Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Veneto
Zucca santa bellunese, zuca santa.
Nel bellunese, la zucca santa è la più classica e conosciuta tra le zucche. Ancora oggi nonostante le nuove cultivar, è la preferita grazie alle impareggiabili caratteristiche organolettiche. La “zucca santa bellunese”, famiglia Cucurbitaceae, genere Cucurbita, specie C. maxima Duchesne, è la classica zucca definita “da inverno”. Pianta annuale, a fusto strisciante, ricco in nodi dove sono inserite foglie, frutti e cirri; raggiunge lunghezze di 4-5 m. Le foglie tondeggianti presentano lunghi piccioli; i fiori di colore giallo sono commestibili.
È una pianta vigorosa purché siano rispettate le sue grandi esigenze in fertilità. La raccolta si effettua in autunno, a maturazione completa. Il frutto è caratterizzato da una forma voluminosa e appiattita all’apice, del peso di circa 3 kg. La buccia dura, è di colore verde ma talvolta sono presenti sfumature rosee e ampie zone gialle, costoluta, bitorzoluta, è solcata da striature longitudinali. La polpa di colore giallo-arancio intenso, all’interno della quale vi sono numerosi semi bianchi, è di sapore fine e dolce.
La zucca santa veniva tradizionalmente coltivata sui bordi dei campi. Solo dal dopoguerra iniziarono, in Val Belluna, coltivazioni specializzate con semina a file. Le tradizionali tecniche agronomiche prevedono abbondanti fertilizzazioni organiche a base di letame e, in genere, la semina diretta in pieno campo nel mese di maggio. Negli orti familiari si offrono appositi sostegni ove la pianta, con i cirri, si arrampica e grazie ai quali vengono sorretti i frutti.
A esclusione delle coltivazioni specializzate di zucca santa, non sono molto frequenti le tecniche di cimatura e diradamento dei frutti. La raccolta si esegue tra settembre ed ottobre, quando i frutti sono completamente maturi, le foglie sono secche ed è evidente il pieno disseccamento del peduncolo del frutto. Le zucche sante vengono pulite da terra e residui di vegetazione e poste ad asciugare in luoghi freschi ed areati. La loro conservazione, in condizioni normali senza forzature, può prolungarsi indicativamente fino alla metà di gennaio; importanza rilevante riveste la temperatura che non dovrà scendere al di sotto dei 5 °C, oltre la quale la polpa subisce gravi e compromettenti cambiamenti.
La “zucca santa bellunese” si mangia in insalata o in tegame, cotta al forno o lessa; viene usate in frittura e in minestra. Diventa presenza raffinata se impiegata nella preparazione di delicati gnocchi e nella pasticceria casalinga anche con l’utilizzo dei suoi fiori che si prestavano benissimo a farne frittelle.
Tradizionalità
La coltivazione delle zucche nella Val Belluna ha caratterizzato, almeno negli ultimi due secoli, l’economia domestica delle famiglie contadine. Stimolo alla coltura della zucca era l’allevamento del maiale, per il quale le cucurbitacee costituivano un alimento eccellente. Infatti la sua coltivazione si diffuse nel corso del XIX secolo proprio a seguito di un incremento dell’allevamento del maiale, reso possibile dall’introduzione e diffusione della patata all’inizio del secolo. Nell’alimentazione umana aveva dunque un ruolo abbastanza secondario.
Era comunque abitudine coltivarla in consociazione con il granoturco, seminata all’interno del campo oppure, un po’ più razionalmente, veniva coltivata ai bordi del campo. Se l’alimentazione animale era il destino prevalente, la zucca trovò impiego anche nell’alimentazione umana e in forma minore per ricavarvi qualche oggetto, ciotole e soprattutto borracce. A conferma della forte tradizione e interesse per la “zucca santa” in taluni comuni bellunesi e, nello specifico, nella frazione di Caorera del comune di Vas, sono organizzate feste paesane dedicate alla cucurbitacea.
Territorio di produzione: Val Belluna, in particolare i Comuni lungo l’asta del fiume Piave, in provincia di Belluno
Latterini marinati del delta del Po PAT Veneto
Morete o barbusti della Val Leogra PAT Veneto
La produzione di “luganeghe” in Veneto, a seconda delle zone, ha varianti nella modalità di preparazione e negli ingredienti usati. Nella Val Leogra, oltre alle luganeghe tradizionali, si confezionano anche le “morete” che prendono il nome dalla tipica colorazione rosso scuro, dovuta alle parti del maiale utilizzate per la loro preparazione.