La Villa medicea Reale di Castello entrò a far parte dei beni di proprietà della famiglia Medici nel 1477, quando Giovanni e Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, cugini di Lorenzo il Magnifico, la acquistarono dai Della Stufa. Fu in questa Villa che Marsilio Ficino educò il giovane Lorenzo di Pierfrancesco alla visione del mondo umanistica, e fu per questa Villa che Botticelli dipinse La Nascita di Venere e La Primavera, più tardi trasferiti agli Uffizi.
Come la maggior parte delle ville della campagna fiorentina, anche la Villa di Castello esibisce una stratificazione secolare, esito di una serie di interventi di rinnovo e di addizione che si sono succeduti a partire dal nucleo più antico, costituito da una torre difensiva del XII secolo. Situata lungo la direttrice di un antico acquedotto romano che riforniva la città di Firenze dell’acqua della Val di Marina, nel XIV secolo la Villa era detta “Il Vivaio” per le grandi vasche collocate nella zona dell’attuale piazzale d’ingresso.
Interventi della Famiglia dei Medici di Firenze
I riammodernamenti e gli ampliamenti promossi dai Medici a far data dal 1477 tesero ad inglobare nella Villa le dipendenze presenti ad ovest dell’antico palazzo medioevale (parte destra per chi guarda la facciata principale). Questa circostanza spiega il disassamento del Giardino e della Villa, che si sviluppano secondo due diversi assi di simmetria.
Nel Cinquecento, sotto l’autorità di Cosimo I, furono intrapresi degli imponenti lavori di trasformazione che trovarono compimento sotto il regno di Ferdinando I, agli inizi del seicento. A seguito di tali interventi l’antico palagio quattrocentesco fu più che raddoppiato, giungendo a una configurazione planimetrica non troppo dissimile dall’attuale.
Numerosi sono gli architetti e gli artisti che lavorarono in Villa in questo periodo, ma coloro i quali lasciarono una traccia più profonda del loro operare furono senza dubbio Niccolò Pericoli detto il Tribolo, Giorgio Vasari e Bernardo Buontalenti. Fornire un aspetto unitario al rinnovato complesso e fondere i diversi ampliamenti in un disegno coerente fu certamente impresa non agevole, soprattutto perché gli interventi dovevano fare i conti con i numerosi vincoli imposti dalle preesistenze e dal contesto.
Intervento degli architetti
I disegni che ci sono pervenuti mostrano gli architetti mettere in atto tutti gli espedienti progettuali di cui erano capaci al fine di dissimulare asimmetrie e disallineamenti. La percezione dell’ordine, della simmetria e della regolarità come valori architettonici non superabili è così tanto profonda che alcune vedute della Villa (per esempio quelle di Utens e Zocchi, pure composte a distanza di 150 anni l’una dall’altra) si pongono il compito di regolarizzarne l’assetto, in questo modo subordinando la realtà all’idealità.
All’alba del XVII secolo il possedimento di Castello era compiutamente divenuto un nodo dell’articolato sistema di organizzazione del territorio che permetteva ai Medici di controllare gli elementi naturali, orientare la vita economica, governare lo Stato.
Patrimonio acquisito dallo Stato taliano nel 1919
Dopo alterne vicende, il complesso fu acquisito nel 1919 al patrimonio della Stato italiano. Al giorno d’oggi la Villa ospita la sede della prestigiosa Accademia della Crusca. Numerosi sono al suo interno gli ambienti di pregio, e tra questi la Sala della Pale, dove sono esposti gli stemmi personali dei membri cinque- settecenteschi dell’Accademia.
Il Giardino della Villa di Castello può a pieno titolo definirsi prototipo del giardino all’italiana cinquecentesco. Venne realizzato come parte significativa di un complessivo programma di rinnovamento e abbellimento della Villa di Castello, ereditata dalla madre Maria Salviati, nipote di Lorenzo il Magnifico.
Il progetto generale venne affidato a Niccolò Pericoli detto il Tribolo, responsabile anche della realizzazione dell’imponente impianto idraulico, che conducendo l’acqua dalla sovrastante sorgente della Castellina avrebbe alimentato le numerose fontane.
Quanto all’ideatore del complesso programma iconografico del giardino, che doveva esaltare il ruolo pacificatore ed il dominio illuminato sulla Toscana del nuovo governo mediceo, gli studiosi propendono ora per Benedetto Varchi ora per Luca Martini o Niccolò Martelli. Punti salienti del ricco e articolato progetto decorativo elaborato dal Tribolo, insieme a Pierino da Vinci e altri artisti sono – lungo l’asse centrale del giardino all’italiana retrostante la villa – la fontana di Ercole e Anteo, (opera, ora in copia, realizzata dal Tribolo e Pierino da Vinci e coronata dal gruppo bronzeo di Bartolomeo Ammannati, che si può ammirare in originale in una sala della vicina Villa della Petraia, dove è conservata anche la Venere/Fiorenza del Giambologna, che un tempo era posta a completamento della cosiddetta Fontana del Labirinto proveniente sempre da Castello, ma trasferita a Petraia al tempo dei Lorena e la straordinaria Grotta degli Animali o del Diluvio.
Fra le più celebri in Europa, la grotta, ideata dal Tribolo stesso e animata in origine da spettacolari giochi d’acqua, nella perfetta simulazione di una grotta naturale in cui sono assemblati gruppi scultorei di animali in marmi policromi, gioca un ruolo simbolico centrale nella complessa allegoria realizzata in questo giardino per Cosimo e i suoi successori.
Nel “selvatico” di lecci, querce e cipressi che si sviluppa nella zona superiore – trasformato in parco all’inglese nella prima metà dell’Ottocento – si distingue la grande vasca-cisterna realizzata da Vasari e decorata dall’Appennino o Gennaio, scultura bronzea dell’Ammannati.
Il giardino vanta una eccezionale collezione di agrumi, costituita da circa cinquecento piante di importanza storico-botanica unica al mondo discendenti dalle antiche varietà medicee con esemplari di oltre trecento anni di vita. Le piante sono rigorosamente curate secondo le antiche tecniche di coltivazione, esposte all’aperto da aprile a ottobre e ricoverate nel periodo invernale nelle storiche limonaie. Anche il giardino delle erbe officinali è un vero gioiello con la Stufa dei mugherini, che custodisce il raro gelsomino indiano di Goa detto “mugherino”, che dà il nome alla serra del cosiddetto “ortaccio” o Giardino segreto.
L’Accademia della Crusca
Passata dopo i Medici alla proprietà dei Lorena, che modificarono notevolmente il giardino e dotarono di ornati pittorici vari ambienti dell’interno, la villa pervenne quindi ai Savoia che la donarono a loro volta allo Stato, nel 1919.
Oggi la villa è sede dell’Accademia della Crusca e dell’Opera del Vocabolario Italiano. I suoi ambienti interni sono per questo visitabili solo su prenotazione in occasioni speciali, mentre il giardino è visitabile liberamente.