calcolo del flusso idrico di un lotto edificiale al fine di integrare o sostituire le vasche di laminazione e di accumulo. Questi calcoli verranno commentati nel capitolo 6.3. Le procedure di calcolo che, si ribadisce, fanno riferimento a normative tedesche, fanno uso di formule semplificate e di coefficienti di rischio molto cautelativi. Per questi motivi si auspica a breve un affinamento delle stesse ed un adeguamento alle condizioni climatiche italiane.
In ogni caso il coefficiente di deflusso risulta essere un parametro di classificazione univoco ed oggettivo, per cui idoneo sia per la valutazione ed il collaudo dell’opera, sia per l’utilizzo nei regolamenti edilizi comunali. Ci sono laboratori italiani in grado di eseguire agevolmente questo test a costi contenuti.
Nella tabella 4.2 sono stati inseriti solo a titolo indicativo alcuni intervalli di valori del coefficiente di deflusso, da non utilizzare nei calcoli a meno che il sistema previsto non disponga di valori certificati.
4.1.4. Manutenzione
Ogni opera va integrata con un piano di manutenzione. Una copertura a verde pensile non si discosta da questo principio anzi, vista la presenza di esseri viventi soggetti ad una naturale evoluzione nel tempo, una manutenzione costante risulta quanto mai necessaria. Il grado di manutenzione richiesto dalle coperture a verde è un altro importante parametro di classificazione. Coperture con funzioni tecniche e di mitigazione ambientale sono associate necessariamente all’esigenza di ridurre i costi di manutenzione poiché rientrano, al pari del fabbisogno idrico, nel bilancio energetico dell’opera. Un corretto piano di manutenzione deve tener conto dei diversi gradi di manutenzione e della tipologia di queste operazioni. La norma UNI 11235:2007 propone la seguente classificazione
- a. Tipologie di manutenzione
- Manutenzione delle opere a verde
- Manutenzione del sistema di drenaggi
- Manutenzione del sistema di smaltimento delle acque meteoriche e dell’elemento di tenuta all’acqua
- b. Gradi di manutenzione
- Manutenzione di avviamento per il controllo (collaudo)
- Manutenzione di avviamento a regime (solo per le coperture estensive)
- Manutenzione ordinaria
- Manutenzione straordinaria
Nei piani di manutenzione ordinaria vanno previste tutte quelle operazioni necessarie al mantenimento delle funzionalità della copertura prevista, indicando la tipologia di intervento e la sua frequenza.
4.1.5. Fabbisogno idrico
Fino ad ora le coperture fruibili più realizzate in Italia utilizzano specie tipiche di ambienti temperati (in primis le specie da prato inglese) spesso in associazione a siepi ed alberature. Purtroppo queste sono piante adattate a climi piovosi perciò non hanno sviluppato efficaci strategie di risparmio idrico. Alberi e siepi tendono a traspirare di più anche in seguito alla elevata superficie fogliare. Le soluzioni tipiche delle soluzioni non fruibili e a bassa manutenzione, definite “estensive”, invece utilizzano piccole piante, spesso pioniere o comunque adattate a climi più aridi e sono caratterizzate da un ridotto fabbisogno idrico. Nella tabella 4.1 la tipologia denominata “arbusti e suffrutici” si riferisce implicitamente a vegetazione legnosa, ma di piccole dimensioni e gravitante in ambienti più aridi, tali piante hanno solitamente la capacità di resistere molto bene allo stress idrico e possiedono efficaci strategie di controllo della traspirazione, dunque richiedono un minor apporto d’acqua artificiale. Si sottolinea che le piante autoctone, coerenti con il contesto climatico e bisognose di meno irrigazione, possono essere utilizzate anche in giardini fruibili, con un risultato estetico ugualmente attraente. Un intervento progettato rispettando questi criteri, oltre che virtuoso dal punto di vista ecologico, avrà una maggiore probabilità di riuscita e una minore necessità di energie e risorse per irrigazione e manutenzione. La tematica del risparmio idrico risulta in ogni caso molto complessa, per questo si rimanda al capitolo 6.2.
4.1.6. Fruibilità
La fruibilità è un parametro che spesso genera equivoci. Innanzitutto si sottolinea che tutte le coperture devono essere accessibili al manutentore.
La classificazione proposta in tabella 4.2 tiene conto di alcuni parametri come la resistenza al calpestio, la fruibilità visiva, la capacità di fornire ombreggiamento e confort per l’utente del giardino.
La resistenza al calpestio è un parametro importante da valutare in sede di progettazione. Alcuni tipi di specie vegetali utilizzabili come quelle del genere Sedum non sopportano il calpestio, mentre alcuni suffrutici come alcune specie di timo oppure alcune graminacee lo possono sopportare senza difficoltà. Riguardo al calpestio bisogna comunque ricordare che un giardino può essere reso fruibile anche per mezzo di percorsi e zone pedonali.
E’ bene ricordare che le coperture a verde tecnico con finalità prevalentemente ecologiche sono vincolate ad un basso grado di fruibilità poiché lo sviluppo di determinate specie di fauna e flora trae vantaggio da una bassa presenza antropica.
4.1.7. Isolamento termico
Il tema dell’isolamento termico risulta di particolare complessità, si rimanda dunque al capitolo 6.1. Le caratteristiche riassunte in tabella 4.1 sono puramente indicative e proporzionali allo spessore di substrato previsto dalla norma UNI 11235:2007 per tali tipologie.
4.1.8. Abbattimento inquinanti
Il potere delle piante di abbattere gli inquinanti come ossidi di azoto e polveri sottili è noto. Tuttavia per le coperture a verde solo recentemente sono stati eseguiti studi a riguardo. E’ dimostrato che il verde pensile può assolvere un ruolo importante soprattutto per la capacità di assorbire gli ossidi di azoto e le polveri sottili. Tuttavia gli studi fanno emergere una notevole differenza prestazionale proporzionata alla biomassa sulla copertura: alberi ed arbusti risultano favoriti grazie alla elevata superficie fogliare. Su bassi spessori, al Sedum è da preferire il prato naturale per la maggiore superficie fogliare. Per quanto riguarda l’assorbimento di CO2, pur essendoci un bilancio positivo fra carbonio sottratto e carbonio prodotto, se si considera nell’equazione di bilancio il costo di realizzazione in termini di dispendio di CO2, l’apporto delle coperture a verde non risulta significativo nel ciclo di vita delle stesse. Ma se 17 nell’equazione si introducono anche i benefici indiretti legati al risparmio energetico, allora si ottiene un beneficio considerevole. Per quanto riguarda la CO2 quindi non vi è molta differenza tra una copertura estensiva ed una intensiva.
4.1.9. Tasso di concimazione
Il tasso di concimazione varia in funzione del tipo di vegetazione, del tipo di substrato e in base all’età della copertura. E’ fondamentale evitare un eccesso di concimazione, che per dilavamento può apportare un carico inquinante alle acque di deflusso dalla copertura. C’è da sottolineare a riguardo che i concimi moderni sono in grado di rilasciare le sostanze in modo graduale e controllato. Il prato fruibile è certamente la tipologia che richiede concimazioni più frequenti, mentre per il Sedum ed i tappeti di erbacee perenni è necessaria solo una concimazione saltuaria con concimi di lenta cessione. Un prato arbustato, in cui siano presenti leguminose e dove vi sia un ingresso spontaneo di avifauna ed entomofauna, ha una capacità molto superiore di conservare autonomamente la fertilità del terreno. In questi casi le concimazioni possono essere addirittura dannose per gli equilibri ecosistemici. In generale, comunque, un grande ruolo nella gestione delle concimazioni viene sostenuto dai substrati. I moderni substrati tecnogenici minerali a norma UNI 11235:2007 sono caratterizzati da una elevata capacità di scambio cationico (C.S.C.), stabile nel tempo perché non dipendente dal contenuto di sostanza organica ma da elementi minerali che fanno parte della struttura. Un’alta CSC consente di stabilizzare la disponibilità di nutrienti, permettendo di semplificare le opere di concimazione e di ridurne la frequenza.
4.2. Tipologie
Le tipologie di vegetazione comunemente utilizzate e che di seguito verranno brevemente descritte, rispecchiano un approccio al verde pensile principalmente estetico oppure, quando tecnico, poco attento all’importanza funzionale della vegetazione. Tuttavia si sta diffondendo una crescente sensibilità per gli aspetti ecologici e un maggiore approfondimento tecnico rivolto all’elemento vegetale. Queste due nuove esigenze, naturalistica e tecnica, si trovano sempre più concordi nell’esigenza di imitare il più possibile gli equilibri che si instaurano in un ecosistema naturale, da cui non deriva solo una maggiore stabilità e resistenza del sistema, ma anche un miglioramento delle prestazioni termodinamiche ed idrauliche.
Si suggerisce ai progettisti, nel caso di coperture estensive, cioè a bassa manutenzione, di fare riferimento al capitolo 6.5. In particolare, a partire dalle tipologie estensive sotto elencate si consiglia un’analisi botanica per avvicinarle alla vegetazione autoctona dei siti di intervento.
In linea generale lo stadio più evoluto a cui il progettista potrebbe puntare è il prato arbustato. Ma vanno utilizzati in maniera ponderata anche stadi di sviluppo meno strutturati, ricreando aree con comunità di tipo pioniero. Tali precauzioni sono necessarie ai fini di creare ecosistemi prossimo naturali in grado di tollerare le perturbazioni ambientali. Per quanto riguarda invece le coperture gestite a giardino (quindi intensive), si auspica comunque una riscoperta ed una valorizzazione delle essenze autoctone.
4.2.1. Prato fruibile
E’ l’applicazione più comune nei giardini privati in cui il giardino viene impiegato come spazio ludico. Richiede una continua e costante manutenzione per impedire l’ingresso di piante infestanti, per mantenere alto il valore estetico, per sostenere il carico usurante e per controllare l’attacco di funghi e parassiti. Il consumo di acqua per l’irrigazione è elevato soprattutto nei periodi primaverile ed estivo. Lo spessore di substrato relativamente elevato rende le sue prestazioni termodinamiche generalmente buone.
4.2.2. Tappeto di Sedum
E’ la soluzione più diffusa per quanto riguarda le coperture estensive. Nasce nel clima continentale, dove in effetti richiede minimi interventi di manutenzione e nessuna irrigazione. Nei climi di tipo mediterraneo i tappeti di Sedum necessitano di un “irrigazione di soccorso nel periodo estivo” se si vuole che mantengano una densa copertura e la manutenzione deve essere più frequente poiché gli interstizi fra le piante di Sedum non vengono riempiti da muschi (come nel nord Europa) e vi è una maggiore facilità di aggressione da parte di infestanti. In ogni caso, nei nostri climi, lo sviluppo di muschi non è 18 generalmente da considerarsi come un evento positivo. Il diserbo deve venir effettuato a mano per estirpazione, rendendo la manutenzione più onerosa di quanto comunemente creduto.
4.2.3. Prato naturale
Il prato è una soluzione che ha cominciato a venir utilizzata solo recentemente e che va in assoluta controtendenza rispetto alle altre soluzioni per l’elevato valore tecnico e per l’alta diversità di specie. È ottenuto per semina a spaglio di una grande varietà di specie erbacee autoctone. In clima sub-mediterraneo soddisfa ottimamente i requisiti energetici idraulici e di biodiversità, con costi di manutenzione molto bassi. Risulta dunque una soluzione ideale per le coperture estensive in tutto il nord e centro della penisola italiana. Dopo opportune valutazioni, può essere adatta anche al sud. Rispetto ai tappeti di Sedum necessita di spessori leggermente maggiori, che si ripercuotono sui costi iniziali, che però vengono ampiamente compensati da prestazioni energetiche migliori e dai minori oneri manutentivi. La miscela di essenze va dovutamente calibrata in funzione delle condizioni ambientali, prediligendo le specie autoctone selvatiche.
4.2.4. Tappeto di erbacee perenni
Consiste in una soluzione estensiva ottenuta per posa di piante in vaso o in alveolo. Vi sono in Italia molti esempi di tappeti a perenni, soprattutto nella fascia centrale. E’ una soluzione di tipo estensivo tecnicamente raccomandabile soprattutto per le zone climatiche più aride, perché possono essere selezionate specie che resistono bene alla siccità. L’impiego di piante in vaso rende questa soluzione piuttosto costosa ma permette anche di gestire in modo efficace l’impatto scenico, avendo il pieno controllo sulla disposizione di ogni singola specie vegetale. Da un punto di vista tecnico le prestazioni sono simili a quelle del prato, anche se la manutenzione in fase iniziale è sicuramente più elevata. Anche in questo caso si raccomanda una particolare attenzione all’impiego di piante autoctone. La soluzione conserva un certo carattere di artificiosità, mantenendo un livello ecologico inferiore rispetto al prato, ma se ben progettata dal punto di vista botanico, può avere notevole valore estetico e buona valenza ecologica.
4.2.5. Arbusti tappezzanti e suffrutici
Possono essere utilizzati sia per coperture estensive che intensive. Per le estensive possono essere impiegati insieme con altre tipologie (Sedum o prato naturale) per abbattere il vento, creando un microclima più favorevole e per aumentare la variabilità di specie. Molte specie possono vivere in spessori di substrato molto ridotti. Per le coperture intensive gli arbusti costituiscono uno degli elementi più rilevanti dal punto di vista compositivo. In questa categoria rientrano le piante aromatiche, che possono essere utilizzate per creare soluzioni geometriche come filari o altro. Le piante aromatiche sono particolarmente raccomandate per la loro resistenza alla siccità, per gli aspetti estetici e per i profumi che rilasciano nell’aria.
4.2.6. Orto
La soluzione ad orto rappresenta un interessantissimo strumento di sostenibilità e viene spesso utilizzato anche per il forte e positivo impatto che può avere sul tessuto sociale, se non altro dal punto di vista psicologico. Richiede un impianto tecnico molto diverso dalle altre tipologie per garantire una maggiore resistenza dell’elemento di impermeabilizzazione che altrimenti rischierebbe di venir danneggiato durante le lavorazioni. Lo spessore di substrato è variabile soprattutto in funzione del tipo di ortaggi che si prevede di coltivare. In linea generica non vi è alcuna evidenza che i substrati tecnogenici per verde pensile comportino alterazioni alla salubrità ed alla qualità 19 organolettica degli ortaggi. Al contrario è opportuno far notare che i terreni vulcanici (da cui si ricavano solitamente le principali componenti dei substrati per verde pensile) risultano fra i più fertili ed adatti alle pratiche agricole. In ogni caso si raccomanda al progettista di verificare che il substrato previsto venga costruito ricorrendo solo a materie prime naturali o comunque che non presenti rischi per la salute.
4.2.7. Alberi e siepi
Queste piante richiedono in genere spessori di substrato consistenti e un grado di manutenzione elevato. Sono quindi essenzialmente legate alle coperture intensive. In questo caso si raccomanda al progettista di valutare con attenzione i sesti di impianto in modo da ridurre, per quanto possibile, gli spessori di substrato. E’ inoltre opportuno utilizzare sempre piante giovani per farle adattare al meglio alle condizioni locali. Siepi ed alberi conferiscono alla copertura un elevato valore estetico e paesaggistico. Abbinati con il prato fruibile ed elementi di arredo consentono di realizzare veri e propri giardini.
4.3. Tabella riassuntiva: proprietà dei sistemi più comuni in Italia ed in Europa
5. PROGETTARE IL VERDE PENSILE IN MODO FUNZIONALE
Storicamente il verde pensile è stato classificato in due fondamentali macrocategorie: coperture estensive ed intensive. Queste si distinguono in base al livello di manutenzione richiesta: bassa nelle prime, elevata nelle seconde. Negli ultimi anni però, la ricerca scientifica e l’esperienza accumulata dai professionisti del settore è cresciuta notevolmente e limitarsi a questa classificazione utilissima ma limitata è alquanto anacronistico.
Oltretutto, la classificazione dicotomica estensivo/intensivo è stata troppo spesso banalizzata ad una questione di spessore e costo di realizzazione, ridotti nelle coperture estensive, più elevati nelle intensive.
Il salto concettuale che separa i costi di manutenzione dai costi di realizzazione è notevole e soprattutto nei climi italiani la corrispondenza tra basso spessore e bassa manutenzione è tutt’altro che ovvia. Infatti, il livello di manutenzione è molto più strettamente legato alla competizione tra le specie vegetali e alle strategie di adattamento al clima. Nell’areale mediterraneo, la grande varietà di specie infestanti termoxerofile sottopone ad un continuo assedio la vegetazione a Sedum, indipendentemente dallo spessore, richiedendo un lavoro di estirpamento delle erbacce molto più costante e oneroso di quanto avvenga nel nord Europa. D’altra parte coperture ad erbacee perenni in Sicilia con 10 o 12 cm di substrato, richiedono costi manutentivi più elevati di quanto richiederebbe una vegetazione ad arbusti mediterranei su spessori di 20 cm.
Non ci si vuole dilungare sul significato delle parole estensivo ed intensivo, si vuole solo sottolineare quanto sia importante che il progettista superi la vecchia classificazione per tentare un’analisi tecnica, approfondita, adeguata alle nuove conoscenze e tale da svincolare il verde pensile da un ruolo marginale di finitura estetica, per integrarlo al resto del sistema edilizio sul piano funzionale.
Per dare una traccia al progettista, si è fatto ricorso ad un’analisi incrociata tra campi d’applicazione (infrastrutture, edifici scolastici, capannoni, cantine…) e prestazioni del verde pensile, riassunta nella tabella 5.1, i cui singoli campi vengono poi approfonditi uno alla volta. I capitoli indicati nella tabella hanno lo scopo di indirizzare sui paragrafi di maggior interesse, ma una corretta progettazione richiede una acquisizione integrale delle informazioni contenute in questa linea guida. Si raccomanda inoltre, per ogni campo di applicazione, di consultare il paragrafo corrispondente del capitolo 7.
Infine è doveroso sottolineare che, trattandosi di aspetti in cui il progresso scientifico è in rapido divenire, applicati per di più al settore dell’edilizia dove le esigenze e le finalità possono essere estremamente disparate, il carattere delle indicazioni non è generalmente prescrittivo, ma raccomandabile. È altresì auspicabile che a partire da questa traccia, il professionista approfondisca poi le varie tematiche con i produttori di sistemi a verde pensile per sfruttare queste tecnologie nel modo più adeguato possibile alle esigenze progettuali e di pari passo con il rapido sviluppo tecnologico.
6. VANTAGGI E PRESTAZIONI TECNICHE DI SISTEMI PROFESSIONALI
La ricerca e lo sviluppo applicati ai sistemi per verde pensile stanno avendo particolare seguito all’interno di cinque filoni principali: il risparmio energetico, il risparmio idrico, la corretta gestione delle acque di deflusso, l’ottimizzazione dei sistemi per facilitare la progettazione e l’installazione, il valore ecologico. Di seguito verranno trattati separatamente fornendo anche alcune indicazioni per orientarsi fra le tante soluzioni innovative che stanno emergendo.
6.1. Risparmio energetico e gestione delle temperature
Al verde pensile sono state ormai riconosciute diverse funzioni dal punto di vista termodinamico: aumento della resistenza termica della copertura, aumento dello sfasamento dell’onda termica, raffrescamento passivo nel periodo estivo, mitigazione delle temperature esterne, riduzione delle oscillazioni termiche all’estradosso ed all’intradosso della struttura. Lo stesso DPR 59/20091 ne promuove l’utilizzo per queste ragioni. Tutte queste funzioni sono state descritte dal punto di vista quantitativo, ma la complessità dei processi coinvolti (passaggi di fase dell’acqua, quantità di acqua variabile nel tempo, bilancio energetico operato dalla vegetazione) non hanno ancora permesso l’individuazione di un modello di facile utilizzo e sufficientemente realistico, di conseguenza le procedure di calcolo disponibili sono ancora in corso di affinamento e spesso risultano non del tutto adeguate a rappresentare gli effettivi benefici delle coperture a verde. Del resto questa difficoltà è confermata anche sul piano normativo, dove si sta ancora lavorando per definire delle procedure di calcolo delle prestazioni energetiche nel periodo estivo condivisibili a livello nazionale per tutte le tipologie di copertura.
6.1.1. Risparmio energetico in periodo invernale
Per quanto riguarda il comportamento termico nel periodo invernale, è possibile tenere conto del contributo del sistema a verde pensile a patto che il sistema presenti adeguate certificazioni di resistenza o conducibilità termica. Per i pannelli drenanti o altri elementi della stratigrafia in materiale espanso a cellula chiusa (che non si imbibiscono di acqua) è possibile utilizzare la resistenza termica certificata da organismo indipendente ed in possesso della marcatura CE per l’utilizzo come isolamento termico Per i substrati, caratterizzati da forti variazioni di contenuto d’acqua vi sono due possibilità di utilizzo del valore di conducibilità termica:
- conducibilità termica del substrato a piena saturazione, certificato da organismi indipendenti
- conducibilità termica a contenuto intermedio d’acqua (condizione migliorativa e più vicina alla situazione reale), purché l’irrigazione sulla copertura sia controllata in base al potenziale idrico rilevato strumentalmente, in modo tale da far convergere il potenziale idrico su potenziali prossimi al punto di appassimento permanente e comunque non superiori a -0,5 MPa La conducibilità termica intermedia c deve essere certificata da organismi indipendenti e deve essere misurata come definito dalla formula (1)
- (1) c = (csat + cpot)/2
- Dove:
- c è la conducibilità da utilizzare nel calcolo;
- csat è la conducibilità misurata a saturazione (inteso a capacità di campo);
- cpot è la conducibilità termica del substrato corrispondente al potenziale elettrochimico dell’acqua cui tende il dispositivo di irrigazione controllata.
6.1.2. Risparmio energetico e controllo delle temperature in periodo estivo
Per quanto riguarda il comportamento termico e la gestione delle temperature in periodo estivo, in attesa di imminenti e necessari sviluppi normativi, ci si limita qui a dettare solo alcune valutazioni di tipo qualitativo, lasciando al termotecnico la responsabilità di aggiornarsi sugli sviluppi in corso di attuazione.
Vista l’esigenza di favorire la diffusione delle coperture a verde come strumento di sostenibilità ambientale, si raccomanda ai progettisti di favorire i sistemi professionali a verde pensile anche in assenza di modelli di calcolo definitivi, sulla base dei risultati ottenuti su casi di studio esistenti.
Affinché i dati rilevati su un particolare sistema a verde pensile siano presi in considerazione dal progettista ed utilizzati per dimensionare tipologia di sistema e spessore di substrato, questi dovranno essere stati avallati da ricerche condotte da Università o da organi riconosciuti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Verranno inoltre considerati validi solo i sistemi sperimentali realizzati in rispetto della norma UNI 11235:2007. La tabella seguente suggerisce l’ordine di preferenza nella scelta di sistemi e ricerche scientifiche cui fare riferimento durante la progettazione.
All’interno della classificazione enunciata, sono da preferire quei sistemi la cui ricerca scientifica in oggetto è stata pubblicata su riviste “peer reviewed”. In mancanza di dati sperimentali esaurienti, il progettista dovrà prevedere degli spessori di substrato come indicato nella tabella seguente in base alla funzione richiesta:
Ancora qualche considerazione va fatta riguardo al contenuto idrico nel substrato ed all’utilizzo di pannelli drenanti con proprietà coibenti.
- Da recenti studi emerge che le proprietà termiche del verde pensile migliorano con bassi contenuti idrici nel substrato. È raccomandabile dunque prevedere un sistema di irrigazione che mantenga basso il contenuto d’acqua, aumenti la resistenza termica in modo omogeneo, favorendo una riduzione del flusso termico, un aumento dello sfasamento e dell’attenuazione.
- L’utilizzo di pannelli drenanti con proprietà coibenti non vanno promossi ai fini di un miglioramento delle prestazioni estive. Infatti il posizionamento dell’elemento coibente nella stratigrafia condiziona lo sfasamento e l’attenuazione, e la posizione “interna alla stratigrafia” è una delle meno favorevoli.
6.2. Risparmio idrico
La penisola italiana è principalmente caratterizzata da un clima mediterraneo e sub-mediterraneo. Due fondamentali aspetti caratterizzano il clima mediterraneo:
- 1. la stagione secca coincide con la stagione più calda
- 2. si determina in questo periodo un deficit nel bilancio idrico poiché la precipitazione è inferiore all’evapotraspirazione.
Di seguito si riporta a titolo di esempio un diagramma raffigurante i dati di evapotraspirazione potenziale e le precipitazione ricavate dai dati meteorologici trentennali (1971-2000) di Roma.
Il clima sub-mediterraneo presenta invece caratteri intermedi tra il clima mediterraneo ed il clima temperato. A seguito di una forte variabilità in anni differenti è periodicamente ed imprevedibilmente soggetto a stagioni estive tipicamente mediterranee, in cui si instaura un deficit idrico. Di conseguenza, il progettista dovrà sempre prevedere su tutto il territorio italiano un impianto di irrigazione, almeno di soccorso.
Eccezione a questa regola sarà valida solo a fronte di una dettagliata analisi microclimatica e qualora vi siano studi scientifici pubblicati su riviste peer reviewd, elaborati da un ente di ricerca universitario o riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, attestanti la durabilità di un sistema a verde pensile e di una specifica vegetazione, grazie all’adozione di particolari misure atte ad aumentare le possibilità di sopravvivenza e rigenerazione della vegetazione anche in assenza di impianto di irrigazione. Il progettista dovrà individuare i sistemi a verde pensile più adeguati, bilanciando le strategie per ridurre la perdita di acqua per evapotraspirazione, l’effetto di volano idrico e le caratteristiche dell’impianto di irrigazione. Nel prospetto e nei paragrafi che seguono si riassumono le principali relazioni tra le caratteristiche del sistema e le tre componenti sopra enunciate.
6.2.1 Vegetazione
L’evapotraspirazione è strettamente dipendente dalla vegetazione. Innanzitutto quanto maggiore è la copertura vegetale tanto minore sarà la perdita d’acqua per evaporazione (perdita che avviene direttamente dal substrato ed è incontrollata). Per la scelta di vegetazione con basso rateo di traspirazione atteso bisogna riferirsi a dati specifici per ogni singolo genere o specie. A livello generale possono essere prese a riferimento le seguenti semplici regole:
6.2.2 Volume di acqua disponibile VD
Il contenuto d’acqua di un sistema a massima saturazione non dice nulla sul volano idrico offerto da quel dato sistema, il parametro utile è invece il volume d’acqua disponibile. Convenzionalmente, all’interno dell’apparato radicale il potenziale dell’acqua (proprietà fisica dell’acqua che, nel substrato, dipende principalmente dalla quantità d’acqua e dalla struttura del substrato) non riesce a scendere al di sotto di -1,5 MPa, pena la morte dei tessuti della radice.
L’acqua disponibile in un substrato è pertanto data dalla differenza fra il contenuto d’acqua a piena saturazione (detto anche capacità di campo, con potenziale vicino a 0 MPa) e il volume d’acqua residuo nel substrato quando è stato disidratato al punto di appassimento permanente (definito per l’appunto al potenziale idrico -1,5 MPa) come indicato nella formula:
VD = CC – PAP
Dove:
- VD: è il volume d’acqua disponibile, riferito all’unità di superficie
- CC: è il volume di acqua alla capacità di campo, riferito all’unità di superficie
- PAP: è il volume di acqua al punto di appassimento permanente, riferito all’unità di superficie
Per le coperture estensive si raccomanda di utilizzare sistemi che garantiscano un minimo di acqua disponibile (VD) sommando quella nel substrato e quella nel sistema tecnologico, con le limitazioni indicate nel paragrafo 6.2.3 per i pannelli di accumulo), come da prospetto:
Non vi è limite superiore di accumulo, se non i limiti strutturali di carico statico sopportabili dal solaio.
L’acqua disponibile nei vari elementi d’accumulo dovrebbe venir misurata in laboratorio e certificata da istituti universitari o altri istituti riconosciti dal ministero dell’ambiente e della tutela del mare. Le certificazioni andranno eseguite conformemente al protocollo Campbell (2010). In mancanza di tali certificazioni si dovrà considerare disponibile il 40% dell’acqua trattenuta dal substrato utilizzato. L’acqua nei pannelli d’accumulo, nei feltri o in altri materiali sintetici, in mancanza di certificazioni, andrà considerata a potenziale 0 MPa, cioè interamente disponibile.
Il progettista avrà comunque la facoltà e il dovere di modificare al rialzo la quantità di acqua disponibile richiesta ove le condizioni microclimatiche lo richiedano e in funzione delle esigenze della vegetazione prevista.
Per ampliare la capacità di volano idrico di un sistema è possibile aumentare la quantità del substrato o prescrivere substrati di qualità con una maggiore percentuale di acqua disponibile.
Va segnalato che quanto maggiore è il volano idrico di un sistema, tanto meno necessario sarà ricorrere ad un programma di irrigazione definito. Il volume di acqua disponibile influisce dunque anche sulle scelte relative all’impianto di irrigazione.
6.2.3 Accumulo di acqua in pannelli
Una strategia economica per accumulare acqua disponibile è il ricorso a vaschette di contenimento integrate al pannello drenante. Nelle vaschette dei pannelli, infatti, l’acqua viene trattenuta per resistenza, non per potenziale e il potenziale di quell’acqua sarà sempre prossimo a 0 MPa indipendentemente dal quantitativo d’acqua trattenuto, quindi tutta l’acqua contenuta è per definizione acqua disponibile.
Questo tipo di accumulo ha ripercussioni negative sul rateo di traspirazione.
Il primo svantaggio è che le piante interpretano il potenziale idrico alto (vicino a 0 MPa), percepito dalle radici, come un segnale ambientale di elevata disponibilità idrica, segnale che induce un elevato rateo di traspirazione, dunque un maggiore spreco d’acqua. Lo stesso segnale ambientale contrasta lo sviluppo di tutti quei caratteri di resistenza agli stress tipici della vegetazione naturale e induce allo sviluppo di piante deboli.
Il secondo è che, terminato di consumare l’acqua nel pannello, la radice fronteggia un crollo brusco del potenziale idrico assolutamente non fisiologico e troppo rapido per adottare efficacemente misure di sopravvivenza adeguate.
Il terzo è che la nutrizione minerale della pianta avviene per la maggior parte assieme al flusso d’acqua in ingresso, dunque l’accumulo di acqua separato dal substrato risulta meno interessante per una corretta nutrizione.
Per questo motivo è raccomandabile che le riserve idriche nel pannello di accumulo non superino mai quelle nel substrato. Il substrato deve rimanere il luogo principale di approvvigionamento idrico. Inoltre, quanto più il clima si fa mediterraneo, tanto minore dovrebbe essere il rapporto tra acqua nel pannello ed acqua nel substrato.
I sistemi a verde pensile devono perciò rispettare i seguenti limiti, in base alla posizione geografica.
Il progettista ha la facoltà di decidere per criteri più restrittivi, favorendo ulteriormente l’accumulo di acqua trattenuta per potenziale a discapito di quella trattenuta per resistenza.
6.2.4 Serbatoi di accumulo:
I serbatoi d’accumulo permettono di sfruttare in modo migliore l’apporto gratuito di acqua piovana e dunque apportano un contributo positivo a metà tra il volano idrico e l’efficienza dell’irrigazione. La raccolta dell’acqua in serbatoi è in generale consigliabile. Siccome una delle principali difficoltà nell’utilizzo di serbatoi di raccolta è data dalla mancanza di spazio, è di fondamentale importanza ottimizzare il dimensionamento del serbatoio in funzione dei coefficienti di deflusso certificati dei sistemi a verde pensile utilizzati e del fabbisogno idrico effettivo. Il metodo di dimensionamento è indicato nel capitolo 6.3.3
6.2.5 Irrigazione con sensore pioggia
Fra tutte le tecnologie attuate per limitare gli sprechi di acqua nei sistemi di irrigazione automatizzati, il sensore di pioggia rappresenta il meno evoluto, ma anche il più economico. Il sensore è composto da un elemento che si imbeve d’acqua durante le precipitazioni. Quando l’elemento sensibile è bagnato, viene inibita l’irrigazione programmata. Il tempo in cui l’elemento sensibile si asciuga può venir in parte regolato dall’installatore, tuttavia non vi è relazione tra l’asciugatura del sensore e la disidratazione del terreno. Questo tipo di sensore è quindi efficace per evitare di irrigare durante le precipitazioni e nei giorni immediatamente seguenti, in maniera solo indirettamente collegata allo stato idrico del sistema, che tendenzialmente viene mantenuto ad elevati livelli di contenuto idrico.
Qualora il volume di acqua irrigata sia eccessivo, l’acqua in eccesso verrà completamente defluita dalla copertura. Per questo motivo gli sprechi sono tendenzialmente molto più elevati che per vegetazione analoga in piena terra.
6.2.6 Irrigazione con sensore di contenuto volumetrico:
Questi dispositivi rappresentano un importante passo in avanti. L’elemento sensibile è a diretto contatto con il substrato ed è in grado di percepire il volume di acqua totale contenuto nel terreno. Le caratteristiche tecniche di questi sensori permettono di inibire l’irrigazione ogni volta che il substrato arriva a saturazione. Vengono così eliminati gli sprechi dovuti all’eccesso di irrigazione. Tuttavia questi sistemi tendono a mantenere il sistema ad un elevato livello di idratazione, impedendo di sfruttare al meglio gli apporti gratuiti di acqua durante le precipitazioni e inducendo un elevato rateo di traspirazione da parte delle piante.
6.2.7 Irrigazione con sensori di potenziale idrico:
La maggior parte delle specie, seppur in misura diversa, hanno sviluppato la capacità di ridurre la traspirazione a mano a mano che l’idratazione del substrato diminuisce. Mediamente si rileva una flessione della traspirazione in corrispondenza circa di -0,5 MPa, legata poi ad altre risposte fisiologiche che portano ad un rafforzamento dell’apparato radicale, una maggior resistenza allo stress idrico ed un accrescimento del fusto più contenuto, caratteristiche queste assolutamente desiderabili per la vegetazione posta in copertura. I sistemi di irrigazione dotati di sensori di potenziale idrico in grado di percepire potenziali inferiori a -0,5 MPa e di adeguato software di controllo, possono essere utilizzati per controllare l’irrigazione e definirne i tempi in funzione dello stato idrico percepito dalle piante. Questi dispositivi possono far funzionare il sistema ad un contenuto idrico particolarmente ridotto, offrendo la possibilità di sfruttare maggiormente gli apporti gratuiti di acqua durante le precipitazioni e inducendo una riduzione del rateo di traspirazione.
6.3. Gestione delle acque piovane
Le coperture a verde pensile devono prima di tutto essere in grado di assolvere in modo impeccabile alle funzioni di captazione e deflusso delle acque piovane, senza incorrere in allagamenti e infiltrazioni. In tutto questo un sistema a verde pensile realizzato a norma UNI 11235:2007 costituisce un elemento tendenzialmente migliorativo, in quanto è capace di ridurre il picco di deflusso dalle coperture. Tuttavia può anche costituire un ostacolo allo smaltimento delle acque, se il drenaggio non viene correttamente dimensionato. Nei paragrafi che seguono viene indicata la procedura consigliata per tener conto delle caratteristiche del verde pensile nella progettazione del sistema di gestione delle acque piovane. La procedura dovrà di volta in volta utilizzare gli adeguati dati di input in funzione delle caratteristiche climatiche dell’area di intervento. Le procedure di seguito indicate si rifanno a procedure utilizzate in areale tedesco. È perciò auspicabile un prossimo adeguamento alle condizioni climatiche italaiane. Il tecnico abilitato dovrà quindi assicurarsi che la procedura sia adeguata al progetto specifico valutando anche l’eventuale presenza di “colli di bottiglia” nel deflusso delle acque.
6.3.1 Dimensionamento degli scarichi
Le coperture a verde pensile riducono i picchi di deflusso dalle coperture durante gli eventi piovosi, dilazionando nel tempo le acque di scorrimento grazie ad un effetto di detenzione. Questa caratteristica è descritta dal coefficiente di deflusso, di cui si è già parlato. Il coefficiente di deflusso viene comunemente utilizzato per calcolare la quantità massima di acqua scaricata da una copertura.
Per superfici relativamente modeste e sottoposte ad una precipitazione omogenea, si può utilizzare l’equazione razionale (3)
(3) Q = I * Ψ * cr * A
Dove
Q: è la portata d’acqua massima da smaltire per l’intera copertura
I: è l’intensità di pioggia critica della durata di un’ora con tempo di ritorno di 10 o 30 anni. Tale dato dovrebbe riferirsi ai dati climatici propri dell’area interessata dal progetto. In mancanza di dati specifici, si dovrà utilizzare il dato di 120 mm/h, cioè 0,033 l/(m2 *s)
Ψ: è il coefficiente di deflusso del sistema a verde pensile utilizzato.
Tale valore deve essere certificato da istituti indipendenti. Per quanto riguarda altre superfici non interessate da verde pensile, il coefficiente di deflusso da utilizzare, in mancanza di dati certificati sarà:
cr: è il coefficiente di rischio. Normalmente si considera un valore pari a 2, che può essere elevato a 3 in edifici di pregio.
A: è la proiezione in pianta della superficie che intercetta la precipitazione.
Nel caso di superfici con diverse tipologie di finitura o sistemi a verde pensile con diversi coefficienti di deflusso il calcolo complessivo della portata da smaltire, espressa in l/s, sarà data dalla somma delle portate derivanti da ogni singola tipologia. Una volta definita la quantità totale di acqua da smaltire verrà definito il numero ed il diametro nominale degli scarichi seguendo la procedura UNI EN 12056-3:2001. Gli scarichi dovranno essere distribuiti sulla copertura in modo da servire in modo quanto più omogeneo possibile la copertura.
6.3.2 Verifica dell’elemento drenante
Gli elementi drenanti prefabbricati devono avere una capacità drenante idonea (secondo norma UNI EN 12958) prendendo come riferimento il gradiente idraulico i = 0,01 pari cioè ad una pendenza dell’1%. Per i drenanti sulle coperture inclinate si consiglia l’utilizzo della capacità drenante per il gradiente corrispondente all’inclinazione del tetto. Per i drenaggi in materiale granulare, la capacità drenante dovrà essere stimata per via analitica, come indicato nella norma UNI 11235:2007. Una volta definita la portata idraulica da smaltire in condizioni critiche, sarà compito del progettista verificare che la capacità drenante del sistema sia adeguata, facendo riferimento alle sezioni dove il drenaggio risulta più critico a causa della lunghezza o del coefficiente di deflusso complessivo più elevato. Nel caso in cui la massima lunghezza drenante per il pannello prescelto sia inferiore alla lunghezza di drenaggio prevista a progetto, sarà necessario ricorrere ad un pannello con capacità drenante maggiore, oppure ad un disegno con scarichi più ravvicinati, o ancora sarà possibile utilizzare un sistema con coefficiente di deflusso più basso.
6.3.3 Dimensionamento dei serbatoi di accumulo dell’acqua piovana
Al fine di dimensionare correttamente il volume di accumulo dei serbatoi per il riutilizzo dell’acqua piovana, si deve fare riferimento alla procedura contenuta nella norma E DIN 1989-1 : 2002-12. Il primo passo consiste nel definire la quantità di acqua Q disponibile nel corso dell’anno utilizzando al seguente formula (4):
(4) Q = P * Ψ * A
La formula utilizzata deriva dall’equazione razionale. In questo caso però P indica la precipitazione media annuale per il sito considerato.
Il secondo step consiste nel verificare le esigenze idriche dell’edificio in oggetto. La stima del fabbisogno va effettuata come da indicazioni contenute nella norma E DIN 1989-1 : 2002-12.
Tuttavia, vista la scarsa capacità di ritenzione idrica delle coperture a verde pensile rispetto il verde a terra, per l’irrigazione della superficie a verde è opportuno utilizzare i seguenti valori:
Si procede quindi con il calcolo delle dimensioni del serbatoio con la seguente formula.
(5) V = Q * (Psm / GA)
Dove:
- V: è il volume che dovrà avere il serbatoio
- Q: è pari al valore inferiore tra l’acqua disponibile e il fabbisogno annuo per irrigazione e usi domestici.
- Psm è il periodo secco medio, ovvero il numero di giorni durante i quali si può verificare l’assenza di precipitazioni, in letteratura solitamente considerato di 21 giorni
- GA = Giorni dell’anno
Ove siano previsti sistemi di controllo dell’irrigazione basati su sensori di potenziale elettrochimico nell’acqua, in grado di attivare l’irrigazione gradatamente all’abbassarsi del potenziale percepito e in grado di far convergere il potenziale idrico su valori inferiori a -1,0 MPa, è consentito tenere in considerazione l’effetto di ritenzione del sistema.
In altre parole una parte dell’accumulo viene accorpata alla copertura e sottratta al volume del serbatoio.
La formula per il dimensionamento sarà in questo caso:
(6) V = [Q * (Psm / GA)] – (VD*A)/2
Dove:
- VD è il volume di acqua disponibile del sistema utilizzato e definito nel capitolo 6.2.2.
- A è la superficie occupata dal sistema per verde pensile in oggetto
Nel caso in cui il volume del serbatoio così corretto risulti pari o inferiore a zero, ciò non significa che non vi sia necessità di irrigare, bensì è da considerare che l’efficienza del dispositivo di controllo dell’irrigazione supera il vantaggio ottenibile da un serbatoio dimensionato secondo la norma.
6.3.4 Dimensionamento delle vasche di laminazione
Nei casi in cui gli enti pubblici definiscano un limite massimo della portata di scarico che è possibile immettere nei corpi riceventi, sarà possibile utilizzare l’equazione razionale per definire la portata di scarico attesa dalla copertura a verde pensile. La differenza tra la portata attesa e portata concessa, moltiplicata sul tempo di un’ora definirà la capienza del serbatoio di laminazione, che può essere anche omesso qualora il verde pensile sia sufficiente per rientrare nei valori di portata richiesti.
Nel caso in cui siano previsti sistemi di controllo dell’irrigazione basati su sensori di potenziale elettrochimico nell’acqua, in grado di attivare l’irrigazione gradatamente all’abbassarsi del potenziale percepito e in grado di far convergere il potenziale idrico su valori inferiori a -1,0 MPa, è consentito tenere in considerazione l’effetto di ritenzione del sistema. In altre parole una parte dell’accumulo viene accorpata alla copertura e sottratta al volume del serbatoio. Al volume previsto dunque verrà sottratto il volume medio di accumulo disponibile sul verde pensile pari a (VD *A)/2
6.3.5 Precauzioni riguardo i nodi tecnici
Ove le superfici a verde pensile vengano poste in continuità con superfici impermeabili, siano queste orizzontali (pavimentazioni) o verticali (pareti), il progettista deve prevedere soluzioni adatte a captare le acque di scorrimento superficiale e a convogliarle e disperderle rapidamente nello strato drenante. A tal fine possono essere utilizzate fasce in ghiaia o canalette a fondo disperdente. Eventuali pluviali provenienti da altre coperture non devono scaricare sulla copertura a verde pensile. L’acqua di questi va smaltita separatamente.
6.4. Ottimizzazione della cantieristica
Una gestione poco attenta della cantieristica è frequentemente la principale causa dell’elevato costo di alcune coperture verdi. Un’attenta analisi dei dettagli e delle strategie di ottimizzazione è un passaggio fondamentale per garantire che la copertura verde abbia dei costi sostenibili.
Di primaria importanza da questo punto di vista è la corretta progettazione e realizzazione dell’impermeabilizzazione antiradice. Infatti, ogni risvolto di questa richiede solitamente una serie di lavorazioni manuali molto onerose (fissaggi meccanici e saldature di dettaglio) ed aumenta notevolmente i rischi di infiltrazioni. Bisognerà quindi favorire tutte le misure possibili per eliminare dislivelli, corpi sporgenti, travi in spessore e ogni elemento che comporti discontinuità nella stesura dell’elemento impermeabile. L’impermeabilizzazione dovrà inoltre essere realizzata in totale conformità con la norma EN 13948. Tutti i dettagli dovranno venir progettati e realizzati a regola d’arte, in particolare si ricorda che i risvolti verticali dovranno raggiungere la quota di +10 cm al di sopra del livello finito nel caso in cui il manto venga controrisvoltato in orizzontale, o di +15 cm al di sopra del livello finito nel caso in cui il manto venga fissato in verticale.
È doveroso raccomandare la massima attenzione al rispetto di queste indicazioni in corrispondenza delle soglie. È dovere del progettista adottare tutte le misure consone a facilitare il libero flusso dell’acqua a livello dell’elemento drenante e a limitare il numero di risvolti ed interruzioni dell’impermeabilizzazione. A questo scopo si raccomanda di ridurre il numero di livelli di scorrimento dell’acqua.
A tal fine si favoriscano le seguenti misure:
Nel caso di superfici pedonali, favorire l’utilizzo di sistemi drenanti, abbassando il livello di scorrimento allo stesso livello dello strato drenante nell’area a verde
Nel caso della posa di alberature, evitare di realizzare “buche ribassate” nel solaio. Il maggior volume di substrato richiesto dall’alberatura dovrebbe venir recuperato con spessori variabili in superficie.
Inoltre, ovunque siano previsti elementi verticali di separazione tra diverse finiture, questi dovranno venir progettati in modo da evitare l’ancoraggio diretto al solaio, così da non costituire ostacolo al libero deflusso delle acque.
Sulle coperture estensive, ove ci sia possibilità di caduta dai perimetri si ricorda di prevedere sistemi di ancoraggio e sicurezza per i manutentori. Nel caso di coperture piane è opportuno favorire soluzioni di ancoraggio a zavorra, sfruttando il peso del giardino. Tali dispositivi permettono di ridurre il rischio di infiltrazioni.
6.5. Valore ecologico
Se tra gli obiettivi che ci si pone con la realizzazione di un intervento di verde pensile rientra anche quello di avviare la formazione di un sistema che si autosostenga, si dovranno rispettare alcuni criteri che forniranno all’intervento un importante valore aggiunto in termini di sostenibilità dal punto di vista ecologico e ambientale.
La possibilità di inserire negli interventi di verde pensile un buon numero di specie vegetali autoctone, porterà ad un guadagno in termini ecologici e inoltre vantaggi dal punto di vista applicativo per le esigenze tecniche della copertura. Diversi studi hanno messo in luce come un aumento del numero di specie porti ad un miglioramento sia delle prestazioni termodinamiche che idrauliche, oltre che ad una maggiore resistenza e resilienza della vegetazione. Quando si vuole perseguire l’obiettivo di realizzare un intervento che abbia elevato valore ecologico, come inteso nella presente linea guida, si dovrebbe progettare e realizzare l’opera in modo da favorire la diversità di specie floristiche e faunistiche che potranno risiedere, o frequentare, il sito in cui l’intervento viene realizzato. Per quanto riguarda gli aspetti connessi alla progettazione botanica si può consultare il documento “Analisi e progettazione botanica per gli interventi di mitigazione degli impatti delle infrastrutture lineari” (ISPRA, 2010), che rientra anch’esso nella serie prodotta da ISPRA in collaborazione con il CATAP.
In tutte quelle applicazioni dove sia prevista una scarsa fruizione o dove uno degli obiettivi principali sia la valenza ecologica, il progettista orienterà il disegno della copertura verso soluzioni estensive e farà riferimento alle serie dinamiche della vegetazione potenziale dei siti di intervento.
Lo stadio a cui il progettista dovrebbe puntare è il prato arbustato. Ma vanno utilizzate in maniera ponderata anche comunità meno strutturate e specie pioniere. Allo stato attuale le associazioni vegetali e le serie dinamiche sono state ampiamente descritte, tuttavia per le coperture a verde è ancora in corso un dibattito attorno a tematiche di tipo deontologico. Se da un lato infatti è corretto porsi come obiettivo la massima diversità di specie possibile, dall’altro lato è innegabile che si tratta comunque di ambienti artificiali. Le variabili ambientali sono molto differenti dall’intorno naturale (escursioni termiche più elevate, maggior esposizione al vento, elevata irradianza, ridotto spessore di substrato e caratteristiche chimico fisiche di questo solitamente differenti dall’ambiente circostante), con fattori biologici peculiari (ridotta connettività con gli ambienti circostanti, presenza animale limitata solo ad alcune forme, fauna del suolo condizionata da un unico orizzonte pedologico indistinto…). Questi limiti sono tutti o in parte dettati da esigenze tecniche inderogabili (garantire un mantenimento nel tempo della capacità drenante, un peso ridotto, caratteristiche chimico fisiche del substrato in equilibrio con le condizioni ecologiche in copertura…), dalla necessità di dimensionare le prestazioni tecniche, da esigenze di sostenibilità (realizzare cenosi più evolute come quelle boschive richiederebbe spessori di substrato elevatissimi, con carichi molto maggiori ed un consumo di energia e materie prime insostenibile), infine da necessità naturalistiche (non sempre l’area di edificazione presenta suoli evoluti da recuperare e prelevare suoli naturali altrove sarebbe un danno ecologico inammissibile).
Oltre ai limiti descritti, l’etica deontologica deve fare anche i conti con alcuni necessari condizionamenti, principalmente l’adozione di un’irrigazione di soccorso, che a seconda dei climi, delle caratteristiche del substrato utilizzato, della vegetazione e delle caratteristiche dell’impianto stesso di irrigazione, può funzionare in modo più o meno continuativo per tutta la stagione vegetativa o non entrare quasi mai in funzione se non in casi estremi. Del resto, il volume di acqua accumulabile sulla copertura ha dei limiti strutturali invalicabili e l’impossibilità di attingere all’acqua del sottosuolo, unita alle particolari condizioni microclimatiche, rendono indispensabile la predisposizione di un dispositivo di irrigazione per salvaguardare la componente vegetale e quindi la funzionalità tecnica della copertura. Questa tematica è stata approfondita nel capitolo 6.2.
Sulla base di queste considerazioni, si ritiene che un progetto dovrebbe avvalersi del contributo di consulenti esperti. Per questo motivo e vista la variabilità di ambienti esistente in Italia, si è ritenuto che un elenco generico degli ordini o classi di vegetazione a cui attingere sarebbe stato superfluo per il professionista biologo, naturalista, agronomo e forestale, mentre sarebbe stato oltremodo lacunoso se utilizzato da un professionista con altre competenze.
E’ impossibile la definizione a priori di una strategia necessaria e sufficiente per realizzare coperture a verde pensile ad elevato valore ecologico. Ogni caso presenta delle specificità e per realizzare lavori di qualità si può difficilmente prescindere dalla consulenza di uno specialista esperto degli ecosistemi caratteristici della regione di intervento.
6.5.1. Raccomandazioni generali
Segue un elenco di importanti raccomandazioni, che forniscono indicazioni per aumentare il valore ecologico degli interventi senza compromettere la funzionalità tecnica della copertura, così come definita dalla norma UNI 11235:2007 e nei capitoli precedenti. Tali raccomandazioni tuttavia non sono sufficienti a progettare interventi di elevato valore ecologico, per i quali sarà di volta in volta necessario uno studio dettagliato e specifico.
- Vanno utilizzate prioritariamente specie autoctone ottenute da popolazioni locali.
- Il riutilizzo del cotico è raramente possibile e opportuno. Questo può venir recuperato solo ed esclusivamente dall’area di intervento e necessita di un’area per la sua conservazione fino a ultimazione dei lavori. Per questioni tecniche, il cotico può essere ridistribuito solo su una porzione limitata della copertura (come specificato in seguito).
Va valutato attentamente il rischio che dal cotico si diffondano piante infestanti sul resto della superficie dove la vegetazione deve venir ottenuta da semina. Inoltre, siccome queste piante vengono portate sulla copertura già pienamente sviluppate, incontrano difficoltà maggiori di adattamento alle nuove condizioni ambientali, con il rischio di veder compromessa la loro sopravvivenza.
Decisamente preferibile è l’ottenimento della vegetazione erbacea attraverso la semina. Può essere utilizzato fiorume proveniente da prati-pascoli prossimi all’area di intervento e ricavato da più sfalci nel corso dell’anno per garantire la raccolta dei semi nel periodo di massima maturazione per ogni specie. In alternativa, in caso di impossibilità nel reperire fiorume in modo idoneo, il progettista può prevedere l’utilizzo di miscele di sementi confezionate purché siano raccolte da piante selvatiche autoctone. In questo caso la provenienza sarà probabilmente da zone più distanti, va pertanto verificato che le specie contenute siano quelle proprie dell’associazione e dell’alleanza di riferimento e che il clima della zona da cui provengono le 31 sementi autoctone sia il più possibile simile a quello della zona di impianto per garantire che le caratteristiche di resistenza delle specie selvatiche siano adatte all’ambiente in cui verranno inserite.
Qualora vi siano evidenti ed insormontabili problemi di reperibilità o altre limitazioni di natura tecnica documentate, sarà dovere del consulente esperto valutare altre alternative nel rispetto delle migliori strategie possibili.
Riguardo alla copertura è possibile seguire due strategie fondamentali.
- La prima consiste nel ricreare associazioni vegetali nel modo più coerente possibile con la vegetazione potenziale del luogo e con le condizioni in copertura. Questa strategia è decisamente preferibile in aree di pregio paesaggistico, quando la copertura risulta anche in continuità con il terreno o comunque molto visibile.
- L’altra strategia consiste nell’imitare nicchie ecologiche più rare, non presenti nell’intorno dell’area di intervento.
Questa seconda categoria di interventi è funzionale alla conservazione dell’ecomosaico, ma richiede elevata competenza su diverse tematiche ambientali ed una attenta valutazione. Infatti questo tipo di interventi non può prescindere da un’analisi dei corridoi ecologici e della connettività tra la copertura e le nicchie naturali di riferimento. Altrimenti il rischio è di ricreare ambienti completamente disgiunti dagli ambienti naturali e incapaci di contribuire efficacemente alla loro conservazione. Inoltre sulla copertura stessa, la popolazione può correre il rischio di impoverirsi nel tempo a causa della dimensione ridotta e della mancanza di un flusso genetico dall’esterno. In linea di massima si sconsiglia di fare riferimento a nicchie ecologiche fuori dal territorio regionale e si raccomanda di adottare tutte le misure necessarie a favorire la fruizione da parte di insetti pronubi e avifauna.
- Si raccomanda di ricreare sulla copertura almeno due stadi delle serie dinamiche della vegetazione di riferimento, in modo da favorire la diversità ed aumentare la resistenza e la resilienza dell’ecosistema.
- Siccome le associazioni boschive richiederebbero un investimento in termini di energia e materiali molto elevato, si suggerisce di considerare il prato arbustato come massimo stadio di evoluzione a cui tendere. Nelle aree mediterranee l’equivalente potrebbe essere una gariga mista.
- La qualità ecologica di una copertura a verde deve essere incrementata evitando di realizzare superfici pianeggianti troppo regolari, e ricorrendo invece ad una modellazione morfologica superficiale ottenuta con stesura di substrato in spessore variabile. La modellazione in rilievi permette la costruzione di nicchie ecologiche differenziate, inoltre il maggior spessore di substrato aumenta localmente la disponibilità idrica consentendo lo sviluppo di una vegetazione più articolata.
- Al passaggio dai climi temperati all’area mediterranea, si registra in natura un cambio nelle strategie adattative delle piante perenni: le emicriptofite dominanti nel centro-nord Europa vengono sostituite da nanofanerofite e camefite, cioè piccoli arbusti. Questa naturale tendenza va favorita anche sulle coperture.
- Lo spessore di substrato non deve essere inferiore a 12 cm. Dati sperimentali hanno evidenziato come la diversità delle specie si riduca fortemente al di sotto di questa soglia. Lo spessore deve essere eventualmente aumentato qualora il clima sia particolarmente arido o vengano utilizzate piante con maggiori esigenze.
- I suoli naturali rappresentano un riferimento teorico nella progettazione di interventi a favore della biodiversità, tuttavia il loro prelievo ed il riposizionamento sul tetto sono generalmente sconsigliabili per diverse motivazioni. Innanzitutto un suolo naturale è una risorsa che va salvaguardata, dunque è assolutamente scorretto il prelievo da aree naturali a meno che queste non siano già interessate da opere che ne compromettano le caratteristiche e le funzioni. Inoltre il valore ecologico di un suolo naturale ha un profondo significato ecologico e funzionale solo se considerato nell’interezza di tutti i suoi orizzonti (da quelli superficiali alla roccia madre) e nell’equilibrio complesso che instaura con il clima, la fauna e la flora. L’utilizzo di singoli materiali naturali (rocce, ghiaie, sabbie, humus, compost, corteccia…) sono da considerarsi come validi strumenti per favorire specifiche strategie di conservazione. Tali materiali possono essere utilizzati solo su superfici limitate (come definite in seguito) e solo se questo non comporta danni al sito di prelievo o alla funzionalità della copertura.
6.5.2. Suddivisione percentuale della copertura
Per favorire la massima diversità di specie sulla copertura, la superficie andrà suddivisa come segue:
- 10% della superficie potrà trasgredire i requisiti tecnici contenuti nella norma UNI 11235:2007, purché ciò non comporti impedimenti di natura tecnica e fatti salvi gli interventi – o dispositivi – volti a salvaguardare l’integrità dell’elemento di tenuta. Il progetto naturalistico potrebbe richiedere ad esempio la realizzazione di un’area su spessore di substrato ridotto, oppure con rocce, ghiaia o sabbia per dar spazio ad associazioni pioniere ed alla relativa fauna. Oppure potrebbe venir prevista un’area ricca di sostanza organica e residui lignei, o ancora prevedere il recupero del cotico prelevato dall’area di intervento. Sempre se la tecnica lo permette, potrebbe esser persino riprodotta un’area umida.
- 50% della superficie verrà dedicato alle fitocenosi erbacee individuate come riferimento.
- 15% della superficie verrà dedicato alla realizzazione di vegetazione arbustiva o di gariga alta, con spessori di substrato tra i 30 ed i 35 cm a seconda delle specie. Le specie arbustive andranno previste con un sesto d’impianto indicativamente di 1 pianta ogni 4 m2 e andranno prescelte piante diversificate per età e dimensione. La superficie ad arbusti dovrà essere “concentrata in isole” il cui numero verrà definito in base alla superficie dell’intervento. In particolare dovranno essere:
- n. 1 ogni 250 m2 Per superfici fino a 1.000 m2
- n. 1 ogni 500 m2 Per superfici da 1.000 a 10000 m2
- n. 1 ogni 1.000 m2 Per superfici oltre 10.000 m2
- Pertanto su una copertura di 500 m2 , 75 m2 dovranno essere trattati ad arbusti, che verranno concentrati in 2 “isole” distinte da circa 38 m2 l’una. Nel caso in cui la copertura misuri 600 m2 , gli arbusti occuperanno 90 m2 totali, dati da 3 isole di 30 m2 . La superficie tra gli arbusti potrà venir seminata con piante erbacee purché la loro ecologia non comporti competizione diretta con gli arbusti.
- 25% della superficie servirà a ricreare zone di mantello o corridoi di collegamento tra le isole di arbusti, andranno vegetate con arbusti di piccola taglia e suffrutici, su spessori variabili da 15 a 25 cm a seconda delle specie utilizzate.
Tale suddivisione si riferisce alla superficie al netto delle eventuali strisce di ghiaia perimetrali previste dalla norma UNI 11235:2007 e degli elementi accessori.
6.5.3. Livello manutentivo
Scopo primario nella realizzazione di una copertura a verde con criteri di biodiversità è favorire il massimo grado di auto mantenimento del sistema a regime, mantenendo gli interventi di manutenzione ad un livello tale da creare il minimo disturbo antropico nelle dinamiche degli equilibri naturali che si intendono favorire. In questo senso le manutenzioni di avviamento a regime, così come previste nella norma UNI 11235:2007 per le coperture estensive non dovrebbero possibilmente superare i 12 mesi dal termine della manutenzione di collaudo. Gli interventi di manutenzione ordinaria a regime, così come previsti nella norma citata, non dovrebbero superare il numero di 1-2/anno, ciò sempre al fine di rendere minimo il disturbo antropico.
6.5.4. Analisi e progetto botanico
Per l’analisi ed il progetto botanico è possibile fare riferimento al documento “Analisi e progettazione botanica per gli interventi di mitigazione degli impatti delle infrastrutture lineari” (ISPRA, 2010), tenendo sempre conto anche delle indicazioni contenute nella norma UNI 11235
6.5.5. Analisi e progetto faunistico
Una copertura a verde può dare un contributo significativo anche a vantaggio della fauna. Un insediamento immediato e stabile della componente faunistica risulta, tuttavia, problematico se confrontato con quanto realizzabile con la vegetazione. Tra le varie ragioni che si possono addurre per spiegare questo fatto vi sono, per esempio, le intrinseche capacità di movimento e di dispersione attiva della maggior parte delle specie, le dinamiche di popolazione e le relazioni ecologiche tra le specie (predazione, competizione, ecc).
Vi sono altresì da considerare le notevoli differenze interspecifiche, relazionate alla autoecologia e alle caratteristiche biologiche delle varie specie. Prendendo in considerazione le dimensioni degli organismi in relazione allo spazio a disposizione, per esempio, è evidente la differenza che intercorre tra insetti (per i quali si possono ipotizzare visite occasionali ma anche la colonizzazione da parte di piccole popolazioni) e uccelli (per i quali si possono supporre visite occasionali e/o l’insediamento di individui o coppie di individui).
Da un punto di vista teorico descrittivo, si può considerare la colonizzazione di una copertura a verde da parte della fauna alla stregua di siti naturali pionieri isolati e di limitata estensione. Illuminanti in tal senso possono risultare alcuni aspetti del modello della teoria dell’equilibrio insulare (e le sue successive integrazioni), gli schemi relativi alle regole di raggruppamento nella formazione di piccole biocomunitàmodello adattati alle situazioni, alcuni modelli descrittivi di dinamica di popolazione (quale l’equazione logistica ed equazioni alternative), sempre tenendo presente il ruolo rilevante giocato in questo contesto dell’intervento antropico.
Fatte queste debite premesse, una prima fase, propedeutica al progetto faunistico vero e proprio, consiste nel realizzare un’analisi faunistica del contesto ambientale di area vasta, opportunamente circoscritta, in cui si inserisce il verde pensile in progetto, considerando sia le specie autoctone sia quelle alloctone e/o invasive.
Dal confronto e dalla sovrapposizione dell’analisi faunistica con la tipologia generica di verde pensile che si vuole realizzare (tappeto di Sedum, prato-pascolo, arbusti tappezzanti e suffrutici, ecc) si può procedere alla stesura del progetto faunistico, in modo tale da pianificare le azioni e predisporre le condizioni favorenti la colonizzazione e l’insediamento da parte delle specie ‘selezionate’.
Tra i punti fondamentali del progetto faunistico per un verde pensile, vi sono:
- l’individuazione delle specie che si vogliono ‘attirare’ con la descrizione delle caratteristiche ecologiche ed etologiche e le esigenze in termini di habitat e risorse di tali specie;
- l’individuazione delle caratteristiche ecologiche ed etologiche e le esigenze in termini di habitat e risorse di eventuali specie indesiderate;
- l’esame del contesto ambientale ed ecologico più prossimo in cui si inserisce il verde pensile in progetto (ad esempio, contiguità con aree verdi; presenza nelle vicinanze di coperture a verde, loro tipologia e relativa fauna; ‘appartenenza’ a corridoi ecologici, ecc);
- le caratteristiche tipologiche specifiche di verde pensile prescelto: le specie vegetali piantate (portamento, struttura, autoctonia, sesto di impianto, appetibilità per le specie della fauna, ecc), il particolare tipo di habitat che si viene a configurare (omogeneo, eterogeneo ecc);
- l’ubicazione e le dimensioni della struttura su cui si impianta il verde pensile (altezza, estensione, ecc);
- la predisposizione di eventuali strutture accessorie ‘artificiali’ (nidi artificiali modello a “cassetta chiusa” o a “tronchetto” con fori d’ingresso di diametro opportuno per le singole specie, bat box, predisposizione di cavità e fessure varie, mangiatoie, ecc).
Il processo di insediamento faunistico previsto dal progetto può, comunque, non essere ineluttabilmente sequenziale e/o deterministico e si deve periodicamente verificare la situazione onde apportare modifiche in corso d’opera.
Complessivamente, le specie maggiormente presenti sono quelle dotate di una più ampia vagilità (per esempio uccelli e molti insetti), quelle ubiquitarie, quelle dotati di maggiore plasticità fenotipica e quelle sinantropiche. Si tenga in opportuna considerazione che il ‘sistema’ fauna che si viene a costituire è presumibilmente caratterizzato da relazioni semplici e lineari, soggetto ad oscillazioni temporali, da tassi variabili di colonizzazione, immigrazione, estinzione e/o di sostituzione delle specie.
In alcuni casi le coperture a verde, utilizzando opportuni accorgimenti, possono essere l’occasione anche per fornire siti idonei di alcune specie minacciate. E’ il caso, per esempio, di alcuni Chirotteri (pipistrelli) un ordine di Mammiferi con molti rappresentanti in declino e che vede il numero di specie che frequentano edifici, strutture artificiali e simili piuttosto elevato: gran parte delle oltre 30 specie presenti in Italia può frequentare tali tipi di rifugio.
Le coperture a verde possono in tal modo assumere per la fauna, in particolare per alcune specie a rischio, la funzione di ‘stepping stones’ integrando gli elementi naturali esistenti all’intorno e arricchendo la rete di corridoi verdi eventualmente esistenti.
7. CAMPI D’APPLICAZIONE
Di seguito si elencano 7 tra le principali tipologie edilizie interessate dal verde pensile. Per ogni tipologia si delineano brevemente le caratteristiche più comuni, gli aspetti critici ed alcune considerazioni tecniche generiche. L’elenco non è esaustivo, ma va considerato a titolo di incipit per la progettazione e per lanciare spunti ed idee.
7.1. Infrastrutture
In questa categoria rientra un insieme alquanto eterogeneo di opere che possono trarre vantaggio dall’utilizzo di sistemi a verde pensile. Tra queste si possono ricordare tutte le varie gallerie artificiali stradali e ferroviarie, sovrappassi faunistici per deframmentazione di habitat, pensiline ferroviarie, palazzine in ambito stradale e ferroviario.
La problematica che generalmente affligge le coperture a verde non professionali, in queste opere, è legata all’elevato spessore di terreno che bisogna riportare al di sopra della struttura per avere maggiori possibilità che negli anni si ricrei quell’equilibrio ecologico in grado di permettere uno sviluppo adeguato alla vegetazione. Il terreno di riporto utilizzato e steso con elevati spessori risulta completamente privo di struttura, con caratteristiche agronomiche scarse e dà luogo solitamente a comunità vegetali fortemente caratterizzate da specie ruderali. I costi manutentivi sono molto elevati ma necessari per riuscire ad ottenere risultati accettabili dal punto di vista estetico e naturalistico, ad una distanza di tempo comunque non inferiore ad alcuni anni. Inoltre le coperture realizzate con tecniche tradizionali, comportano carichi estremamente elevati ed un sovradimensionamento immotivato della portata delle infrastrutture.
L’utilizzo di sistemi a verde pensile professionali in questo settore comporta notevoli benefici, garantendo pesi ridotti, bassa manutenzione e raggiungimento di ottimi risultati di sviluppo della vegetazione già nel primo anno.
Siccome l’esigenza comune nella maggioranza dei casi citati è mitigare l’impatto sul paesaggio e l’ambientale in generale, si raccomanda di progettare il verde pensile in modo quanto più aderente al capitolo 6.5. sul valore ecologico, con particolare attenzione in quei casi particolari in cui il verde pensile è in diretta continuità con il terreno (sovrappassi per la fauna) dove sarà particolarmente opportuno cercare di ricreare una comunità vegetale coerente con le associazioni vegetali circostanti o in rapporto catenale con queste.
Per tutti gli altri casi specifici si invita il progettista ad ispirarsi al campo d’applicazione più simile tra quelli trattati nei paragrafi seguenti.
7.2. Terrazze private
In questa classe si considerano tutte quelle superfici di dimensioni medio piccole ad uso fondamentalmente privato e con finalità prevalentemente estetiche e ludiche. Normalmente si impiega una grande varietà vegetazionale (dal tappeto erboso a siepi fino a grossi arbusti e piccoli alberi), la presenza di aree pavimentate e non di rado arredi pesanti (gazebo, serre solari, piscine, ecc). Il costo dell’intervento è molto legato all’ottimizzazione delle lavorazioni e dei dettagli esecutivi. Il progettista dovrà prevedere di sfruttare spessori variabili del substrato in modo da coltivare ogni tipologia vegetale sul minimo spessore richiesto. Piccoli dislivelli, facilmente gestibili sul piano dell’estetica, possono ridurre cospicuamente i costi ed aumentare la sostenibilità ambientale dell’edificio. La complessità delle finiture superficiali spesso non viene affrontata con evoluti sistemi professionali ed il risultato è una grande frammentazione delle coperture dal punto di vista idraulico, con realizzazione di pavimentazioni e cordoli ancorati al solaio che impediscono il libero deflusso dell’acqua. Queste soluzioni comportano un incremento notevole dei risvolti, delle interruzioni, delle saldature e dei fissaggi meccanici del manto impermeabile, con conseguente aumento dei costi e dei rischi di infiltrazione. Queste 36 problematiche possono venir oggi agevolmente superate adottando sistemi professionali che mantengano continuità di drenaggio in presenza di varie finiture e che facilitino la risoluzione dei principali nodi tecnici. Le terrazze private richiedono di solito una certa costanza nella manutenzione, ma la supervisione frequente di personale specializzato o dello stesso utente ridimensiona l’importanza di ricorrere a sistemi automatizzati ed intelligenti di irrigazione. Nei casi limite può essere necessaria anche solo una presa d’acqua per l’irrigazione manuale. Grande importanza assume invece la capacità di volano idrico del sistema, per offrire maggiore autonomia al sistema e maggiore flessibilità al manutentore. Nel caso si preveda vegetazione intensiva e irrigazione manuale, predisporre la copertura per contenere almeno 80 l/m2 di volume di acqua disponibile. Resta valido quanto prescritto al capitolo 6.2.3. Nonostante il tipo di utilizzo non sia favorevole alla conservazione della biodiversità, si invita il progettista a valutare la possibilità di dedicare piccole aree marginali e meno disturbate della terrazza alla creazione di un prato naturale a basso numero di sfalci. Questi piccoli spazi possono giovare alla creazione di piccole nicchie ecologiche ed al sostegno di corridoi ecologici.
7.3. Coperture di condomini
In questa applicazione le coperture a verde possono svolgere una o più delle funzioni tecniche precedentemente indicate, tuttavia l’importanza della copertura dal punto di vista termodinamico risulta tendenzialmente ridimensionata a causa del fattore di forma dei condomini. Il verde pensile può valorizzare l’edificio anche attraverso la creazione di superfici con alto valore ecologico. Soluzioni da preferire saranno quelle di prato naturale, erbe aromatiche, piccoli arbusti tappezzanti autoctoni, ispirandosi il più possibile alle serie dinamiche della vegetazione potenziale di riferimento. In generale le specie autoctone correttamente associate richiedono infatti manutenzione ridotta, resistono eccellentemente all’ingresso di piante infestanti e sono estremamente stabili alle oscillazioni climatiche tipiche dell’area sub-mediterranea.
Per ridurre i consumi d’acqua e gli interventi di manutenzione, è assolutamente opportuno ricorrere a dispositivi di irrigazione automatizzati ad elevate prestazioni. In ordine di prestazioni decrescenti:
- Dispositivi di irrigazione controllata sulla base del potenziale idrico, con algoritmo di irrigazione che avvia l’irrigazione al decrescere del potenziale idrico al di sotto di -1MPa, portandolo a convergere su valori fisiologici di poco superiori al punto di appassimento permanente
- Dispositivi di irrigazione controllata sulla base del contenuto volumetrico d’acqua nel substrato, tali da inibire l’irrigazione programmata al raggiungimento di valori massimi di contenuto idrico.
- Dispositivi di irrigazione programmata dotati di sensore pioggia.
Altra direzione progettuale che sta portando importanti frutti a livello di tessuto sociale è la creazione sulla copertura di spazi verdi comuni o piccoli appezzamenti privati adibiti ad orto. Infine va tenuta in considerazione l’importanza che il verde pensile può rivestire nel prolungare la vita dell’impermeabilizzazione.
7.4. Piazze, aree verdi pubbliche e garage interrati
Queste coperture sono di solito accomunate da alcune importanti caratteristiche: si tratta di edifici non climatizzati, le superfici in gioco sono spesso molto ampie e la corretta gestione delle acque piovane assume un’importanza prioritaria. La criticità nella gestione dei deflussi è ulteriormente accentuata dalla complessità delle finiture superficiali infatti è piuttosto comune la presenza affiancata di aree verdi con vegetazione arborea, aree carrabili, pedonali, fontane e altri arredi pesanti.
Tutto ciò obbliga il progettista a effettuare tutte le verifiche di tipo idraulico, in modo da scegliere i sistemi sulla base del loro coefficiente di deflusso per dimensionare correttamente il numero e la dimensione degli scarichi e la portata del sistema drenante. Raccomandabile anche l’adozione di sistemi atti a semplificare il drenaggio e la riduzione dei dettagli dell’impermeabilizzazione. Trattandosi di superfici ad uso pubblico è raccomandabile prevedere la raccolta ed il riutilizzo dell’acqua piovana di deflusso da utilizzare per l’irrigazione. La funzione termica del verde pensile in questa circostanza va circoscritta ai benefici che può offrire nel moderare l’effetto di isola di calore. Per raggiungere questo obiettivo è importante utilizzare vegetazione ad elevata traspirazione e prevedere per l’appunto anche alberature.
Un buon compromesso tra costi e benefici è dato dal posizionamento localizzato di alberature di terza grandezza, realizzabili con 50 cm di substrato a compattazione avvenuta e sufficienti per offrire adeguato ombreggiamento. Tuttavia è doveroso segnalare la pratica assolutamente obsoleta di prevedere spessori uniformi di substrato di 50 cm o superiori. Tale strategia risulta anti-economica e totalmente contraria ai principi di sostenibilità ambientale. Spessori superiori ai 20 – 30 cm, solitamente non apportano ulteriori miglioramenti significativi delle prestazioni tecniche. Il progettista dovrà pertanto prevedere sempre lo spessore minimo possibile in funzione delle prestazioni tecniche attese e dei requisiti dettati dalle condizioni ambientali, come definito nella norma UNI 11235 e nelle presenti linee guida.
Spessori superiori di substrato andranno previsti solo ed unicamente nelle aree e negli spessori strettamente necessari allo sviluppo di particolari specie arbustive o arboree, ricorrendo alla stesura del substrato in spessori variabili. Per quanto riguarda i dettagli esecutivi e l’ottimizzazione delle lavorazioni valgono tutte le considerazioni espresse per le terrazze private. In aggiunta si sottolinea l’opportunità di ricorrere a soluzioni carrabili, qualora presenti, anch’esse drenanti. L’elevata fruibilità rende sconveniente un impegno progettuale a favore del valore ecologico della copertura. La scelta delle piante può essere operata piuttosto in funzione di altre caratteristiche, come la percezione visiva e olfattiva, tenendo conto della storia e cultura locali o dando luogo a giardini per anziani, terapeutici, didattici ecc.
7.5. Capannoni industriali
Gli elementi caratterizzanti questo tipo di coperture sono: grandi superfici ed elevate lunghezze di drenaggio (solitamente gli scarichi vengono portati in facciata). Le funzioni tecniche richieste sono solitamente: aumento di durata dell’impermeabilizzazione, riduzione del numero degli scarichi, raffrescamento passivo. Spesso però sui capannoni industriali il verde pensile viene realizzato a seguito di prescrizioni o in base a regolamenti urbanistici, poiché il pianificatore deve tener conto del forte impatto ambientale indotto dalle zone di espansione, soprattutto riguardo alla sigillazione dei suoli, l’isola di calore, gli effetti sull’ecosistema e sul paesaggio. In questo caso al progettista vengono richieste soluzioni economiche, di bassa manutenzione, basso fabbisogno idrico, buon coefficiente di deflusso ed un sostegno alla conservazione delle aree naturali.
Anche nel caso di coperture non soggette a climatizzazione, il carico termico estivo può essere tale da creare forti condizioni di discomfort per i lavoratori, in buona parte a causa dell’elevato rapporto di forma, con condizioni microclimatiche che risentono in particolare del comportamento termico della copertura, che in questo caso è una delle superfici maggiori e la più esposta. Per questo, in presenza di coperture tradizionali in metallo o elementi prefabbricati, la temperatura superficiale interna risulta frequentemente maggiore della temperatura del pavimento di più di 7°C causando un fenomeno di discomfort da asimmetria radiante (EN ISO 7730), indipendentemente dalla temperatura dell’aria. In questi casi gli impianti di ventilazione o di climatizzazione ad aria risultano poco utili.
Grandi miglioramenti possono essere ottenuti con spessori di substrato relativamente contenuti. Solitamente queste coperture non sono fruibili e acquista importanza il ruolo del verde ai fini dell’inserimento paesaggistico e come strumento per aumentare il valore ecologico. Si raccomandano soluzioni a prato arido autoctone, che richiedono bassissima manutenzione e basse esigenze idriche. Ove il carico residuo lo permetta si invita il progettista a seguire, anche se parzialmente, le indicazioni contenute nel capitolo 6.5
Il progettista dovrà prevedere dispositivi di ancoraggio anticaduta per i manutentori. Su coperture piane, favorire soluzioni di ancoraggio per zavorra, che preservano l’integrità dell’impermeabilizzazione.
7.6. Cantine vitivinicole
La progettazione di cantine vitivinicole richiede misure assolutamente peculiari per garantire grande inerzia termica, oltre che umidità e ventilazione adeguate. Il verde pensile in questo settore può offrire prestazioni eccellenti in virtù delle sue caratteristiche inerziali uniche.
Dal punto di vista termodinamico si raccomanda di utilizzare soluzioni tali da portare lo sfasamento attraverso l’intera copertura a valori superiori alle 12 ore, riducendo il più possibile le oscillazioni della temperatura superficiale interna della copertura. Vanno adottati preferibilmente dispositivi di irrigazione basati sul rilevamento del potenziale idrico, in grado di indurre il sistema a mantenere bassi contenuti idrici ed aumentando così l’effetto di isolamento diffuso, favorevole al miglioramento delle prestazioni termodinamiche. Il verde pensile va progettato in modo da contribuire all’inserimento paesaggistico, tentando di riprodurre nel modo più aderente possibile associazioni vegetali autoctone, con particolare attenzione alle serie dinamiche caratteristiche. Si consiglia di fare riferimento alle indicazioni contenute nel capitolo 6.5.
7.7. Scuole ed edifici pubblici
Il verde pensile su edifici pubblici deve risultare coerente con una strategia generale di sostenibilità e salvaguardia del patrimonio ambientale e delle risorse naturali. È dovere del progettista seguire le indicazioni contenute nel capitolo 6.5 nel modo più aderente possibile. Ove non vi sia una marcata esigenza di inserimento paesaggistico (per mancanza di visibilità della copertura o perché la copertura si trova in un tessuto urbanizzato) è lecito ed auspicabile ampliare la scelta di associazioni vegetali per creare opportunità di conservazione o diffusione di nicchie ecologiche presenti sul territorio regionale, favorendo anche la naturale connotazione microclimatica presente in copertura.
È raccomandato prevedere serbatoi per il recupero delle acque di deflusso per l’irrigazione di soccorso. Dal punto di vista termodinamico, questi edifici sono caratterizzati solitamente da importanti carichi termici interni, dovuti all’affollamento (con particolare riferimento alle scuole) e spesso alle grandi vetrate, utili alla corretta illuminazione degli ambienti di lavoro, ma responsabili di un importante ingresso di calore solare per radiazione. Si raccomanda di non superare i valori di coibentazione previsti dalla normativa in vigore tenendo conto, dove possibile, anche della resistenza termica offerta dal sistema a verde pensile. Inoltre vanno preferibilmente sfruttati sistemi con elevate prestazioni inerziali, più che resistive. Nel caso di scuole è auspicabile predisporre la copertura per essere utilizzata anche a fini didattici.
8. GLOSSARIO
Acqua libera: Parte di acqua contenuta nel sistema a verde pensile il cui potenziale idrico è assimilabile a 0 MPa e non diminuisce al diminuire del contenuto idrico stesso. Tipicamente l’acqua contenuta nelle vaschette dei pannelli di accumulo o in altri materiali che la trattengono per “resistenza” è da considerarsi acqua libera.
Acqua disponibile: Non tutta l’acqua contenuta in un substrato o in un sistema a verde pensile può essere utilizzata dalle piante. La quantità di acqua disponibile (riferita al volume di substrato oppure, per le coperture a verde, riferita all’unità di superficie) è definita dalla differenza tra il volume d’acqua a capacità di campo ed il volume d’acqua al punto di appassimento permanente fissato convenzionalmente per un potenziale idrico pari a -1,5 MPa. L’acqua disponibile è un parametro caratteristico per ogni sistema a verde pensile, dipendendo dalle caratteristiche del substrato e degli altri elementi tecnici.
Adattamento fisiologico: capacità degli organismi vegetali di modificare la propria fisiologia per aumentare la possibilità di sopravvivenza e riproduzione in seguito a perturbazioni ambientali stressanti. Le risposte fisiologiche possono richiedere tempi relativamente brevi – minuti o ore – come per la chiusura stomatica, stagionali come per le leggere modifiche del potenziale osmotico e del punto di appassimento permanente o della creazione di vasi di trasporto dell’acqua più resistenti all’aridità, generazionali e addirittura evolutive per le modifiche genetiche. Nel caso del verde pensile, in cui le piante sono sottoposte ad un ambiente particolarmente difficile, si consiglia l’utilizzo di piante più giovani possibile o ottenute da semina in modo da favorire il più possibile il verificarsi di adattamenti fisiologici.
Associazione vegetale: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Camefite: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Capacità di campo: termine adottato in agronomia per definire la quantità massima d’acqua trattenuta da un substrato, al netto quindi dell’acqua che viene perduta per gravità. A capacità di campo, l’acqua contenuta nel substrato ha un potenziale idrico molto vicino a 0 MPa.
Cenosi: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Climodiagramma: vedere diagramma ombrotermico
Coefficiente di deflusso: rapporto tra acqua defluita da un sistema e acqua di pioggia precipitata sullo stesso sistema. La definizione del coefficiente di deflusso viene effettuata sperimentalmente rispettando una serie di regole convenzionalmente stabilite. Il coefficiente serve indicativamente a descrivere come si comporta un sistema a verde pensile dal punto di vista idraulico, in condizioni critiche. In particolare permette di esemplificare la sua capacità di smorzare i picchi elevatissimi di deflusso che caratterizzerebbero una analoga superficie impermeabile.
Conducibilità termica: è il rapporto, in condizioni stazionarie, fra il flusso di calore e il gradiente di temperatura che provoca il passaggio del calore. In altri termini, la conducibilità termica è una misura dell’attitudine di una sostanza a trasmettere il calore Corridoio ecologico: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Cotico: porzione superiore di un terreno naturale contenente gli orizzonti superiori organici del suolo originario, gli apparati radicali e la parte epigea delle piante. Nel caso di un intervento edilizio su un’area naturale con vegetazione di pregio è possibile valutare l’opportunità di preservare parte del cotico che andrebbe distrutto per tentare di recuperare quell’ambiente su una porzione della copertura.
Deflusso: acqua totale che fuoriesce da un sistema a verde pensile o da altra superficie edificata in conseguenza a eventi meteorici. Nel deflusso rientrano sia le acque di scorrimento superficiale che le acque infiltrate nei materiali permeabili e drenate al di sotto di questi.
Diagramma ombrotermico: diagramma che descrive i principali fattori ambientali (precipitazione e temperatura) in una data stazione geografica nel corso dell’anno. Esistono inoltre diversi modelli che mettono in relazione le temperature medie mensili in una data stazione con l’evapotraspirazione potenziale, cioè con il fabbisogno teorico di acqua da parte della vegetazione. Grazie a questi modelli i grafici ombrotermici, opportunamente costruiti, possono fornire informazioni sul bilancio idrico stagionale di particolari ambienti, evidenziando la presenza di eventuali mesi aridi.
Dicotiledoni: Piante caratterizzate da una morfologia del fusto, della foglia e degli stomi molto particolare. Dicotiledoni sono tipicamente le piante erbacee “da fiore” e le piante legnose.
Ecomosaico: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Ecosistema: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Emicriptofite: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Estensivo (verde pensile – ): sistema in cui le specie vegetali utilizzate sono in grado di adattarsi e svilupparsi nell condizioni ambientali a cui sono sottoposte, richiedendo minimi interventi di manutenzione.
Fiorume: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Intensivo (verde pensile – ): sistema in cui le specie vegetali utilizzate sono in grado di adattarsi e svilupparsi richiedendo una manutenzione di intensità media ed alta.
Nutrizione minerale: approvigionamento da parte della pianta di ioni e molecole inorganiche, prelevate direttamente dal terreno o dal substrato, principalmente in soluzione attraverso l’assorbimento dell’acqua contenuta nel substrato.
Piante autoctone: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Piante selvatiche: piante autoctone prelevate da popolazioni spontanee non coltivate.
Portata d’acqua: quantità di fluido che attraversa una sezione di area A nell’unità di tempo.
Potenziale idrico: misura dell’energia libera riferita ad un’unità di volume d’acqua. Il potenziale idrico è influenzato dalle interazioni tra le molecole d’acqua, tra le molecole d’acqua e superfici cariche, tra le molecole d’acqua e soluti disciolti. L’acqua tende spontaneamente a migrare da punti nello spazio in cui il suo potenziale è maggiore verso punti in cui il potenziale è minore, oppure tende spontaneamente a trasformare il proprio stato fisico per ridurre il proprio potenziale. Il potenziale idrico è un parametro fisiologico fondamentale per comprendere i meccanismi di utilizzo dell’acqua da parte delle piante.
Punto di appassimento permanente: in un substrato indica uno stato di ridotto contenuto idrico tale da non permettere più l’idratazione degli apparati radicali. Il punto di appassimento permanente si verifica per un contenuto idrico che varia sia in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche del substrato, sia in funzione delle specie vegetali presenti. Convenzionalmente viene fissato ad un potenziale idrico di -1,5 MPa.
Resistenza termica: termine utilizzato per indicare la difficoltà del calore nell’attraversare un corpo specifico. È dato dal rapporto tra la differenza di temperatura tra due facce dello stesso corposi superficie unitaria ed il flusso termico generato che attraversa tale corpo.
Resistenza allo stress: in fisiologia vegetale la resistenza di una pianta agli stress indica la capacità di mantenere la sua integrità di fronte a perturbazioni ambientali che la portano a vivere al di fuori delle sue condizioni di funzionamento ottimale.
Resilienza: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Riviste “peer reviewed”: nell’ambito della ricerca scientifica la revisione dei pari, meglio nota con il termine inglese di “peer review”, indica la procedura di selezione degli articoli proposti da membri della comunità scientifica, effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore. Gli editori usano dunque la tecnica di valutazione tra pari per selezionare le proposte ricevute. Questo processo costringe gli autori ad adeguarsi ai migliori standard di qualità della loro disciplina. Pubblicazioni che non siano state soggette ad una revisione dei pari non sono generalmente considerate scientificamente valide dai ricercatori e dai professionisti del settore.
Sedum: genere di piante della famiglia delle crassulace di cui fanno parte diverse specie autoctone italiane. Sono piante solitamente molto resistenti all’aridità ma poco concorrenziali cioè a crescita lenta, scarsamente coprenti e che vengono facilmente sopraffatte da altre piante. Il loro utilizzo in clima mediterraneo richiede una manutenzione non trascurabile e dà luogo a cenosi di scarso interesse naturalistico e paesaggistico, che difficilmente trova corrispondenza in associazioni vegetali interessanti.
Serie dinamica della vegetazione: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Sfasamento: Si riferisce al ritardo con cui l’oscillazione termica su un lato di un componente edilizio si manifesta sull’altro lato del componente. Un elevato sfasamento temporale risulta utile nelle condizioni dinamiche tipiche del periodo estivo poiché può ritardare l’ingresso del calore attraverso le pareti ad un’ora in cui la temperatura esterna si è abbassata, quando è teoricamente possibile raffrescare gli ambienti interni per semplice ventilazione.
Sistema (verde pensile): ciò che è costituito da più elementi interdipendenti, uniti tra loro in modo organico. Questo concetto risulta di prioritaria importanza nel momento di progettare o realizzare una copertura a verde pensile in quanto tutti gli elementi previsti dalla norma UNI 11235:2007 devono essere in grado di funzionare in modo organico per offrire un ambiente di vita alle piante e delle prestazioni tecniche adeguate e stabili nel tempo.
Substrato tecnogenico (sin. Suolo tecnogenico): materiale fondamentale dei sistemi a verde pensile responsabile di creare un ambiente adatto allo sviluppo degli apparati radicali delle piante offrendo a queste ancoraggio, ossigenazione, idratazione e nutrizione minerale. I substrati tecnogenici a differenza di un suolo naturale sono costruiti artificialmente partendo da materie prime naturali in parte minerali (principalmente di origine vulcanica come lapillo, pomice e minerali argillosi), in parte organici (torba). In accompagnamento alle materie prime naturali possono venir utilizzati altri ammendanti naturali trasformati artificialmente (minerali cotti, espansi o vetrificati e materiale organico di varia natura compostato) o prodotti chimici (concimi e materiali plastici). La norma UNI 11235:2007 definisce le caratteristiche chimico–fisiche e granulometriche necessarie per rendere questi substrati adatti all’utilizzo sulle coperture a verde pensile.
Suffrutici: piante perenni con rami erbacei fino alla base che invece è legnosa e aventi un’altezza massima di mezzo metro a maturità. Spesso usato come sinonimo di forma biologica camefita.
Suolo: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio.
Vasche di laminazione: Serbatoi di accumulo dell’acqua piovana strutturati per ridurre la quantità di acqua defluita da superfici urbane con l’obiettivo di non sovraccaricare i sistemi di smaltimento e i corpi fluviali superficiali, contribuendo al ripristino di un ciclo dell’acqua più naturale e ad evitare esondazioni o fuoriuscite di acque inquinate dagli impianti di trattamento.
Vegetazione potenziale: si rimanda al Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio
Vegetazione steppica: vegetazione erbacea tipica di aree del globo prive di una vera e propria stagione favorevole, in quanto caratterizzata da aridità nella stagione più calda e da temperature eccessivamente rigide nella stagione umida. In Italia settentrionale, le piante che vivono su sistemi a verde pensile con ridotto spessore di substrato si incontrano sovente in condizioni paragonabili all’ambiente steppico
Volano idrico: capacità di accumulare sufficiente quantità d’acqua per mantenere un’idratazione adeguata a superare la maggior parte dei periodi secchi.
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